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Intervista a Elio Filippo Accrocca (rispondi alle domande)

Comprensione scritta B1-B2

LA NUOVA REALTÀ LETTERARIA E UNA POESIA DA "PORTONACCIO"

Leggi il testo della trascrizione del frammento dell'intervista e indica se l'affermazione è vera o falsa.

Elio Filippo Accrocca: [00:12:46] Perché ho raccontato, ho detto tutto questo? Per dire - e per me è importante, per me, cioè per quelli della mia generazione - è importante sottolineare come avvenne il passaggio diciamo… non la rinuncia ad una poetica precedente, cioè a quella ermetica, ma il passaggio ad una realtà nuova, anche letteraria. Quindi potrei adesso documentare un po' tutto questo che ho detto attraverso qualche pagina, qualche poesia, che vado a rintracciare nel volume Ritorno a Portonaccio, che uscì appunto presso Lo Specchio di Mondadori nel '59. In questo volume… leggo una… una definizione:

La poesia è nel cuore dell'uomo come la verità è dentro le cose, la poesia disgiunta dalla verità è finzione_.
Questa è una mia dichiarazione, che diciamo va in parallelo con quanto ho detto prima. Tra queste poesie vorrei leggere, ecco, qualcuna di un… di un… di un gruppo di pagine, dedicate proprio a Giuseppe Ungaretti e sono tratte da _Portonaccio_, che comprendeva testi del… dal '44 al '46.
_Portonaccio intanto è un ponte sulla ferrovia
è un quartiere di povera gente.
Gli uomini da vivi lo ignorano, da morti lo abitano.

Anche questa è una definizione di una zona di Roma, che ora naturalmente è cambiata. Ma in quegli anni e in questa poesia, che poi ho dedicato a Renzo Vespignani, un pittore…

E' questo il ponte che conduce all'isola
dei prati dove muore la città
d'uomini vivi, dove vive il campo
santo dei morti tra convogli radi
al fischio delle fabbriche.

A notte ì morti crescono coi tufi
che ardono alla luna.

E' questo il ponte che conduce all'isola
dei morti dove vive la pietà
degli uomini che vegliano nel grigio
di queste loro case in miniatura
sepolte dentro gli orti.

A notte i treni passano sui morti
che ridono alla luna.

Domanda Vero/Falso

Elio Filippo Accrocca, nella sua poesia Portonaccio, definisce questo quartiere come un luogo più per morti che per vivi.