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Lai, Maria - Roma - 1987

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Trascrizione

Francesco Vincitorio: 00:00:04 Oggi è il 27 novembre 1987 - c'è qui Maria Lai - è nata a Ulassai in Sardegna, nel '19, 1919. Nel '39 è venuta a Roma per studiare all'Accademia di Belle Arti, nel '42 si è trasferita all'Accademia di Belle Arti di Venezia - dove è stata allieva fra l'altro di Arturo Martini. Nel 1955 è ritornata definitivamente a Roma, dove tuttora vive e opera. Ecco Maria, cominciamo subito. In che cosa consiste questa tua operosità, sei una pittrice, una scultrice o che tipo di artista sei?

Maria Lai: 00:00:52 E' una risposta difficile, complicata soprattutto. Perché non sono catalogabile, ho fatto un po' di tutto. Ciò che faccio, coinvolge tanti materiali e tanti discorsi, perché poi dalla scultura sono passata al disegno e alla pittura, poi ho lavorato con i legni, con le stoffe, col pane, con la macchina da cucire, poi ho fatto esperienze col teatro - non di scenografia comunque - sempre di interpretazioni da proiettare - ho fatto interventi sul territorio, faccio libri di fiabe, è un po' complicato.

Francesco Vincitorio: 00:01:45 E adesso allora arriviamo al nocciolo.

Maria Lai: 00:01:47 E poi mi pare di non aver fatto nulla.

Francesco Vincitorio: 00:01:51 Ma perché, secondo te tanta varietà di media, tanta varietà di strumenti per esprimere il tuo mondo?

Maria Lai: 00:02:05 Anche questo - io non ho una risposta precisa. Direi che tutto mi va stretto, che ho sempre bisogno di novità, di essere appena nata. E incomincio sempre a innamorarmi di materiali. Ecco, mi interessano materiali diversi e su quelli invento. Ecco, non riesco mai a tornare su esperienze già fatte, se non in tempi più lontani ecco, non sono costante e poi poi non so dire altro, perché non le conosco poi le ragioni.

Francesco Vincitorio: 00:02:45 Dimmi una cosa - a parte questa tua incostanza, tra virgolette, che dice mi pare molto coerente, questa tua costanza coerente. Per dire che cosa?

Maria Lai: 00:03:03 Anche questo è difficile, perché io non sono mai in partenza cosa ho da dire, ci sono delle spinte e poi, poi cerco di leggerle. Io non so cosa dico, non so neanche se dico, so che dentro queste operazione ci cresco dentro io, sono più felice, ma non so altro.

Francesco Vincitorio: 00:03:28 Quando vediamo allora un esempio concreto - anche perché è qualche cosa che tu hai realizzato - ecco queste operazioni con il filo, cioè tu hai parlato di macchine da cucire, molte delle tue opere addirittura sono fili, libri fatti con dei fili, scritture fatte con dei fili. Perché, adesso a posteriori visto che tu hai lavorato...

Maria Lai: 00:03:50 Sì sì sì, qui forse una risposta ce l'ho - è una delle tante risposte forse - quando io ero bambina in un paese della Sardegna - non sapevo cosa volesse dire dipingere - non avevo mai visto né musei, né quadri, né artisti che dipingessero. Però una volta venne da noi un pittore delle pareti a farci degli zoccoli e io vidi questa operazione che mi impressionò molto. Prese un filo, lo sporco nella polvere di carbone, poi l'ha teso e tac, con un colpo è venuta fuori questa linea perfetta. Da allora, proprio da bambina mi pareva che la pittura si facesse col filo, senza filo non fosse possibile. Poi io vidi anche lavorare con il pennello, ma mi pareva che il filo fosse alla base. E poi questo filo mi è ritornato spesso, era un po' il mio portafortuna - quando ero bambina mi mettevo un filo in bocca se dovevo essere interrogata a scuola e non mi andava bene. E poi io vengo da un paese di telai, dove i fili facevano parte proprio del nostro quotidiano. Li vedevo filare - tutte le donne al mio paese filavano - il filo mi appartiene, quasi e fa parte della mia pelle.

Francesco Vincitorio: 00:05:30 Ecco qui vai a toccare un altro dato, le tue radici. In tutto il tuo lavoro è evidente, anche questi interventi sul territorio di cui tu parlavi. In fondo anche i disegni - degli anni '50, quindi infondo le tue origini d'artista - questa fortissima radice con il territorio, il luogo dove tu sei nata e cresciuta. Ecco, tu lo senti come un dato caratteristico, anche rispetto ad altre esperienze di altri artisti anche contemporanei.

Maria Lai: 00:06:08 Sì, credo di sì. Ho cercato di liberarmi da questa, questa pelle diciamo che tutti mi vedevano addosso, ma così come si riconosce sono sarda a guardarmi, un po' difficile liberarmene, in realtà viene sempre fuori. Anche perché ci sono state tante operazioni che tentavano di far poesia, nel mio paese, da centinaia di anni. Il primo materiale da modellare che mi è stato messo in mano era la pasta per fare il pane, alle donne del mio paese da centinaia di anni fanno dei pani stupendi che sono poi sculture. Loro gli elaborano liberamente i modelli tradizionali, io e mi inventato altri modelli, ma insomma poi vedevo nascere le immagini nei telai. Quindi c'è certamente una sedimentazione di cultura che è stata sconosciuta, ma non può non venir fuori.

Francesco Vincitorio: 00:07:27 Ecco, tu hai detto, ho cercato in fondo di liberarmi di questa pelle. Però, tutto questo storicamente è stato un momento: cioè, c'è stato sicuramente e forse anche con il tuo bisogno, bisogno di andare al di là dell'isola, di sciogliersi da questa tradizione isolana. E questo è stato un po’ un processo anche dell'arte nel dopoguerra.

Maria Lai: 00:07:53 Sì.

Francesco Vincitorio: 00:07:53 Cioè di guardare oltre confine, in fondo c'è stato un certo discorso di internazionalità...

Maria Lai: 00:07:59 Sì, sì.

Francesco Vincitorio: 00:07:59 Anche dell'arte. Però, da un po' di tempo anche in altri ambiti si avverte invece questo bisogno di ritornare più esattamente con una lettura più corretta delle proprie radici.

Maria Lai: 00:08:13 Sì, sì, ecco io questa lettura l'ho iniziata negli anni '60. Diciamo che fino agli anni '60 la Sardegna mi andava stretta e non ero molto felice, quando di me non si diceva altro che questo. Prima di tutto ero sarda, poi era donna e quindi tutto questo mi sembrava che mi limitasse. E poi dopo gli anni'60 ho capito che invece era la mia ricchezza, era il mio bagaglio, sia essere sarda che essere donna.

Francesco Vincitorio: 00:08:48 Hai toccato un tasso chiaramente delicato - anche perché tu sai che è uscito proprio in questi giorni un libro, "Dall'ago al pennello" appunto, che si riferisce a un'esperienza americana, una storia della pittura femminile americana. Io ti confesso che sentendo questa presentazione del libro e avendo visto questo libro e letto, mi sono prenotato un po' provocatoriamente per la prossima presentazione di un libro che sarà dal pennello all'ago. Ti assicuro non pensavo a te -c'era un tantino di reazione a questo spirito - forse perché oggi troppe donne dipingono, come anche troppi uomini per l'amor di Dio. E perché, secondo me questa distinzione uomo-donna un tantino mi sta stretta.

Maria Lai: 00:09:40 Sì.

Francesco Vincitorio: 00:09:40 No, tu adesso hai parlato, tu ti senti un'artista femminile, tu accetti questa condizione, in fondo tu sei stata una che ha percorso questo discorso dal pennello all'ago.

Maria Lai: 00:09:53 Sì. Se mi sento femminile? Assolutamente no. Come artista credo che nessuna senta né maschile o femminile, siamo uomo e donna nello stesso momento - io non avrei mai desiderato nascere uomo - ma quando io lavoravo per L'Obelisco, mi si consigliava di cambiare nome, mettere un nome maschile, perché sarebbe stato tutto più facile. E questo per me fu un dolore che non accettai subito. E queste donne al femminile mi disturbano e mi pare una limitazione.

Francesco Vincitorio: 00:10:35 E un'altra cosa, sempre in questo ambito, tu hai citato casi di donne che hanno assunto nomi maschili, in letteratura - Tommaso Bini recentemente - e quindi questa tua affermazione e questa tua identità. Questo voler affermare una tua identità e anche in questo in fondo sei una che va controcorrente, tu sei andata per tempo. E ritornando al tuo lavoro - anche qui, io avverto un po' un personaggio, una personalità che va sempre controcorrente. In fondo anche questi tuoi interventi sul territorio, come tu li hai chiamati - ecco, poi magari sottolineiamo un paio di esempi - ma perché questi territori, questi interventi sul territorio, citiamo per esempio quello che hanno fatto del nastro, proprio nel tuo paese, no?

Maria Lai: 00:11:34 Sì, sì.

Francesco Vincitorio: 00:11:35 Oppure quello che avevi in mente di fare a Camerino, no? Ecco, perché? Le ragioni che ti spingono a questo discorso d'intervento sul territorio...

Maria Lai: 00:11:46 La prima volta nacque come una scommessa praticamente - perché il mio paese voleva un monumento ai caduti. E io proposi di non farlo, perché era una sciocchezza. Allora allora mi dicevano "Vogliamo essere nella storia" e io senza sapere dove andavo a parare, dissi che per essere nella storia bisognava fare storia e cioè fare qualcosa che non fosse mai stata fatta da nessuna parte del mondo, e allora dissi, se volete possiamo farla. Allora richiamatemi. Quando mi chiamarono, dopo un anno e mezzo...

Francesco Vincitorio: 00:12:26 Quando è stato questo?

Maria Lai: 00:12:27 Nell'80.

Maria Lai: 00:12:29 Poi dopo un anno e mezzo, fui richiamata. E praticamente li avevo incuriositi, e io non sapevo che cosa avrei fatto, ho dovuto inventarmi lì qualche cosa che fosse nuova e che potessi fare con loro, perché io volevo coinvolgere nel discorso dell'arte per provocare dialoghi. E allora che è nata con i ricordi della mia infanzia e scoprendo che tutti, a tutti i bambini di diverse generazioni era stata raccontata la stessa fiaba - che è una leggenda del posto - allora io dissi questa è la cultura del paese, questa fiaba. La fiaba è la storia di una bambina - dove intanto il paese è minacciato da frane, ogni temporale lì sembra il diluvio universale e i sassi cadono sulle case - allora, questa bambina fu mandata su una montagna a portare da mangiare ai pastori - un po' come Cappuccetto Rosso - però sù...I pastori non c'è il lupo sulla montagna, non c'è il lupo, ma c'è il temporale e il temporale esplode. Si rifugiano tutti con pastori, greggi in una grotta e mentre guardano la pioggia, vedono passare portato dal vento un nastro celeste. La bambina scappa dietro il nastro e i pastori non si muovono, perché per loro non è niente di importante, oppure forse era un fulmine. E mentre la bambina corre dietro il nastro, frana la grotta e muoiono tutti i pastori. Questa è la storia come è stata raccontata. Poi ci sono tutte le varie interpretazioni che ha dato anche la religione questa storia. Allora io ho offerto una nuova interpretazione, il nastro è l'arte e il mio paese minacciato da frane è il mondo di oggi. Allora, proviamo a usare questo nastro, che non dà sicurezza ma che può essere una salvezza. Cioè praticamente senza saperlo, avevo fatto il discorso opposto che fa Elsa Morante quando parla della bomba atomica, e dice il contrario della bomba atomica è l'arte, io praticamente avevo anticipato questo discorso. Allora, legatevi tutti con un nastro celeste, tutte le case, poi portatelo sulla montagna. E questo naturalmente - ci sono state tante discussioni, questa non è l'arte arte, poi, poi c'erano tutti i rancori - e ci si poteva legare a questo ma non quello, perché c'era il malocchio, c'era il furto di una capra, tutti i pastori di capre fanno e poi... Poi finalmente lo fecero, diventando loro creativi, perché si inventarono un codice di lettura. Dove il nastro passava lento, c'erano i rancori, perduravano i rancori, dove c'era l'amicizia si faceva un nodo o un fiocco e dove c'era l'amore, proposte di matrimonio e innamoramenti - si appendeva uno dei pani delle feste. E così, fu fatta questa cosa, ma fu un miracolo. Non credo che sia irripetibile da nessun'altra parte.

Francesco Vincitorio: 00:16:02 Tu hai detto, questa è una forma d'arte che coinvolge la gente. Mi pare di capire in questo discorso anche una specie di giudizio sul tipo di arte che invece viene fatta, quel dipinto, che passa in una galleria, poi passano nel salotti buoni e poi passa in cantina. Siamo d'accordo che sia così?

Maria Lai: 00:16:25 Siamo d'accordo, certo. Io non riesco a crederci a tutti questi movimenti, mi sembra tutta un'operazione fallimentare, questa del mercato dell'arte. Perché anche se - ci sono gli acquisti in milioni e miliardi che si spendono per l'arte - ma io in fondo credo che non ci sia il coraggio di dire la verità, che c'è qualche di sospetto.

Francesco Vincitorio: 00:16:54 E cioè?

Maria Lai: 00:16:55 Non so bene cosa sia, ma io non ci credo.

Francesco Vincitorio: 00:16:59 A questo?

Maria Lai: 00:17:01 Sì.

Francesco Vincitorio: 00:17:01 In fondo, però dimostri di credere ancora a certe ragioni dell'arte o no?

Maria Lai: 00:17:07 Certo,sì sì, certo che ci credo. Ma vedi, io avevo lasciato Martini con la sicurezza - già c'era stata la guerra, poi Martini - con la sicurezza che l'arte assolutamente non servisse alla vita dell'uomo.

Francesco Vincitorio: 00:17:24 Lui come ti ricordi, feci il famoso testo..

Maria Lai: 00:17:28 Scultura lingua morta...

Francesco Vincitorio: 00:17:28 Scultura lingua morta.

Maria Lai: 00:17:29 Ma ci aveva convinto - noi quattro, perché eravamo in quattro suoi allievi - ci aveva convinto che non serviva fare arte, in effetti di quei quattro solo io ho continuato in questa strada. E io ho ripreso il discorso dell'arte, dopo la guerra - dopo qualche anno. Perché di tutto ciò che diceva Martini io non capivo niente, però immagazzinavo tutto. E ho incominciato a capire le sue parole circa dopo dieci anni dalla sua morte e ancora oggi ricordando certe cose dico, come aveva ragione. Già allora passava per matto, infatti morì una clinica psichiatrica. Ma in questa follia diceva delle verità straordinarie che io allora non capivo.

Francesco Vincitorio: 00:18:20 Mi pare che il succo sia un po' questo.

Maria Lai: 00:18:22 Sì, sì, sì, sì.

Francesco Vincitorio: 00:18:23 Questa mistificazione oggi nei riguardi dell'arte, l'arte come viene fatta.

Maria Lai: 00:18:28 Cioè, l'arte dovrebbe comunicare energia creativa. E questo, non mi pare che lo faccia nelle mostre - se non in casi rarissimi. Cioè, le altre sono frequentate proprio da chi non cerca energie creative, e chi invece la cerca non sa niente di arte, perché nessuno aiuta ad entrare nel discorso.

Francesco Vincitorio: 00:19:00 Posso, mi sta così frullando nella mente, la parola spiritualità. In fondo, con un'arte così tra virgolette materiale, come quella che tu hai fatto - impastare il pane, tessere di fili - poi c'abbiamo visto tante cose in questo, le mappe, le storie, l'universo, il cielo, che forse è anche vero. Però al fondo, al fondo - io ho sempre avvertito nel tuo lavoro, in fondo anche questo discorso del nastro di classe - il legare, il legare una parola quanto mai spirituale. Ecco, cosa, come reagisci a una parola spiritualità nel tuo lavoro?

Maria Lai: 00:19:52 Ma io, se penso all'arte, non solo mia, penso che si fa con il corpo e con la materia, in mano. Non è un'operazione matematica, si fa con la mente. E quindi, credo prima di tutto alla materia. Perché è dalla materia che vengono le idee se mai, non è lo spirito che si infonde nella materia. Ecco, io le idee le cerco i materiali diversi e cerco anche dove nessuno le aveva mai trovate. Cioè, tutti i materiali mi interessano soprattutto se sono vergini, perché penso che contengano questa materia che tu chiami spirito, la cerco lì.

Francesco Vincitorio: 00:20:33 Direi che però non allo stato bruto, questa materia è sempre rielaborata.

Maria Lai: 00:20:39 Sempre cultura certo, è come se la cultura lasciasse sedimentazioni.

Francesco Vincitorio: 00:20:45 Insomma, quando tu a un certo punto pensavi a raccogliere gli stracci, per farne però dei grandi lucertoloni per Camerino, no?

Maria Lai: 00:20:57 Sì sì, ma erano quegli stracci che venivano raccolti per la carta, quindi già destinati a diventare cultura. Altrimenti gli stracci non mi avrebbero mai stimolato, mi hanno stimolato a Camerino.

Francesco Vincitorio: 00:21:13 E questo discorso del pane per esempio - ecco, citiamo il caso della famosa...l'anno scorso appunto a Natale, in cui in fondo tu hai fatto un bambino fatto con il pane e lo hai posto sul pavimento, sul pavimento.

Maria Lai: 00:21:27 Del pane tutto sommato - non viene soltanto dalla Sardegna, ma viene anche da Martini. Perché, Martini ci aveva insegnato a modellare la creta dal di dentro, perché diceva che doveva...la scultura deve essere come pane che lievita, e questo discorso non l'ho mai dimenticato, cerco sempre di far lievitare tutto ciò che tocco. E quindi, la tentazione di fare addirittura il pane per vederlo lievitare in forno, però, mi parte sempre da Martini.

Francesco Vincitorio: 00:22:00 Tu stai continuando a imitare, io continuo a forzarti...

Maria Lai: 00:22:03 Sì.

Francesco Vincitorio: 00:22:03 ...in questa dimensione spirituale, ricordandoti una cosa molto semplice - che quando San Francesco fece, appunto il presepio di Greccio - fece un discorso da diacono a coloro che erano presenti, a questo...in fondo ripetizione della nascita del Cristo e disse mangiate questo pane - come in fondo poi succede nella messa, si mangia l'ostia, mangiare questo pane. Cioè io continuo a ritrovare nel tuo lavoro, l'elaborazione - probabilmente, anzi sicuramente non è a priori, non nasce a priori, cioè non sei nata dallo storia di San Francesco. Però, curiosamente ti vai a riportare su questo filone di spiritualità. Ecco, io continuo a vedere costantemente in fondo - forse proprio perché hanno queste radici - questo esito spirituale.

Maria Lai: 00:23:03 Forse ragione, perché io ritorno sempre al mio paese, al mio paese tutto diventa sacro: il pane, il fare il pane è un rito sacro, i seppellimenti, tutti i canti per i morti chi canta, canta per un fatto sacro. E io credo che sia riuscita l'operazione del nastro è perché l'hanno considerato un rito. Quindi questo bisogno di sacralità forse innato in me, anche se io non gli do un nome. Questa penso che sia l'unica risposta che ti posso dare.

Francesco Vincitorio: 00:23:43 D'altra parte però caratterizza tutto il tuo lavoro. Se tu ci pensi in fondo, anche i tuoi disegni più lontani, in fondo erano delle madri, dei pastori, anche questa visione...

Maria Lai: 00:23:57 Il senso del sacro viene fuori, viene fuori anche se non lo cerco, me lo ritrovo tra le mani.

Francesco Vincitorio: 00:24:05 Costantemente?

Maria Lai: 00:24:05 Si, costantemente.

Francesco Vincitorio: 00:24:08 Ecco, un altro aspetto che - ritornando ai quei fili - in fondo io ricordo che quando vidi quel tuo quadro chiamiamolo - proprio a Rieti mi ricordo, quel velluto nero e questi fili, questa scrittura che in fondo mi ha fatto pensare un pochino al firmamento e a una scrittura sul firmamento, come se tu avessi scritto una storia sul cielo, come se questi fili gli avessi un po' tessuti sul cielo...

Maria Lai: 00:24:39 Sì sì, c'è questo senso, questa mia ansia di leggere, di scrutare l'infinito.

Francesco Vincitorio: 00:24:51 Qualcuno ha definito questi quei lavori con i fili mappe e ricordano veramente delle mappe, no?

Maria Lai: 00:24:55 Sì, sì, sì.

Francesco Vincitorio: 00:24:55 No, ti ritrovi in una lettura così del tuo lavoro?

Maria Lai: 00:25:03 Sì sì, forse è sempre questo spazio che mi va stretta, io cerco altro. Prima mi andava stretto il mio paese, adesso mi va stretto il mondo.

Francesco Vincitorio: 00:25:12 Dimmi un’altra cosa, ritornando un po' - tu hai parlato di queste tue radici. - però, in genere queste radici contano se uno poi le ha filtrate attraverso un discorso culturale. Ecco, tu mi hai parlato di Arturo Martini, ma siamo già in una fase probabilmente, già di maggiore consapevolezza sei già passala.

Maria Lai: 00:25:39 Sì, sì.

Francesco Vincitorio: 00:25:39 Ecco, a me incuriosisce questa fase intermedia. Se il bambino nasce, tu studentessa - all'Accademia delle Arti di Roma e di Venezia, in mezzo cosa c'è?

Maria Lai: 00:25:51 In mezzo c'è stato un personaggio - che era un mio professore di italiano e latino- che mi insegnò cos'era la poesia e a leggere le poesie. E questa è stata una cosa fortissima, che mi ha accompagnato sempre, è stata una cosa molto importante.

Francesco Vincitorio: 00:26:16 E in che modo secondo te faceva, ha compiuto quest'opera maieutica in te?

Maria Lai: 00:26:20 Lui insegnava a scuola con una chiarezza...

Francesco Vincitorio: 00:26:23 Come si chiamava?

Maria Lai: 00:26:24 Camboso, Salvatore Camboso, era uno scrittore sconosciuto, morto 25 anni fa circa. Lui faceva degli esempi così chiari che a scuola insegnava - partiva da grovigli, che a noi sembravano grovigli inestricabile e poi lui con una calma straordinaria e con degli esempi chiariva tutto, era bellissimo si spalancava proprio un mondo. Il commento su ogni poesia era qualche cosa di straordinario era uno spettacolo per me.

Francesco Vincitorio: 00:27:07 Quindi, è stata un educazione...

Maria Lai: 00:27:07 Sì, un educazione alla poesia.

Francesco Vincitorio: 00:27:07 Alla poesia.

Maria Lai: 00:27:11 E poi non solo, ma anche a fare delle scelte.

Francesco Vincitorio: 00:27:17 Cioè?

Maria Lai: 00:27:17 Quand'ero ragazzina, ero stupidina, ero sciocchina - le mie compagne di scuola erano pure sciocchine - vede, da me non lo accettava. Mi diceva, tu no.

Francesco Vincitorio: 00:27:34 Perché secondo te?

Maria Lai: 00:27:35 Perché, gli sembrava che io potessi dare di più - e non dovevo essere sciocca per imitare gli altri - quindi, mi ha insegnato a fare delle scelte e ad accettare di essere diversa e che anche questo lo devo a lui, il coraggio di essere diversa.

Francesco Vincitorio: 00:27:55 E tu ti senti diversa anche rispetto, in fondo, non soltanto alle compagne o alle altre donne artiste, ma in fondo anche rispetto agli artisti. Come abbiamo detto fin dall'inizio in fondo, tu sei un caso un po' non tanto qualificabile, non definibile con le formulette consuete con le formule consuete. Ecco, tu avverti questa diversità, non solo rispetto alle altre donne artiste ma anche rispetto agli artisti?

Maria Lai: 00:28:28 Ma, io credo che ogni artista è un diverso. Gli artisti che stimo li sento diversi, ma unici e gli altri non li considero.

Francesco Vincitorio: 00:28:45 E questa affermazione ti porta a una sottolineatura quindi di individualità?

Maria Lai: 00:28:50 Sì, sì.

Francesco Vincitorio: 00:28:50 Non trovi che anche questo sia un po' andare controcorrente tenuto conto, che invece noi oggi tendiamo a una massificazione?

Maria Lai: 00:29:01 Sì, forse lo è, ma non è cosciente.

Francesco Vincitorio: 00:29:09 Ecco, perché tu qual è il tuo giudizio sulla attuale cultura piuttosto massificata?

Maria Lai: 00:29:17 C'è un grande pericolo oggi, più che mai forse, ed è la corsa alla pubblicità. La pubblicità tende a pianificare e viene guardata con sospetto se ti comporti o esigi cose diverse. Il fatto che io non abbia il mio indirizzo negli elenchi degli artisti, non abbia il mio nome nell'elenco telefonico scandalizza generalmente e mi viene una specie di accusa, chi crede di essere? ma io sono una che vive nella grande città, perché ha bisogno di essere a contatto con la cultura, ma ho bisogno di solitudine e silenzio. E non credo veramente che si possa essere creativi senza la solitudine.

Francesco Vincitorio: 00:30:16 Ma adesso fammi una confessione, in fondo questa tua vita di artista - in fondo ti ha fatto diventare un po' una emarginata - cioè, hai partecipato a mostre anche importanti, ma direi che sostanzialmente non...Molti artisti ti stimano, molti critici ti stimano, direi non molti. Cioè perché non ti conoscono. Ecco, ti fa un po' soffrire questa condizione? E' una confessione che voglio da te.

Maria Lai: 00:30:47 Dunque, qualche volta l'ho considerata ingiusta, però sento che anche e mi fa comodo.

Francesco Vincitorio: 00:30:58 Spiegami...

Maria Lai: 00:31:01 Perché quelle poche volte che ho riscontrato questa stima di cui tu parli, e immediatamente si sono create barriere per me. Perché si tende a togliermi dalla solitudine, e questo è qualcosa a cui non posso rinunciare. Per cui, sempre più chiaro è per me, che non è necessario avere tanti che mi conoscono. Perché io voglio crescere ancora, anche sono già vecchia. Cioè io mi sento ogni giorno appena nata e se pochi mi conoscono mi fa comodo, lo dico veramente con molta tranquillità.

Francesco Vincitorio: 00:31:50 Lo so lo so, non sei una che bari.

Maria Lai: 00:31:51 Sì.

Francesco Vincitorio: 00:31:51 Però in fondo questo contrasta un pochino con quello che è il tuo desiderio - e lo hai sottolineato in fondo, di far sì che questo arte, l'arte serva per far crescere la creatività e la spiritualità io aggiungo nel mondo attuale - in fondo c'è una leggera contraddizione in questo tuo comportamento?

Maria Lai: 00:32:17 Sì sì, c'è sicuramente, sì sì, c'è. Ma come faccio a liberarmi delle contraddizioni? Non è facile. Perché io ogni tanto mi sento come un funambolo, che cammina sulla corda e deve continuamente trovare equilibri instabili, e poi alla voce di chi guarda che mi chiamano a destra e sinistra mi distraggono e io rischio di cadere. Però io non posso rinunciare né a quella voce, né alla fune e devo stabilire equilibri da inventare sul momento, precari.

Francesco Vincitorio: 00:33:03 E continui, e come tu hai detto quotidiani.

Maria Lai: 00:33:06 Sì, sì.

Francesco Vincitorio: 00:33:07 E questo mi pare molto giusto. E dell'attuale situazione artistica - tu sei un'attenta, sei una che guarda, ti guardi intorno - un giudizio molto spassionato.

Maria Lai: 00:33:21 Io credo che ci siano molte forze vive, ma non sono quelle di cui si parla. Ecco, più un artista è indicato sulla stampa ed è sempre presente, e meno mi convince.

Francesco Vincitorio: 00:33:40 Allora devo cambiare mestiere?

Maria Lai: 00:33:43 Ma tu non sei un artista.

Francesco Vincitorio: 00:33:45 No no, io segnalo artisti.

Maria Lai: 00:33:47 Sì, ma si possono segnalare, ma io non parlo di questo, io parlo di mercato. Io sono stata mesi fa a Milano e tutti mi chiedevano la mia quotazione, mi veniva da ridere. Sia mai possibile, che no ci sia altro da chiedere ad un artista?

Francesco Vincitorio: 00:34:05 Ma io ti volevo dire - ti stavo provocando, lo so bene - che in fondo, qui entra in gioco la funzione della critica.

Maria Lai: 00:34:15 Sì.

Francesco Vincitorio: 00:34:16 Come la vedi tu la funzione della critica?

Maria Lai: 00:34:17 La critica la vedo molto importante, perché la critica aiuta a vedere quello che fai. Se io, non avessi avuto quei pochi amici intelligenti intorno che mi aiutano a leggere il mio lavoro non sarei andata avanti e avrei perso fiducia, probabilmente non lo so, ma penso di sì. In fondo sono a Roma per questo, alla fine sarei rimasta nel mio paese.

Francesco Vincitorio: 00:34:45 E nei riguardi del pubblico

Maria Lai: 00:34:46 La critica mi è molto, molto necessaria e non mi è necessaria la grande popolarità. Ecco...

Francesco Vincitorio: 00:34:56 Ecco, ma come è?

Maria Lai: 00:34:57 Quei pochi amici che mi aiutano, sì che possono essere critici o artisti.

Francesco Vincitorio: 00:35:03 Ma io volevo sapere, come tu vedi invece la funzione del critico nei riguardi del pubblico?

Maria Lai: 00:35:10 Io credo che il critico dovrebbe prima di tutto aiutare gli artisti, a capirsi. Perché è difficile che un artista sappia quello che fa. E poi non credo che il critico abbia il compito di educare il pubblico. Io credo che senza cultura nessuno può leggere Dante. Il pubblico deve farsi una cultura, il critico invece può aiutare a dare un esempio di interpretazione, non ha mica il compito di fare la scuola mi pare - non so se sto dicendo una una sciocchezza...

Francesco Vincitorio: 00:35:50 No no, è una posizione tu sai anche condivisa da altri. E secondo te chi dovrebbe pensarci?

Maria Lai: 00:35:58 Credo che sia - il problema della cultura è una scelta personale, del pubblico.

Francesco Vincitorio: 00:36:08 Ma tu hai parlato di quel tuo professore che a un certo punto ti aveva educato alla poesia.

Maria Lai: 00:36:13 Sì, mi aveva educato in quanto io ero interessata. Intanto, dovrebbe esserci un maggiore impegno da parte delle scuole. Perché nelle scuole si insegna a parlare l'italiano perché poi dopo tanti anni questi ragazzi possano leggere Dante. Ma si insegna a sei anni - e non si è mai insegnata la lettura delle immagini nelle scuole. È come se si trovassero anche al liceo fra la storia dell'arte, davanti a una lingua di cui non sanno il codice di lettura, questo è molto grave.

Francesco Vincitorio: 00:36:53 Ecco tutto in questo hai un'esperienza diretta, perché tu hai insegnato ecco. Sintetizza i risultati di questa tua lunghissima esperienza di insegnante.

Maria Lai: 00:37:05 Dunque, io intanto mi sono trovata a elaborare un programma che ho dovuto inventarmi. Perché io ricordo che quand'ero ragazza qui all'Accademia di Belle Arti e dicevo io non capisco Giotto, mi dicevano vai ad Assisi, siediti una settimana e guardarlo a lungo. Non è vero, assolutamente. Io mi sono dovuta inventare un codice di letture mio, perché, non è come una pagina, cioè è come una pagina scritta in cinese se hai voglia a guardarla se non ti dicono come si legge e nessuno l'insegnava neanche all'Accademia di Belle Arti di Roma. E allora, io con questa esperienza ho praticamente affrontato l'insegnamento cercando di insegnare ciò che non sapevo, per impararlo con loro. E posso dire veramente che i ragazzi mi hanno aiutato, mi hanno insegnato delle cose che veramente non avevo mai imparato da nessuna parte.

Francesco Vincitorio: 00:38:14 In che modo funzionava questo...

Maria Lai: 00:38:14 Ti posso fare un esempio. Una volta dissi ai ragazzi, prendiamola come un gioco. Noi siamo in un treno, ma non sappiamo dove andiamo né da dove veniamo. Però in questo treno c'è un reparto dove tutti lasciano i bagagli del passato. Vediamo attraverso questi bagagli cosa pensavano della vita, del treno, i popoli passati. Beh, io con questo codice di lettura sono andata in giro per i musei e i ragazzi mi hanno insegnato che, i romani volevano conquistare più vagoni possibile e essere padroni del treno, i cristiani volevano sapere dove il treno arrivava e quindi erano tutti proiettati aldilà, cioè all'arrivo del treno, i Greci stavano sempre a pensare a fare calcoli individualmente non insieme, tutte cose che ho imparato con loro, perché vissute con loro che parlavano, spesso si fermava anche il pubblico a sentirli commentare.

Francesco Vincitorio: 00:39:30 E questo ti è servito come artista?

Maria Lai: 00:39:33 Sì molto, moltissimo.

Francesco Vincitorio: 00:39:35 In che modo?

Maria Lai: 00:39:37 Intanto, a darmi fiducia sulla possibilità di stabilire un dialogo, anche con chi di arte non aveva la cultura specifica. Cioè una volta chiarito questo, questo codice di lettura, chiunque può parlare di arte, può leggere un'opera d'arte. Certo, ha diversi livelli, ma la può leggere. Se dei bambini di 10,11,12,15 anni riuscivano a leggere un'opera al loro livello, ma non leggevano...io ho acquistato fiducia che chiunque può imparare i codici di lettura delle immagini, come si impara a guidare un'automobile, al codice stradale, ecco quello è la base.

Francesco Vincitorio: 00:40:21 E questa fiducia che cosa ti ha portato?

Maria Lai: 00:40:24 Mi ha portato forse a sentirmi più vicina a chi di arte moderna soprattutto non ha mai avuto notizie e crede di essere al di fuori come una lingua che non conosce. E allora, invece io sento di poter - non io, naturalmente gli artisti - dovrebbero recuperare questa possibilità di inserimento. Cioè non esistiamo solo per le grandi città e per le gallerie, perché ci sono forze vive che ci aspettano. Gli artisti dovrebbero muoversi anche in questo senso - per lo meno trovare - perché poi è tutto bagaglio per noi. Più gente interpreta quello che facciamo e più noi siamo ricchi mi pare.

Francesco Vincitorio: 00:41:16 E questo anche la tua esperienza che tu avevi fatto quell'estate - anzi due mi pare estati, in quella località marina sempre in Sardegna.

Maria Lai: 00:41:27 Sì, Villasimius.

Francesco Vincitorio: 00:41:28 Villasimius, si riallaccia un po' a questo discorso?

Maria Lai: 00:41:28 Sì, si riallaccia. Allora ricordo che ci fu - proprio attraverso i bambini a scuola che poi riferivano in casa ciò che io avevo detto, soprattutto una frase - io ho detto alle maestre, attente, voi che credete che basti insegnare la storia e la matematica. Questi bambini non sono creativi e da adulti non saranno felici. Allora questi bambini tornarono a casa raccontando che non sarebbero stati felici - e ci furono telefonate dal sindaco che dovettero organizzare un incontro con me - e siccome eravamo diversi artisti e allora io coinvolsi anche Veronesi, Morellè. E tutti andammo lì a parlare con tanta gente che era andata al Comune - volevano sapere, ma erano interessantissimi, quello fu un rapporto stupendo.

Francesco Vincitorio: 00:42:27 Dimmi, tu credi appunto a questa possibilità di seminare così, oppure qualche volta ti viene il dubbio che questo mondo sia un po' troppo desertico, perché questi semi possano poi germogliare. Qual è la tua opinione?

Maria Lai: 00:42:46 Ma, ci sono zone del mondo desertiche e zone dove si può ancora dare qualcosa. E forse c'è più deserto nelle grandi città che vede l'arte solo dal punto di vista commerciale.

Francesco Vincitorio: 00:43:02 Mi pare che in questo caso - proprio per te i diavoli sono un po' la commercializzazione.

Maria Lai: 00:43:07 Sì, mi disturba un po' questa...

Francesco Vincitorio: 00:43:07 Però ti faccio una domanda: ti disturba - ma io ti faccio una domanda, che spesso mi sono posto anch'io - sì, la commercializzazione ma come mangiano questi artisti?

Maria Lai: 00:43:18 Sì, ecco sì. Non esageriamo...Qualche cosa intanto ci sono, il mercato porta ad un super valutazione di certe opere e mentre non valuta affatto opere che non sono state abbastanza pubblicizzate e che sicuramente hanno una loro valutazione. Cioè, basterebbe che gli artisti non fossero così catalogati in una scala.

Francesco Vincitorio: 00:43:52 In una graduatoria di valore economico.

Maria Lai: 00:43:52 Ecco, certo. Capisci? dovrebbe essere uno scambio, cioè un pubblico dovrebbe aiutarci a lavorare, ma non ci deve far diventare ricchi. Io credo che si arrivasse a usare il nostro lavoro come un operaio qualsiasi, specializzato staremmo tutti meglio.

Francesco Vincitorio: 00:44:18 Ecco, però qui poi subentra una visione che probabilmente in questo momento è troppo idealizzante da parte della natura degli artisti.

Maria Lai: 00:44:26 E' un utopia, so benissimo. Mi ha fatto parlare di una utopia, questo è ciò che sogno - che gli artisti guadagnino solo quel tanto che serve per andare avanti, però capisco che sto dicendo una cosa che disturba tanto.

Francesco Vincitorio: 00:44:42 Beh, intanto questa è una registrazione che ti ripeto, probabilmente non sentiranno i tuoi contemporanei.

Maria Lai: 00:44:49 Sì, sì, sì.

Francesco Vincitorio: 00:44:49 Ma proprio per questo la sincerità mi pare importante. Però in fondo tu hai detto un'utopia ma un'utopia è ciò che non si realizza, ma in fondo tu l'hai realizzata.

Maria Lai: 00:45:00 Sì, ma per me non è stato difficile, perché non ho una famiglia da mantenere: cioè, io ho fatto una scelta precisa - abbastanza in tempo per me non impegolarmi, in altri- io dico impegolarmi, perciò.. Avrei potuto avere altri impegni e allora sicuramente sarei stata più felice. Allora io mi considero comunque una fortunata. E come se la cava? E non lo so, questo è un problema da risolvere, io non ho mica le risposte.

Francesco Vincitorio: 00:45:35 Mi fa molto sorridere questo discorso di fortunata. Cioè, sei un emarginata come abbiamo detto, però tu ti consideri una fortunata.

Maria Lai: 00:45:44 Sì sì, ce l'ho sempre più chiaro questa idea della mia fortuna, perché inizialmente era difficile da accettare - in tutti i sensi - anche perché mi sentivo...Soprattutto sentivo su di me un giudizio, anche da parte dei familiari, se non guadagni non vali. Poi ho capito che il giudizio della gente serve solo per le cose nelle quali non credi, fino in fondo. E allora, io ho fatto la mia scelta e ciò che mi fa felice è questo. Anche se mi è costata abbastanza, finché non avevo chiarito bene mi costava caro, però la spinta a fare questa scelta c'è sempre stata.

Francesco Vincitorio: 00:46:39 Si è chiarita, ti sei chiarita sempre tu.

Maria Lai: 00:46:40 Cioè, si è chiarita quando ho capito che non dovevo render conto a nessuno e che non potevo essere un esempio per nessuno, apparteneva solo alla mia storia.

Francesco Vincitorio: 00:46:53 Ecco, io continuo a vedere - e con questo poi chiudiamo - il tuo rapporto con gli altri artisti in fondo con altri, che più o meno più seriamente o meno seriamente, con più concessioni, con più compromessi, in fondo fanno il tuo stesso lavoro. Ecco, io proprio come parole con cui vorrei capire bene, come tu consideri, come vedi queste persone. Sei severa? Sei tollerante?

Maria Lai: 00:47:24 Dunque io, diciamo amo molto gli artisti che sento più balordi nella vita, sono quelli che mi convincono di più.

Francesco Vincitorio: 00:47:41 Praticamente ti è venuto qualche volta quel dubbio, che invece qualcuno che ha ottenuto successo invece valga?

Maria Lai: 00:47:49 Sì, naturalmente. Poi c'è un altro discorso che può chiarire. E' che, noi esseri umani siamo ci dividiamo praticamente in due categorie gli introversi e gli estroversi. Allora, gli estroversi sono più fortunati, perché hanno anche questo, questo rapporto con il mondo che è sempre conciliante. Ecco, io appartengo agli introversi e quindi il rapporto è più difficile. Io credo che il primo giudizio che cerco di fare, quando incontro un artista è se è estroverso o introverso, e naturalmente se è estroverso gli perdono anche la notorietà.

Francesco Vincitorio: 00:48:36 A proposito della sua autenticità? Quando qualche volta non è autentico, glielo perdona o non glielo perdona?

Maria Lai: 00:48:44 Ciò che mi sgomenta è che spesso io conosco artisti validissimi, che poi incominciano a convincermi sempre meno perché sono diventati famosi e devono produrre tanto - in fondo che cosa ci chiede il mondo- appena noi lavoriamo un po' dobbiamo partecipare a tutte le mostre, come se avessimo un industria. Io non potrei partecipare a tutte le mostre, perché non ho tanti lavori e allora mi dicono falli, ma no. Ecco, c'è invece chi li fa, e il problema è loro.

Francesco Vincitorio: 00:49:17 Giustissimo.