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Intervista a Giuseppe Uncini (rispondi alle domande)

Comprensione scritta B1-B2

IL PASSAGGIO DALLA PITTURA ALLA SCULTURA

In base al testo dell’intervista trascritto, scegliere la risposta giusta.

Intervistatore: [00:07:29] Stai a sentire Peppe, tu adesso, se vogliamo un momentino focalizzare il discorso - adesso abbiamo parlato della scultura - parliamo della tua scultura. Come nasce e come si sviluppa? E io accentrerei - proprio appunto tenuto conto che il discorso lo facciamo oggi - non tanto su quella che può essere stata… l'uscita pubblica, le cose pubbliche. Cioè il discorso dei cementi per intenderci, no? Ma a me interessa il passaggio che tu hai fatto da queste strutture costruttive - in cui c'era tanta costruttività - al discorso in cui il problema dello spazio si è fatto più acuto in te, anche perché questo si riallaccia col discorso che stavi facendo. Cioè, quando tu cominci a parlare di ombre, di spazi, ecco, a me interessa di capire bene che cosa stai… che cavolo stai cercando?

Giuseppe Uncini: [00:08:35] Lo vuoi proprio sapere?

Intervistatore: [00:08:35] Eh, certo.

Giuseppe Uncini: [00:08:37] Se potessi spiegartelo forse non lo cercherei più, voglio dire… Beh questa pure è un'altra battutina così... Ma, cioè, forse per tentare di spiegare che cosa sto cercando, il perché anzi di certe… di certi tipi di ricerca - perché uno può cercare anche altre cose più tradizionali - all'interno della disciplina della scultura. Perché io fin da ragazzo… io, da ragazzo, pensavo sempre di voler fare il pittore. Io vengo dalla… dalla pittura, ho sempre dipinto, disegnato, eccetera; raramente pensavo e manipolavo scultura, insomma. Intorno al 1958-60, dipingendo, ho cominciato a fare una scultura, se scultura si poteva chiamare allora e a tutt'oggi, perché, anche in questo senso, credo di essere uno scultore piuttosto così… piuttosto sulla tangente insomma e, dirò, questo mi piace molto. Dunque, e… comincio dentro i quadri a mettere sempre più materia, fin quando questa materia rassomigliava molto a un muro. Il quadro era talmente appesantito - e talmente… e talmente anche significante di questo peso materico - che alla fine ho pensato: “Ma perché devo fingere la tela o una superficie? La faccio, autoportante e… e forse trovo la strada più… più vera, più sincera”. E così accadde, cioè a dire… i miei primi Cementarmati non erano tanto per esprimere chissà quali immagini o contenuti, era proprio per fare un oggetto - ecco questo è il punto - oggetto autoportante e quindi auto-significante. Cioè, scaricarlo da tutte le immagini che sopra una tela… avvicinandosi uno quasi automaticamente è costretto a pensare, no? E invece io ho cominciato a pensare alla struttura di questo supporto: la struttura di questo supporto è, era - o è credo - autosufficiente nella sua significazione. Cioè, quello che significa è proprio quell’operazione lì. Se poi questa operazione qui significa veramente - da un punto di vista civile, sociale, artistico - altre cose, beh, io lo spero molto. Però per me… mi era sufficiente esprimere questo aspetto.

Domanda a scelta singola

Da ragazzo a Giuseppe Uncini piaceva: