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Cucciolla, Riccardo - 1987 - Roma

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Trascrizione

Roberto Rossetti: 00:00:04 È il 28 novembre 1987, sono le ore 10:30. Sono Roberto Rossetti, direttore della Discoteca di Stato e qui, nell'auditorium della discoteca, sono presenti la signora Bianca Maria Zaccheo per il settore voci storiche della Discoteca di Stato, la dottoressa Blasi e il signor Di Vincenzo, responsabili del Settore Teatro di questa istituzione. È presente questa mattina Riccardo Cucciolla, che lascia alla Discoteca di Stato una sua testimonianza sonora. Questa testimonianza rientra in quella serie di interviste che la Discoteca di Stato sta portando avanti, sta conducendo con persone rappresentative nel mondo della cultura, della politica e del teatro - teatro che rientra nel più ampio settore della cultura. È questa la seconda intervista o intervento che la Discoteca di Stato raccoglie, dopo quella effettuata a Lucignani, alcuni mesi addietro. Riccardo Cucciolla è nato a Bari il 5 settembre 1924, sposato, due figli. È laureato in giurisprudenza, è doppiatore, è attore di teatro, di cinema. Dei film da lui interpretati si possono ricordare: Italiani brava gente, Sacco e Vanzetti, L'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale, I sette fratelli Cervi, Faccia di spia, La linea del fiume, Antonio Gramsci: i giorni del carcere, Turi: i paladini. Nel campo del teatro si possono rammentare le opere: Gli Spettri di Ibsen, La bottega dei caffè... del caffè di Goldoni. Ha vinto il Premio Cannes per il film Sacco e Vanzetti nel 1971. Sono queste... dati essenziali, una scheda preparata dal settore di... teatro della Discoteca di Stato. A questo punto, Riccardo Cucciola comincia a parlare.

Roberto Rossetti: 00:03:21 Dunque: nato a Bari, dice la sua biografia. Lei è ancora legato alla sua terra? Al Sud?

Riccardo Cucciolla: 00:03:31 Disperatamente legato. Queste... questi riti, queste cerimonie sono sconvolgenti per una persona. È come se, improvvisamente, dovessi vedermi a ritroso in un lungo specchio. E le cose non... non... Non sono preparato a questa... emotivamente. Devo dire, sono nato a Bari, sì, sono nato a Bari, ho vissuto l'età felice - la stagione felice della mia vita - a Bari. A Bari ho imparato ad essere uomo, soffrire, vivere e godere di cose belle, cose molto tristi; perché si può anche godere di cose tristi, si può godere della miseria, godere della fame, il desiderio di una fetta di prosciutto. E io a Bari... io... sono nato, appunto, sono nato in una famiglia... famiglia più che facoltosa: eravamo i figli di un commerciante di tessuti - forse il più importante a quell'epoca – sennonché, poi, il tracollo del '29 ha travolto tante persone e ha travolto anche quella brava persona di... che era mio padre e che purtroppo oggi... personaggio desueto. Ha preferito pagare tutti i suoi creditori e quindi ridurre alla fame la sua famiglia pur di non conoscere disonore di un imbroglio, di un pasticcio commerciale. E quindi, questa è stata la via diretta per... per conoscere tante difficoltà della vita, che mi hanno maturato accanto a persone di una assoluta semplicità, di una essenziale semplicità, che erano i contadini e i pescatori di Torre a Mare, è una cittadina vicino Bari. Quindi, dai 7 ai 14 anni, sono stato in questo posto a imparare della vita le cose più semplici, come dire, gli affetti più... più elementari. Raccogliere una pietra oggi per me è ancora una grande emozione, una pietra che... che mi descriva un qualcosa, a cui io possa dare un connotato particolare. E... e quindi, voglio dire, sono stato insieme a questi ragazzi che mi hanno fatto conoscere tante cose.

Riccardo Cucciolla: 00:06:56 Perciò Bari... Bari è insopprimibile dal mio cuore: sono nato a Bari e difendo questa meridionalità, anche se vado portando in giro questa... questa dizione, diciamo... apparentemente perfetta. Dico apparentemente perché se... nessuno di noi è perfetto, quindi non... non possiamo dire di possedere l'assoluta perfezione della lingua, anzi, io vado sempre dicendo che bisogna imparare l'italiano come se fosse una lingua straniera. Ai ragazzi che dicono: “Ma a chi do... a chi dobbiamo rivolgerci per imparare l'italiano?”. Imparatelo da un linguaphone, imparate proprio la parte, proprio, più, come dire, asettica. Una volta imparato l'italiano - la forma - riproponete la vostra sostanza, che è la vostra personalità, quindi le sbavature dialettali, gli schemi dialettali del vostro parlare, del vostro modo di parlare. Quindi - adesso io non so dove sono andato a parare - comunque, voglio dire, ritorno a parlare di Bari: Bari è... giusto l'altro giorno mi è stato proposto di fare un commento ad un libro che parla di Bari - Bari passata, Bari trascorsa – e... e io ho immaginato una specie di excursus per le vie della città così tanto cambiata. E appunto, questo, diciamo, articolo finisce con me, che c’ho... so... sono con il naso all'insù, a guardarmi la casa dove sono nato e non ho avuto molto tempo perché a un certo punto una voce - in pugliese - mi ha detto: "Scusi signore, si tolga di qua, abbia pazienza, sono tre ore che sta con il naso per aria e io ho bisogno del posto per la macchina" e sono dovuto scappar via, perché giustamente le macchine sono molto più importanti di noi, oggi come oggi. E Bari... ripeto Bari... Bari è stata... una città che mi... mi ha formato, spinto, mi ha dato tanti esempi. Non la Bari, quella portata in giro da certe persone che storcono la bocca per dire: “Io sono di Bari” non... non esiste. Noi possediamo una civiltà importantissima, una civiltà... la civiltà messapica, la civiltà greca. La portiamo, la conserviamo, l'abbiamo fatta nostra e i nostri contadini posseggono un senso dell'aristocrazia, della vita, che è raro trovare in altre popolazioni, insomma. Questo è il mio modo di essere meridionale, il mio modo di essere fazioso, diciamo pure, perché ci sono tante altre... tante altre regioni che hanno da insegnare delle cose, ma io mi tengo questo tesoro pugliese, regionale.

Roberto Rossetti: 00:10:26 Ecco, appunto, lei poi è rimasto molti anni ancora a Bari, si è formato forse lì?

Riccardo Cucciolla: 00:10:32 Certo, io ho fatto i miei studi a Bari. Mi sono laureato a Bari - all'Università di Bari, all'università di Legge - e tra i miei professori ho avuto Aldo Moro. Il quale mi lasciava ripetere questo... questa specie di aneddoto: quando lui mi ha incontrato la prima volta, sapeva che io facevo... cominciavo a fare l'attore, e lui mi invidiava questo... questa professione di attore, dice, "Beati voi, che fate questo bel mestiere". E... ed è stato un bell'incontro con questa persona che, poi, tra l'altro, si è ricordato di me quando, appena dopo Cannes, io ho perso mia moglie - la madre dei miei figli - e lui si è ricordato personalmente ed è stato proprio un re-incontro, perché io gli ho risposto - allora lui era presidente - e gli ho risposto: "Mio caro professore, la ringrazio tanto di essersi ricordato di me, eccetera eccetera." Ora, l'Università di Bari, il teatro a Bari, noi... mentre io studiavo all'università facevo un... diciamo, una specie di... di apprentisage, così, pratico, con i miei compagni universitari del CUT, Centro Universitario Teatrale, con cui abbiamo fatto diverse cose e abbiamo... siamo apparsi per... per la prima volta in teatro. Poi c'è stato un intervento di Sharoff che... un tentativo di fare una scuola di teatro con noi, eccetera eccetera... ma purtroppo lui non se n'è potuto occupare granché. E comunque io, compiuti gli studi e un... insieme agli studi avevo portato avanti una bella esperienza radiofonico-teatrale. Per cui, con la laurea in tasca, dovendo decidere della mia vita perché non c'era da scherzare... appunto ancora la mia famiglia stava uscendo dalle traversie di tanti anni di difficoltà eccetera... e allora son venuto a Roma, proprio per fare il punto della situazione e saper cosa avrei potuto fare. E ho trovato delle persone che non dimenticherò, chiaramente e una di queste è Guglielmo Morandi, allora direttore della compagnia di prosa di Radio Roma, che mi ha... coltivato come un fratello minore. Ripeto, questa persona non la dimenticherò mai perché a lui devo anche un certo modo di essere rigoroso nello... nello studio delle cose che mi vengono sottoposte, un certo modo di sottoporre i ragazzi che oggi sono un po' meno abituati a certi sacrifici, a... a certe sofferenze sulle parole, sulle... sulle... sulle interpretazioni, sulle intenzioni. E beh, tanto che io sono arrivato a dire che quello che io oggi sono l'ho imparato, in massima parte, vicino ai microfoni della radio e poi del doppiaggio. Perché il microfono ti porta ad una interiorizzazione così tanto profonda, così tanto accurata e così tanto mortificante di certi eccessi psicologici, che... che, a lungo andare, affina il gusto, affina la fantasia.

Roberto Rossetti: 00:14:34 Sì, dunque, appunto: doppiaggio, cinema e teatro, ecco. Di queste tre cose... insomma è sempre inopportuna una domanda che dice: “Quale preferisci di più”, ma... io penso che tutti tre ma il mio pensiero non vale. Ecco, ci dica lei, qual è la più importante per lei?

Riccardo Cucciolla: 00:14:55 Dunque, io, ampollosamente, posso dire che sono tutte importanti perché... perché faccio questo mio lavoro... quando io mi presto a fare un tipo di lavoro, lo faccio con un tale slancio e un tale piacere, una tale intensa felicità che dura ancora, sin dal 1946 - e con questo io dico che ho già compiuto i 41 anni, non li ho celebrati, ma li ho compiuti, 41 anni, di... di professione – li... dunque... ogni qual volta io faccio una... qualcosa, lo faccio sempre con lo stesso entusiasmo, perché? Perché è un... ho la grande fortuna di avere la felicità, proprio, come dimensione che propizia la mia vita, la mia carriera, proprio la... la felicità di fare questa... questo mestiere, questa professione, come vogliamo chiamarla. E è chiaro che... non so, ieri, mi son trovato a leggere un pezzo di una cosa che poteva essere quasi uno spot pubblicitario e invece era una cosa a favore dei... dei beni culturali - beni culturali che vanno difesi, vanno... - e ho lasciato a bocca aperta un giovanotto, di 26-27 anni, perché m’ha visto leggere, come se fosse stato non so quale... Ma perché? Perché valeva la pena di entusiasmarsi per un... questa determinata cosa. Così come, se io mi metto a fare il doppiaggio di un personaggio... che mi possa dare delle cose... tipo appunto... parlavo, poco fa di... di Erland Josephson - attore strepitoso - che mi è capitato di doppiare più di una volta e da cui si impara, basta stare lì e vedere proprio certe sfumature che sono... che sono proprio indicative, sono veramente... avviano un attore a... a fare il difficile mestiere del doppiaggio o del doppiatore. Perché il doppiatore è un mestiere abbastanza scorbutico, per chi avesse una personalità prorompente, una personalità da proporre con violenza e bisogna smettere di pensarlo, al momento che si è al leggio, bisogna fare delle cose che siano in accordo con quanto si vede sulla pellicola. Quando quello che si vede sulla pellicola è... può aiutare un attore, può arricchire un attore - come nel caso di Erland Josephson... Josephson - per me è veramente un'aggiunta di felicità.

Riccardo Cucciolla: 00:17:42 Ritorno al discorso: qual è il... il settore che io prediligerei? Io direi... direi subito il teatro, perché il teatro è la dimensione perfetta di un attore che voglia interpretare un personaggio, che voglia ripercorrere, sera per sera, questo itinerario psicologico... emotivo. È chiaro che si entra in scena, con la solita tremarella, passa immediatamente, appena si è entrati, si calpesta il... il... le... le... le tavole del palcoscenico e poi si va avanti vivendo - con la concentrazione che merita il nostro lavoro e merita il pubblico che ci ascolta - vivendo appunto le evoluzioni del personaggio, dalla A alla Z, e questo significa completezza di... come dire, di parabola. Mentre in cinema, in cinema... è bellissimo il cinema, è bello il cinema, molte volte ti... ti... ti regala delle cose che il teatro non ti può dare. Cioè il primo piano, per un attore, è veramente il massimo, cioè con pochissimi movimenti del... del viso si riesce ad esprimere tantissime cose, mentre l'attore di teatro deve fare moltissime cose in più per far capire che questo viso, in questo momento, sta muovendosi, sta soffrendo, sta vivendo una gioia o un dolore e quindi... e questo comporta un maggiore sforzo e molte volte una diversa disciplina, sarei per dire, muscolare-emotiva, se si potesse dire. E... e quindi, voglio dire, il teatro comporta questa onestà di situazione psicologica e questa, come dire, coerenza, che dall'inizio alla fine deve portar l'attore a vivere il suo personaggio. Mentre il cinema, che regala appunto queste... questi... queste... queste possibilità di vivere in avanti, di venire in mostra - di essere in mostra - molto meglio, però comporta certe crudeltà, che sono imprescindibili. Una scena di pianto, di riso... va spezzettata perché: adesso riprendiamo dalla parte di lui, adesso pre... dalla parte di lei, e si... ed è un alternarsi e uno spezzettamento emotivo che comporta una tecnica. Io per esempio... s.... mi considero - chiedo scusa, per chi mi ascolterà un giorno - mi considero un attore naif, non ho imparato nulla che mi sia stato insegnato secondo una scuola, eccetera eccetera. Ho imparato vedendo, ho imparato rubando come tutti gli altri attori, come si fa questo lavoro. Ma comunque sia, non seguo delle regole, non seguo uno stile, uno schema proprio che mi porti... Allora, se io faccio questo gesto sono sicuro che mi porta al pianto: no. Sono sicuro di no, perché non lo so che cosa mi succederà. Persino oggi, che ci siamo così affettuosamente, lusinghieramente riuniti, io non... ho preferito non sapere che... di che cosa avremmo parlato. Parlo di me, parlo a braccio, parlo senza stile, senza stilemi, diciamo. E di questo mi faccio forza e, nello stesso tempo, questo... questo comporta dispendi molto... grossi, dispendi nervosi, dispendi di... di concentrazione, perché infilarsi nel bagno caldo della giusta dimensione di una situazione, di un'atmosfera, comporta grossi dispendi nervosi e... e... e grosso impegno e grossa buona volontà e desiderio grosso... grande amore, proprio,... per quello che si fa. Questo io lo provo leggendo una lirica di un poeta, lo... lo provo leggendo o interpretando un brano di Shakespeare o di Pirandello o di Cechov, eccetera eccetera. Non so quanto io sto uscendo dal seminato, io sto parlando, mi auguro di... di non parlare, come si dice a Napoli, a schiovere. Bene, andiamo avanti.

Roberto Rossetti: 00:22:41 Ecco, appunto invece parlava del teatro, questa è la sua preferenza, ecco. Nel teatro... è la solita domanda, quali autori... quali autori preferisce? E poi quali personaggi?

Riccardo Cucciolla: 00:22:53 Bene, un po' per i... per i... i miei connotati, diciamo, di attore, il tipo di... di teatro che io preferisco è quello... diciamo... Pirandello, Cechov. Cioè non è il teatro molto esibi... esibito, sarei per dire, molto... desidero incontrarmi con un teatro molto interiorizzato. E quindi che comporti, appunto, questi famosi sforzi... però sono straordinariamente appaganti per me, ecco, questo è un modo di recitare che mi si confà molto. Quindi, questo genere è quello che io vado inseguendo e per strana combinazione, alla mia fresca età di 63 anni, io non ho ancora recitato una commedia di Pirandello, io che mi sento proprio nato, fatto, per dire... per... per essere... per un personaggio di Pirandello, non ho avuto ancora la felicità, tranne il solito... fiore... l’Uomo dal fiore in bocca, che tutti gli attori recitano, che tutti i recital di attori, così... conoscono eccetera eccetera. Altrimenti non mi è stato mai possibile. Però, voglio dire, questo è il tipo di teatro. E, combinazione, quest'anno io ho fatto una prima regia di una cosa scritta da mia moglie - ecco il personaggio che appare nel mio racconto di oggi, la mia seconda moglie - non la madre dei miei figli, ma la madre del mio prossimo figlio. E lei scrive, scrive delle cose di questo tipo, di questo genere. Ha scritto una commedia che si intitola Piccioni, che noi l'anno scorso abbiamo portato in scena e che continueremo a re... a replicare quest'anno e che vive di queste atmosfere. Qualche critico ha parlato di atmosfere cechoviane, sì perché di fatti si avvale di... di... di scambi psicologici, di... di terribili pause, che parlano così tanto da sole da non disturbare l'ascolto del pubblico. E quindi, combinazione, mi sono ritrovato a mio agio. Poi per ese... se vogliamo parlare del doppiaggio, abbiamo detto il doppiaggio... il doppiaggio... o la televisione... in televisione ho fatto delle cose che mi hanno molto... reso felice, diciamo. Però, è sempre un gradino in meno rispetto al teatro - questo dal punto di vista emotivo, dal punto di vista della recitazione - però è un gradino in più rispetto al cinema, perché ti dà la possibilità di... non so... recitare una scena completa. Sono le interruzioni, sono le... le gravi difficoltà per un attore, che non voglia disporre di una tecnica, ogni volta che debba fare una qualche cosa. Quindi quando si... quando... la tecnica non esiste, ma esiste solo come... come sola risorsa la concentrazione eh, allora son complicate le cose, questo è il punto.

Intervistatrice: 00:26:40 Scusi, lei prima ha parlato di un suo personaggio, in cui si... in cui lei si sente bene, e quindi alcuni personaggi che lei interpreta... bene. Quale... in che maniera... lo studio, la vita, la fortuna ha portato a poter fare questi personaggi? Perché molti attori, magari, vorrebbero fare una cosa – pensano di essere capaci di fare una cosa – e poi, invece, ne fanno tutta un’altra.

Riccardo Cucciolla: 00:27:10 Sì, ma... eh... ma sono state - se non ho capito male la sua domanda - sono state molte combinazioni, per cui... che mi hanno portato a non poter recitare mai Pirandello, perché mi è stato proposto un paio di volte, tre volte, di fare delle cose e non mi sono ritrovato... con gli impegni di lavoro... pur prediligendo, ripeto, proprio questo tipo, questo genere di teatro. Ma non... non lo dico perché non me l'hanno voluto far fare o non... non... o io non abbia, come dire, cercato queste occasioni, è proprio che mi sono sfuggite. Ma le... ne parlavo adesso con rimpianto perché mi sento così tanto portato a questo tipo di teatro, questo...

Intervistatrice: 00:27:52 Senta, vorrei farle una domanda. Cioè, lei ha sempre detto che l'attore, almeno, serve da tramite, tra la cultura e il pubblico. Cioè, questo ha influito moltissimo nelle sue scelte di lavoro e magari le hanno portato dete... alcune volte a rinunciare?

Riccardo Cucciolla: 00:28:11 Sì sì, devo dire, molte volte... oh, intendiamoci, io non mi sento - come mi è capitato di dire sere fa in televisione - non mi considero un apostolo sociale. Dico solo che l'attore ha una significazione quando riesca veramente ad essere utile alla società, utile ai giovani, utile al suo prossimo. Cioè essendo portatore di cultura – o come mi piace dire ogni tanto, boccaglio di cultura – e... ha un preciso compito. È chiaro che la professione dell'attore porta la persona... insomma... a spaziare, per quanto riguarda i personaggi , ed è anche chiaro che se un attore vuol far tutto, e vuol soprattutto pensare a guadagnare molto danaro, fa tutto e... e quindi gli scrupoli vengono meno. Se si ha qualche scrupolo in più, si ha molto meno danaro e molte più soddisfazioni. Ripeto, io sono stato fortunato a poter scegliere molte cose della mia professione, a poter rinunciare a tante altre cose che portavano solo danaro. Ho avuto la fortuna di poter vivere accontentandomi di quanto io ho guadagnato, che non sono stati miliardi, sono stati danari tali da poter far vivere bene i miei figli, la mia nuova famiglia di adesso da... e non mi... e non tali da... da accontentarmi. No, ho sempre vissuto bene perché, facendo dignitosamente il doppiaggio, dirigendo il... un... il doppiaggio di un film importante come quello di Fellini o di Bertolucci eccetera, si ha... si ha veramente salva la propria qualifica, senza scadere in certe scelte che poi non sono utili, ecco. E quindi ripeto, ho avuto questa fortuna, perché ci sono molte altre persone che non hanno avuto la possibilità di dire: “No, perché ho dell’altro da fare”. Essendo solo questa la cosa da fare, quindi, non hanno potuto scegliere. In linea di massima, il dover essere è che... appunto... l'attore che sia utile e sia veramente un tramite di cultura per la società. Tramite - e qui veniamo ad un altro discorso - specialmente per quanto riguarda la poesia, la letteratura, l'attore che funga da ta... da tramite, non deve essere un ampolloso tramite, un reinventore di cose già scritte e già sognate, sofferte da chi lo ha già... da chi lo ha fatto dieci anni fa, un secolo fa. Non è giusto che un attore dice: “Adesso io vi faccio sentire Dante, co...”. No, Dante ha già scritto, tu fatte... fallo capire, Leopardi riporgilo, come lui lo ha scritto. È chiaro che, molte volte, questa estrema semplicità di esposizione, cui ci si obbliga diciamo, comporta una trappola meravigliosa. Che se io riesco a esporre l'Infinito, con la più assoluta delle semplicità, andando a rincorrere il profondo significato, staccando le parole, porgendole al... a chi mi ascolta, con il massimo della, diciamo, generosità o buona volontà di passarle chiare, succede che improvvisamente io mi trovo intrappolato in una straordinaria... in uno straordinario incantesimo. Cioè, si sente improvvisamente la giusta atmosfera ed è stranissimo perché, senza inventare toni o altro, si riesce a trasmettere l'autentica atmosfera che è stata vissuta o sognata dall'autore. Questo è stato... questo è stato veramente un regalo che molte volte mi è... così come io oggi, all'inizio, mi sentivo veramente... proprio veramente non sapevo come... come riprendermi. Questo è quanto.

Intervistatrice: 00:32:57 E appunto... Oh scusa... E appunto per questo, lei fa o ha fatto dei corsi di letteratura per le scuole?

Riccardo Cucciolla: 00:33:02 Dunque, io non faccio dei corsi, io... mi scusi... o... o... o... no... no... no...

Intervistatrice: 00:33:09 Sì Sì... no... ho sbagliato io.

Riccardo Cucciolla: 00:33:09 Non mi... no... La correzione non è certo perché mi sento offeso, ma perché, certo, difendo un certo modo di portare cultura - portare come... come tramite sempre eh - nelle scuole.

Intervistatrice: 00:33:22 Certo!

Riccardo Cucciolla: 00:33:24 Questa è una cosa... questa... questa specie di chiave dell'acqua calda - come suol dirsi, cioè la scoperta dell'America, cioè una cosa che chiunque può pensare - non è una cosa di... un colpo di genio da parte mia, eh. Questa... questa... questa chiave qui, io l'ho... l’ho studiata... l’ho studiata, mi è venuta in mente, quattro anni fa. “Perché” mi sono detto “Perché non dobbiamo regalare ai ragazzi, ai giovani, un po' di serenità accostandosi ai classici, ai testi? Perché la cultura dev'essere un incubo? Domani devo imparare a memoria tutto Leopardi, così... domani devo dire questa cosa... domani devo spiegare... Perché non... la cultura non dev'essere veramente un modo di rallegrare - senza sganasciarsi dalle risate - rallegrare lo spirito, la propria fantasia?”. E che... in che cosa sta allora il segreto? Il segreto sta nella semplicità. Perché il professore, il padre, il genitore, l'attore che venga a leggere delle cose - un poeta o uno scrittore - a dei ragazzi, molte volte si sente autorizzato a salire sul tavolino e a dire a voce alta,a voce enfa... enfaticamente espressa eccetera, le cose che vanno dette con assoluta semplicità e allora il ragazzo si distrae, il ragazzo s’annoia, il ragazzo prende in giro, non viene interessato.

Riccardo Cucciolla: 00:34:59 L'altro ieri, io ho preso - come suol dirsi - di petto, un ragazzo che c’aveva una faccia... sembrava un... proprio un... un violento, uno che veramente... così, sghignazzava su tutto... e dico: “Senti figlio mio, guarda che io sto facendo un discorso per te” - era un discorso molto importante sulla pace e sulla guerra, eccetera – “E ti voglio dire una cosa, è rivolto a te perché noi stiamo parlando di guerra, spesso gli adulti dicono che i ragazzi son ragazzi, tanto non capiscono niente, vo... pensate a gioca’ voi, pensate a giocare e a fare... Non è vero, non è giusto, perché tu fai parte di un contesto sociale, che... ben attivo già alla tua età. Tu, tra 4-5 anni, dovrai rispondere della tua personalità, della tua opinione, per iscritto perché puoi modificare il volere di un governante eccetera eccetera. Voglio dire, quando io ti faccio ascoltare il pensiero di Einstein, o il pensiero di Neruda, o il pensiero di Danilo Dolci - a proposito della pace o della guerra - io ti dico, che ti coinvolgo in un discorso che ti interessa, perché tu sei il protagonista diretto di questo discorso”. È chiaro che il ragazzo comincia a dire: “Un momento, ma qui si parla di cose che mi intere... mi riguardano, si parla con semplicità, discutendone, litigandone”, sarei per dire. Però l'importante è - passando ad altro argomento - parlando di... dei Promessi Sposi: se io ti leggo il pezzo in cui, Don Rodrigo impazzisce perché viene... viene a contatto anche lui con la peste eccetera eccetera... e te lo leggo con la dovuta partecipazione, è chiaro non asetticità, perché non si posson leggere in modo asettico... asettico le cose, ma con la dovuta semplicità e il ragazzo dice: “Ma, oh, sto Manzoni che mi fa venire la barba, a un certo punto, ma... ma scrive così bene? Ma quando descrive la madre di Cecilia, radiografa in... in questo modo così tanto strepitoso questa donna? Allora va... va considerato, è un uomo di altri tempi, ma... però mi insegna a descrivere un personaggio, a... co... a... a... come dire... a capirlo, a... a leggerlo attraverso quello che è stato scritto”. Quindi il nostro modo di entrare nelle scuole è proprio questo ed è un... un modo, diciamo, artigiano. Io non ho dei grandi apparecchi di amplificazione, non mi interessa molto. Siamo io e mia moglie, leggiamo spesso, ma l'importante è che i ragazzi vengono incontro e dicono: “Io sono venuto qua per evitare di... di fare 2-3 ore di matematica o di fisica... eh, ma devo dire che adesso sono contento, adesso ho capito un pochino di più della poesia, adesso che mi vado a leggere queste cose che voi avete letto, perché mi interessa”. Oppure in un ambiente... che solitamente considerato ambiente di ladri, di Roma - è inutile che stia a descriverlo - noi siamo andati a scuola abbiamo letto eccetera e, siccome noi dopo aver letto questi nostri... questi testi, che loro studiano, che noi abbiamo estrapolato dalle loro antologie, chiamiamo i ragazzi a parlarne, a farne un dibattito. E beh, uno di questi m'ha detto un giorno "A me me piace il rock'n'roll, però Leopardi letto da Cucciolla se po' pure fa’". Cioè, questo modo greve, violento, ma così tanto bello, è... è una medaglia a un certo punto: benissimo, allora si continua, allora la strada non è... non è proprio completamente sbagliata. Questo è il punto, io faccio guerra agli altoparlanti, ecco.

Intervistatrice: 00:39:11 Potendo tornare nel... nel passato chi vorrebbe, quale autore vorrebbe incontrare per poter chiedere qualcosa oppure per criticargli qualcosa...?

Riccardo Cucciolla: 00:39:22 Beh, appunto Leopardi, sì. Leopardi, ci vorrei tanto parlare.

Intervistatrice: 00:39:28 Per potergli chiedere che cosa?

Riccardo Cucciolla: 00:39:33 Perché, io vorrei capire... cioè vorrei capire... vorrei avvicinare lo spirito di que... così tanto straordinariamente elevato, un uomo così tanto infelice, fisicamente, così tanto sbattuto via, sbattuto contro il muro da tutti: donne, uomini, padre, madre, fratelli. E quest'uomo che ti regala questi tesori straordinari, in cambio, ti regala l'Infinito. Un uomo che è così tanto capace di toccare l'infinito con le mani descrivendolo, in cambio, ripeto, di tante sofferenze, tante cose. Beh, e allora deve avere posseduto veramente grandi tesori psicologici... spirituali da migliorare intere generazioni. E... appunto, ripeto, un uomo che soffre così tanto intensamente, che non urla mai, che pensa facendo evaporare il proprio cervello, il proprio pensiero; molto spesso, ripeto, non è un urlo, un grido di dolore non è mai, è solo una constatazione amara. Leopardi che ci regala Silvia: Silvia è il pensiero di un trapassato, uno che ha già vissuto la sua vita, e ne parla sorridendo, ne parla con un sorriso... di una persona che ha superato questa terribile angoscia della vita vissuta inutilmente, senza un minimo di sapore d’amo... dell'amore, l'amore che... che è il se... il grande, come dire, il grande condimento della nostra vita. Ebbene lui ne parla come se fosse proprio, ripeto, come se l'avesse vissuto e guardasse dall'aldilà, proprio come un trapassato e quindi con la grandezza e... de... dei concetti. Ripeto, è... è un personaggio che, veramente, mi ha sempre affascinato, mi piacerebbe tanto, proprio, andarlo a trovare, quando poi mi incamminerò anch'io, poi ci parlerò, vediamo, parleremo insieme. [ridono]

Roberto Rossetti: 00:42:05 Torniamo un momentino indietro.

Riccardo Cucciolla: 00:42:13 Certo.

Roberto Rossetti: 00:42:13 Adesso lei ci ha dato proprio la prova, intanto nella sua calda umanità e di questo la ringraziamo, perché sono incontri importantissimi anche per noi, non perché noi lo dobbiamo fare quest'oggi per lo Stato - e comunque con una funzione importantissima quello... di trasmettere le sue esperienze e la sua, appunto, calda umanità agli altri, attraverso questo mezzo che sarà oggi il nastro, domani il disco, o forse quello che sarà - e quindi mi pare un po' di ritornare indietro, vorrei che lei continuasse, invece, a parlare su questo piano e ci desse ancora qualche cosa. Le faccio però proprio per trasmetterle agli altri - gli altri che saranno attori domani, ecco - un qualcosa ecco. Lei ci ha detto già moltissimo sulle qualità dell'attore. Ce lo ha detto rispondendo alle nostre domande, qua e là, ci ha dato, cioè dei... dei segni importantissimi. Ecco, vorrei dire: quali altre cose formano l'attore? Il sacrificio, quali altre qualità? La... La sensibilità...?

Riccardo Cucciolla: 00:43:20 Io purtroppo dovrei dire... purtroppo dovrei dire che un ingrediente importantissimo è la modestia, ma purtroppo a me hanno detto... a me hanno detto: “Stai attento a questa tua modestia, ti tira troppo per la giacca”. Io sono riuscito a crearne... a creare della modestia la dimensione della mia vita, che indubbiamente ha rallentato il corso della mia carriera, non... non ne sono affatto dispiaciuto, però è una forma di presunzione.

Roberto Rossetti: 00:44:03 No, è un suo titolo.

Riccardo Cucciolla: 00:44:05 È una forma di presunzione da parte mia, però, voglio dire... La modestia è un ingrediente indispensabile, perché la modestia comporta, cioè è un freno tale da far pensare. “Ma io voglio fare il personaggio, questo protagonista”. Eh un momento! Calma! Vediamo, sono all'altezza? Vediamo un momentino?”. E... e questo... e questo... questo ti... ti dà la possibilità di... di saper aspettare, ecco. La modestia, il grande amore per questo... per questo lavoro, il grande desiderio di sacrificarsi, che no... che... i ragazzi di oggi... qualche volta - dico qualche volta, che se no si... si incorre nel solito “I ragazzi di oggi non hanno...” invece non è vero, perché ci sono dei ragazzi che sanno sacrificarsi, sanno veramente avere... possedere il senso della proporzione e... e quindi della... dell'aspettativa – eh... io... detto così, in modo... in assoluto sono sempre impedito, perché non so... non so che cosa... che cosa indicare.

Roberto Rossetti: 00:45:19 Certamente. È sempre difficile...

Riccardo Cucciolla: 00:45:22 Che cosa indicare... Così, come quando mi dicono: “Perché non vieni a fare un corso, un... - ecco perché io le ho risposto prima, signora - un corso di recitazione?”. No, non so che cosa insegnare, non lo so. “Perché non viene a insegnare lettura di poesie?”, no, perché il mio è un sistema tutto... che ho conquistato da solo, cioè, veramente in modo naif. Perché, per me, leggere una poesia significa: imparare il contenuto, sapere fino in fondo che cosa vuol dire e poi riproporlo con il massimo della concentrazione e della chiarezza che mi sono fatta... interiormente. Così come io oggi leggo questa poesia in un modo, domani la leggo in un altro modo, sempre secondo questo schema, questa... questa piattaforma di chiarezza che mi sono conquistata, ma non secondo uno stile. Quindi, io non so che cosa insegnare, cosa devo insegnare? Dico, questo io... leggiamo insieme questa poesia, io faccio così oggi e poi domani farò in altro modo. Così come se io ascolto una musica... potrei leggere un verso in un determinato modo, un'altra musica potrebbe indicarmi un altro... un altro sistema, un altro modo, un altro... un altro... come dire, colore di ispirazione. Perché io alle tecniche non credo, non lo so... persino a emettere la voce, dice: “Ma facciamo... impostiamo la voce”, ma parla con l'anima, poi vediamo che cosa succede. Verrà un suono stridulo ma con l'anima lo hai tirato fuori questo suono stridulo.

Intervistatrice: 00:47:18 Questo è già praticamente un insegnamento.

Riccardo Cucciolla: 00:47:22 Signora, io dico quello che ho pensato ecco, quello che ho pensato, quello che ho sempre fatto e questo, ripeto... Quando il direttore stamattina ha cominciato a parlare così, io mi sono sentito veramente, profondissimamente emozionato, perché dico: "Ma che cosa ho da dire dopo... per dopo? È una grossa responsabilità, parlo di me e basta, perché io non posso insegnare nulla". Nessuno di... Io sono profondamente convinto che il padre non può dire al figlio: “Devi fare così perché questa è la vita”. No, non ha il diritto, non può avere questa presunzione, perché la sua vita, che lui ha vissuto, è diversa da quella che sta per intraprendere questa creatura verde, che è suo figlio. Come fa a dire: “La vita dev'essere contornata e... e incanalata in questo modo, perché così soltanto puoi essere felice o puoi non sbagliare”. Ma come si può fare? Chi può avere questa certezza?

Intervistatrice: 00:48:24 Semmai può sensibilizzare il figlio.

Riccardo Cucciolla: 00:48:27 Al massimo, dire: “Io ho fatto così”. Ma, molte volte, mi capita no? Adesso questo è soltanto un episodio della vita, non... non lo so se questo interessi, va beh io la racconto lo stesso, poi magari la tagliarete. Mio figlio sceglie una ragazza, a me non piace, e dico: "Senti figlio mio, non mi piace molto sta ragazza, però tu non me... non... non stare a sentire quello che ti dico io. Perché se tu stai troppo a sentire la mia... come dire... la mia opinione, che, cioè, io non condivido il tuo gusto, tu proprio per... per spirito di bastian contrario, ti intestardisci e vai avanti. Non ti scordare che io ho sposato tua madre proprio per dare torto agli altri, ma sono stato fortunato, perché... perché ho incontrato una donna perfetta, ma per combinazione, ma l'ho fatto a dispetto degli altri. E allora ti può capitare che tu per dispetto degli altri vai ad incontrare una donna che non è giusta. Quindi io ti esprimo il mio giudizio, poi vai avanti, cerca di riflettere sulla cosa, stai attento a non decidere in seguito a quello che ti dicono gli altri, decidi da te, ascolta e poi filtra tutto". Questo è il punto, cioè non... come si fa ad applicare immediatamente la sua... propria opinione nella vita, nel... nell'ambito vitale di... di un altro essere, specialmente verde? E da questo io poi passo... il regista, come fa a dire a un ragazzo: “Tu devi dire questa battuta così”. Ma spiegagliela bene, capiscila bene prima di tutto, vacci attorno a questa battuta, di’ a questo ragazzo perché deve dire questa battuta, che cosa è successo prima, dopo, durante, che cosa succederà dopo. E allora, sicuramente, il ragazzo si librerà da solo, con il suo gusto, la sua personalità, il suo modo di aver fatto tesoro di... di un'opinione e dice: “Sì, questa opinione è giusta”. E magari si fa tesoro di un'opinione, dicendo: “No, non mi sta bene”, ma perlomeno gli ho dato la possibilità di scegliere, di... di... distinguere.

Roberto Rossetti: 00:50:55 Bene, stavamo per farle un'altra domanda, riguardava questa volta ciò che Eduardo De Filippo disse in una - celebre ormai - lezione tenuta a Montalcino, nel 1983, quando parlava... quando parlò appunto di tradizione e di lascito, che si lascia ai giovani, appunto, che si dà ai giorni. Ma lei già ce l'ha detto tutto questo. Questa lezione di Eduardo, lei la... la potrà ascoltare lì, in un disco di questo cofanetto che oggi noi desideriamo appunto offrirle e che con la collaborazione dell'Università di Roma noi facemmo per la parte, appunto, che riguarda Eduardo, l'anno scorso. Ecco, quindi, mi pare che tutta la sua esperienza – un po’, ma non tutta - vorrei ancora invitarla a dire se c'è qualche altra cosa che lei può lasciare... può dire, insomma, ai giovani, più che lasciare, un momento. Perché, quando parlava Eduardo... non sto facendo un paragone, lui era molto anziano naturalmente, lei non lo è affatto. Però ha una... quanto ci ha detto? Ha più di 40 anni di esperienza.

Riccardo Cucciolla: 00:52:13 Il discorso di lasciare non è un discorso che mi turba minimamente, anche se, tutto sommato, appunto, 63 anni non sono un'età proprio di, così, categorica dipartita. Ma, ripeto, non mi... non mi turba minimamente perché io ho avuto la ventura straordinaria e incredibile di sposare - dopo aver perso la madre dei miei figli, nel '71 - di sposare nell'82, una ragazza più giovane di me di trent'anni. È una storia... come dire, una favola straordinaria che io sto vivendo e veramente posso dire, appunto, accingendomi a lasciare... Non si dicono bugie, questa è una cosa che posso lasciare, la mia verità, la mia verità di una straordinaria esperienza che sto vivendo, di un’euforizzante esperienza di un uomo che rivive un'altra carriera... vive un'altra carriera di vita, felice, accanto ad una donna intelligente che mi regala un affetto straordinario, insomma, lusinghiero. Ebbene quando ci siamo... abbiamo deciso di sposarci, io avevo già fatto il discorso: “Ma guarda, ricordati che, tu sai, sei... sei più giovane di mia figlia, eccetera eccetera” e lei mi ha spiegato che la vita va gestita, amministrata, puntando su un'intensità di felicità per cui valga la pena di vivere. E lei dice: "Quanto durerà questa intensa... questa intensa tranche di vi... di vita a me non interessa, io voglio viverla con te". È chiaro che lei si poneva il... il... il pro... non il problema... si poneva la prospettiva di una mia morte che precederà la sua, è chiaro, in linea di massima - se poi il buon Dio vuol fare il dispetto di far morire altre persone prima di me, questo non sta a me, voglio dire – e, alla luce di questa serena prospettiva, io faccio tutti i programmi della nostra vita con una serena visione del futuro. E allora dico: “Ho comprato questa scatola, è bella, è molto bella così tu la ritrovi”, capisci? Ma detto così, con una tale tranquillità senza nessuna emozione, cioè è la prospettiva del... del domani più logico, che ci attende. Quindi, voglio dire, questa... questo discorso del lascito, non mi... non mi turba minimamente. Ripeto, io potrò vivere 5 anni, 20 anni... non lo so, ma non mi... non mi turba, quindi, solo... è la responsabilità di dire: “Lascio”. Allora, bisogna lasciare delle cose giuste.

Riccardo Cucciolla: 00:55:43 Io, parlando della mia vita, lascio questa straordinaria verità: un uomo di 63 anni, accanto ad una donna di 33, vive felice, ugualmente felice, attende un bambino fra qualche mese e... dice, a chi dovesse accingersi a un passo del genere, che è possibile vivere in una dimensione serena, felice, al di là di qualunque titubanza, sospetto. Cioè, esiste un modo di essere felici. Siccome io sono sempre stato un ottimista, malgrado le botte che normalmente, così, un uomo nella vita riceve, sono sempre stato un ottimista e ho sempre detto: “Non bisogna mai smettere di seminare sogni”. Ecco che un sogno io me lo sto vedendo fiorire, sta facendo dei frutti, presto appunto, fra due mesi mi regalerà un frutto. Quanto durerà non ha importanza. Se una determinata signora un giorno mi dovesse dire: “Guarda smetti di sognare perché devo parlarti”, ma noi ci parliamo tranquillamente, questo è il punto. L'essenziale è questa serenità e l'auguro veramente con molto... dato l'impegno di questa mia intervista, lo auguro molto intensamente al maggior numero di uomini possibili e donne possibili, perché è una dimensione che, tutto sommato, una persona che soffre, tutto sommato, si merita. Così come si merita una morte improvvisa e non una morte dopo una lunga malattia perché l'insulto maggiore per un essere umano è il male, la malattia... di morire dopo una lunga malattia, dopo tanti tormenti, mi pare che non gli spetti questo castigo, a meno che non sia una carogna, ma neanche se è una carogna. Non lo so, io penso che sia giusto che una vita si spenga, così come si accende - per miracolo, straordinariamente - dovrebbe spegnersi ugualmente, senza neanche un piccolo vagito, senza neanche un... un... un lamento, pack così. La vita si accende con un vagito e dovrebbe spegnersi senza un suono, emettere un minimo lamento. Io purtroppo ho visto soffrire mia madre, mio padre, la prima mia moglie e mio fratello: l'ho visti soffrire a lungo, e trovo che è ingiusto ed erano quattro brave persone.

Roberto Rossetti: 00:58:40 Ecco, lei più che un messaggio artistico, ci lascia un messaggio umano, caldo, caldissimo. La ringraziamo, la ringraziamo proprio anche abbracciandolo, proprio, come amico e come uomo.