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Guidacci, Margherita - 1984 - Roma

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Trascrizione

Roberto Rossetti: 1:00:00:06 ... no, io volevo dire una cosa, questa iniziativa qui ... Lei sa, conosce, conosceva la Discoteca di Stato?

Margherita Guidacci: 1:00:00:10 La Discoteca di Stato, sì, sì, la conoscevo.

Roberto Rossetti: 1:00:00:13 È una delle poche, eh.

Margherita Guidacci: 1:00:00:14 Purtroppo non la posso frequentare perché, stando lontana, con gli orari che spesso coincidono con quelli...

Eugenia Tantucci: 1:00:00:22 Mi diceva, che riceve sempre i vostri inviti...

Margherita Guidacci: 1:00:00:24 All'università.

Eugenia Tantucci: 1:00:00:25 Anche i tuoi?

Margherita Guidacci: 1:00:00:25 Eh sì, lì ho ricevuti diverse volte, proprio ci ho lasciato il cuore, dicevo alla signora, che hanno fatto dei cicli bellissimi, speriamo qualche volta.

Roberto Rossetti: 1:00:00:33 Ecco, appunto la nostra Discoteca di Stato, c'è tutto un settore - no adesso, appunto - ha tutto un settore delle voci storiche che è orientato in vari settori: musica, teatro, settore demo-antropologico, settore delle voci storiche - certe voci, dal 1903 fino alle più recenti - , c'è tutta una raccolta che almeno per alcuni periodi sono veramente raccolte preziosissime. In questo, appunto, settore delle voci storiche, così, ho pensato di raccogliere del materiale, così, di prima qualità, di ottima qualità, eccetera quindi ho pensato per prima cosa di raccogliere le voci dei poeti. Una raccolta che ormai comincia ad essere abbastanza cospicua, una raccolta grazie...

Eugenia Tantucci: 1:00:01:36 Soprattutto è qualificata, soprattutto.

Roberto Rossetti: 1:00:01:39 Grazie alla Tantucci che è la nostra collaboratrice esterna, e grazie alla signora Antonini, che è la nostra operatrice tecnico-culturale, insomma, perché non è solo una tecnica ma è persona di cultura e di grande esperienza nel campo del teatro. Quindi, ecco, noi abbiamo raccolto finora le voci di Bassani, abbiamo cominciato con Bassani, poi Caproni, poi Attilio Bertolucci e lei è la quarta.

Margherita Guidacci: 1:00:02:12 Quarta tra cotanto seguito, mi sento molto onorata.

Roberto Rossetti: 1:00:02:17 Scelta molto accurata che, così, ha uno scopo - noi come Discoteca di Stato, è chiaro che non possiamo entrare nei clan, nelle battaglie Bellezza contro Lunetta, Lunetta contro Memmo, contro... tutti questi discorsi, lei li sa meglio di me - quindi abbiamo sempre un criterio, una scelta di un criterio di poeti di fama consolidata. Perché è chiaro, questo è un luogo, la Discoteca di Stato, organismo di Stato, che non può entrare nella mischia, se ne deve tener fuori e scegliere, no, questi personaggi ormai di fama chiara, consolidata. Questo è intanto la scelta, che poi si deve misurare anche con delle difficoltà, è chiaro, come lei sa, il fatto di una struttura statale, quando si muove tutta una... Mamma mia.

Margherita Guidacci: 1:00:03:19 Sì, sì.

Roberto Rossetti: 1:00:03:19 Qui siamo molto agili, no, perché, grazie appunto alle persone che operano, per esempio la signora Antonini, è il contrario di quello che può essere un burocrate, una persona, un'impiegata, insomma, così. E' quanto di, proprio di... è tutto l'opposto, ecco, E grazie, appunto, all'entusiasmo di alcune persone, così, noi riusciamo a raccogliere questo. Lo scopo poi fondamentale è questo, di avere realmente una testimonianza, da mantenere per il futuro, per le future generazioni. Quando noi per esempio, andiamo ad ascoltare le voci di un Trilussa - quello che abbiamo - la voce di D'Annunzio, è roba ... poca roba, povera, cioè povera come quantità, ecco, e forse povera anche come, come contenuti, perché i mezzi tecnici hanno a disposizione erano...

Margherita Guidacci: 1:00:04:13 Beh, allora dovevano essere piuttosto scarsi, però hanno sempre un grande fascino, Come i dischi anche di musica - alle volte fanno sentire quei dischi magari, di Tamagno ancora, sfrigolano, soffiano, perché i mezzi tecnici, non c'erano, però hanno un fascino straordinario, uno li sente con grande piacere.

Roberto Rossetti: 1:00:04:38 Certo, è da intenditori ormai o da amatori, voglio dire, insomma perché poi, la realtà... Infatti quando abbiamo preso il ... di Trilussa...

Roberto Rossetti: 1:00:04:48 Certo, no, no, è vero, però ecco, tre minuti e mezzo...

Margherita Guidacci: 1:00:04:54 Peccato, uno rimane con la voglia, come si dice, è un peccato che sia già finito.

Roberto Rossetti: 1:00:05:02 Certo, ecco, le volevo dire anche un'altra cosa, il criterio che noi così seguiamo, dopo aver un po' ragionato, riflettuto, poi è stato quello del massimo possibile di spontaneità. Perché, deve rimanere come documento, tutto così, no complessivo, oltre che la voce della persona, il timbro, la capacità recitativa, eccetera eccetera. Però poi, i contenuti, la recitazione delle proprie poesie, quindi l'interprete, autore e autore interprete di questo. E poi appunto avere questo documento, che non viene utilizzato per scopi commerciali, ma rimane una traccia per gli studiosi per gli amatori del futuro, è poi, così, una base, che è diverso per esempio, da come i criteri e le finalità della Rai, ad esempio, che è quello dell'immediato consumo – quello della RAI -, che fa servizi, impasta, fa leggere e manda in onda. Sì, avranno anch'essi un grande valore, però avranno anche maggiore dinamicità così, il taglio, come resa, però riteniamo che non abbiano la compiutezza di una raccolta fatta così.

Margherita Guidacci: 1:00:06:28 E, certo. Poi credo che sia importante anche per il fatto che si va sempre più verso queste forme di conoscenza e di informazione attraverso i video o l'audio, penso che ad un certo sarà più facile che la gente venga ad ascoltare delle cassette...

Roberto Rossetti: 1:00:06:46 Certo.

Margherita Guidacci: 1:00:06:46 Cioè, che cercare e trovare i libri, insomma che sia un mezzo che entrerà sempre più anche nelle forme di conoscenza.

Roberto Rossetti: 1:00:06:52 Poi ci sarà un'ambizione, quella di realizzare un giorno, spero anche abbastanza presto, un disco, o una serie di dischi, con la poesia italiana, così almeno alcuni autori della poesia italiana. Noi abbiamo anche la possibilità di produrre dischi per la diffusione della cultura e quindi anche...

Margherita Guidacci: 1:00:07:15 Sarebbe una buona idea. Per esempio, la British Council, questo lo fa da molto tempo, con molto successo, ci sono proprio dischi, con poeti che recitano le loro poesie, oppure brani di Shakespeare, recitati da grandi attori, quindi è molto utile questo.

Roberto Rossetti: 1:00:07:37 Ma a noi, quello, quello che a noi interessa fondamentalmente, la cosa immediata è intanto il momento della conservazione, prendere e conservare, poi il momento dell'utilizzazione. Perché, la cosa importante è avere accumulato questo...

Margherita Guidacci: 1:00:07:48 Ma quindi l'utilizzazione viene prevista alla distanza, oppure se mettiamo, a un certo punto, fra sei mesi, un anno, qualcuno avesse la curiosità di sentirle queste cassette, può venire e sentirle?

Roberto Rossetti: 1:00:08:01 Quando la signora avrà sistemato - che poi, qui sa questa registrazione viene fatta così, come viene, poi verrà tutta quanta sistemato professionalmente dalla signora - queste già possono entrare in ascolto dalle cabine. Quindi, già questa, la fruizione, sia pure singola, così omogenea, già può avvenire. Chissà, che poi un giorno, faremo anche delle audizioni - noi abbiamo anche un auditorium qua sotto, con un centinaio di posti - potremo anche fare così, un'audizione aperta alle scuole, questo è ancora. Però noi, prima di poter prendere questa iniziativa, dobbiamo procurarci il materiale, altrimenti ci troviamo...

Margherita Guidacci: 1:00:08:44 Anche per poter scegliere, fare il programma.

Roberto Rossetti: 1:00:08:46 Una linea, creare un po' una linea, insomma, quindi questo è il discorso. Volevo dire anche un'altra cosa, i criteri che si stanno perfezionando, e ancora sono delle raccolte sperimentali, perché, per esempio con Bassani, che è stato il primo, l'abbiamo invitato, lì nell'auditorium, cabina di regia, quindi anche un ambiente ... questo auditorium deserto, freddo, pensavamo che potesse ... invece Bassani è stato...

Eugenia Tantucci: 1:00:09:20 E' stato esemplare. E' stato meno disinvolto Caproni.

Roberto Rossetti: 1:00:09:24 Caproni lo è stato di meno.

Eugenia Tantucci: 1:00:09:24 Si mangiava la simpamina come il caffè.

Roberto Rossetti: 1:00:09:31 Ecco, appunto.

Margherita Guidacci: 1:00:09:31 Eh, mamma mia.

Roberto Rossetti: 1:00:09:31 Insomma è stato così. Poi abbiamo sperimentato quest'altro sistema di farlo qui....

Margherita Guidacci: 1:00:09:36 Qui è molto simpatico, molto bello. poi l'idea che c'è passato il Leopardi, insomma, per un poeta, proprio tira su, l'idea di questo predecessore, quando purtroppo non c'era altri mezzi...

Roberto Rossetti: 1:00:09:50 Quindi, ecco, le volevo dire anche, se per puro caso a un certo punto si stanca non le va più, ritiene che alla fine di questo nostro incontro non abbia esaurito tutto ..., senza nessuna preoccupazione fissiamo un altro incontro, possiamo vederci e continuare così. Perché dico, questa è la cosa importante, che l'autore insomma si gestisca da solo. Bertolucci ad un certo punto lo disse chiaramente: “sono un po' stanco, non mi va più di...”

Eugenia Tantucci: 1:00:10:17 Abbiamo rimandato di una settimana.

Roberto Rossetti: 1:00:10:19 E ha rimandato di una settimana, poi però abbiamo continuato a registrare quindi le sue osservazioni e le sue considerazioni.

Eugenia Tantucci: 1:00:10:24 Sì, tutto quello che diceva...

Roberto Rossetti: 1:00:10:26 Qui, ecco, un'ultima cosa che volevo dire signora, questo chiacchiaerare, appunto cercherà di scegliere un po' tutto, così, i rapporti tra noi, e lei è totalmente libera di dire tutto ciò che ritiene opportuno dire, giudizi, riferimenti. Noi, così, lei ha i suoi brani. Può giustificare ogni singola opera? Può dire cenni di come sono nate?

Margherita Guidacci: 1:00:10:54 Sì, penso di sì, se questa è una cosa, un po' a futura memoria, diciamo, è bene che si dia...

Roberto Rossetti: 1:00:11:00 Qualsiasi riferimento, considerazioni sue personali.

Margherita Guidacci: 1:00:11:02 Notizie, più che altro, proprio così, che servano alle poesie che presento.

Roberto Rossetti: 1:00:11:09 Anche le sue osservazioni, anche estemporanee,

Margherita Guidacci: 1:00:11:11 Pispetto alle poesie.

Roberto Rossetti: 1:00:11:12 Anche estemporanee, non si faccia influenzare, uno strumento così, proprio parli liberamente, perché è una testimonianza, tanto la signora saprà poi mettere a posto, non so, tutte le poesie, messe per ordine, professionalmente così, e poi le sue considerazioni. Che le posso dire? Se lei potesse...

Antonini: 1:00:11:31 Quello rimane sempre uguale. Il discorso che lei fa rimane quello, poi, se vogliamo estrapolare alcune poesie per lasciarle da un'altra parte come poesie, si può anche far questo, ma lo facciamo noi.

Roberto Rossetti: 1:00:11:44 Per esempio la sua ... una “papera”... Senza preoccuparsi ...

Margherita Guidacci: 1:00:11:47 Ma le papere generalmente stanno bene...

Roberto Rossetti: 1:00:11:47 Sì può fermare, però “ricomincio da capo”.

Margherita Guidacci: 1:00:11:50 Quando uno le dice dispiace, ma quando uno le sente, agli altri fanno piuttosto piacere, rallegrano.

Roberto Rossetti: 1:00:12:03 “Non mi piace”, oppure “che le posso dire? No questa poesia non mi piace, non mi va, ne leggo un'altra”. Qualche considerazione, qualche inventiva, tutto ciò che vuole.

Eugenia Tantucci: 1:00:12:10 Tanto si può tagliare e cucire.

Roberto Rossetti: 1:00:12:12 Certo che si può, per quanto riguarda l'ascolto, si può dire anche “questo non desidero che venga trascritto” e lo tagliamo, perché da qui a 100 anni, poi a un certo punto, nemmeno i divieti più degli autori valgono più.

Margherita Guidacci: 1:00:12:26 No, no, allora non vale più nulla.

Roberto Rossetti: 1:00:12:26 Certo, non valgono più nulla, perché di fronte all'esigenza del, così, materiale, del singolo, non conta più nulla.

Margherita Guidacci: 1:00:12:37 Bello però programmare per tra cent'anni. E' una cosa che oggi, in tutto questo mondo provvisorio, non si fa mai. L'idea di che devo dire.

Eugenia Tantucci: 1:00:12:47 ... un senso di fiducia, il senso che allora il mondo continui...

Margherita Guidacci: 1:00:12:53 Il mondo continua, sì, dà un senso di serenità.

Roberto Rossetti: 1:00:12:56 Ecco, l'esempio che avevo fatto - ho fatto anche con Bertolucci e lo ripeto, e lo dico un'altra volta - c'è una frase di Bassani che comincia la lettura e dice "leggo adesso", incespicando un po' perché incespica male a parlare. "Io adesso leggo, alcune mie composizioni apparse recentemente, ripubblicate dice recentemente da Mondadori". “Recentemente”, ma questo avverbio, messo lì, incastrato: lei immagini che cosa significa andare a riascoltare tra cent'anni questo avverbio.

Margherita Guidacci: 1:00:13:42 O si mettono a ridere o gli vengono i brividi, insomma, quando lo sentono.

Roberto Rossetti: 1:00:13:46 Ecco, appunto, che cosa significa questo, appunto di vista considerazione. Lei immagini...

Margherita Guidacci: 1:00:13:51 Li dà il sentimento del tempo.

Roberto Rossetti: 1:00:13:51 Sentire D'Annunzio, ecco, questa è la mia ultima composizione.

Margherita Guidacci: 1:00:13:56 Magari erano 70 anni fa.

Roberto Rossetti: 1:00:13:59 60-70 anni fa, ecco appunto voglio dire, una cosa del genere, immagini questo. Quindi ecco, consideri anche questi particolari. Quindi io penso veramente, il giorno in cui me ne andrò via dalla Discoteca di Stato, se avrò lasciato questo patrimonio, così, sarò veramente felice.

Margherita Guidacci: 1:00:14:17 No, no, sarà proprio bello, sarà un benemerito, per lo meno, per noi poeti, un benemerito.

Eugenia Tantucci: 1:00:14:23 Ecco, io farei una pausa qui.

Roberto Rossetti: 1:00:14:24 Sì.

Margherita Guidacci: 1:00:14:24 Mi pare che lei dicesse che Luzi era già fuori, dall'area ermetica, allora io ho detto, che io ricordo che quando io ho conosciuto la poesia di Luzi, non era fuori dall'area ermetica, aveva appena pubblicato l'Avvento notturno, quindi c'era in pieno. Però mi piaceva tanto la poesia di Luzi, anche se io non sono mai riuscita ad attuare delle regole ermetiche. Però, la poesia di Luzi mi incantava ecco, quel valore incantatorio, proprio lo sentivo a un punto che la poesia più tarda di Luzi, non mi ha dato proprio quel senso così di esaltazione, di inebriarmene, come quella poesia, lì, degli anni giovanili, e non so se questo dipende dal fatto che allora ero tanto giovane, avevo 19 anni, e quindi le cose le sentivo più fortemente, me ne impregnavo di più, oppure se abbia un fondamento oggettivo, veramente se è più notevole la poesia giovanile, di quella ultima. In questo non azzarderei un giudizio perché, certo, le cose della giovinezza rimangono talmente vivide, che forse nella poesia di Luzi di allora, amo la mia giovinezza di quando mi incontrai, non so cosa sarebbe successo se avessi conosciuto l'opera di Luzi tutta insieme e tutta più tardi.

Roberto Rossetti: 1:00:16:08 Quanti anni ha Luzi?

Margherita Guidacci: 1:00:16:11 Dunque, Luzi mi pare che sia del 1914.

Roberto Rossetti: 1:00:16:11 Quindi lei leggeva le poesie di un contemporaneo...

Margherita Guidacci: 1:00:16:11 Sì sì, era giovane, giovane e avevo 19 anni e non aveva neanche i seguiti. E feci una esercitazione su Luzi, sì, feci questa esercitazione, perché De Robertis - se Dio vuole - ci dava delle esercitazioni, sui contemporanei. Allora, era una cosa addirittura scandalosa, con tutti gli altri professori che lo guardavano di traverso, perché ci voleva gente stagionata, classica, vero, prima di potere dare un'esercitazione. Lui molto giustamente invece ci buttava nella mischia, ci diceva “leggete, giudicate, giudicate, così imparate”. E io feci questa esercitazione su Luzi, che mi dette una grande emozione e una gran soddisfazione prepararla. E poi mi laureai su Ungaretti. Anche in quello fui una pioniera, perché le tesi poi, altro che esercitazioni, quelle sì, che bisognava farle su autori del passato allora. Oggi, ormai, con tutta la gente che fa tesi, quasi aspettano che un poeta abbia scodellato qualcosa, per levarglielo di torno e darlo ad uno studente che ci faccia la tesi, ma allora era diverso. Per me, paradossalmente, sono state favorevoli le condizioni avverse, perché per esempio quando insegnavo a Macerata e andavo con il treno, facevo ore e ore e ore di treno - perché poi andare, andare a Macerata è una specie di Transiberiana, per quanto siano soltanto duecento chilometri o poco più, io credo sia più facile andare nell'estremo oriente russo, insomma, una linea quindi, i ritardi... -, ecco, io, in treno, in quei viaggi lì, ho scritto tante poesie. Si può dire, che i libri, alcuni dei libri successivi alla Sabbia e l'angelo - proprio veramente, io li ho pensati, in parte li ho scritti, li ho riordinati mentre ero lì, in treno.

Roberto Rossetti: 1:00:18:12 Ci sono degli esempi, ormai passati alla storia, Gershwin ha composto la sua Rapsodia in blu in treno, no, facendo appunto il pendolare... il romanzo Ferrovia locale... quindi ci sono delle tradizioni...

Margherita Guidacci: 1:00:18:33 Tant'è vero che volevo anche scrivere una poesia....

Eugenia Tantucci: 1:00:18:33 ... La poesia, questo rigurgito di poesia....

Roberto Rossetti: 1:00:18:36 Ma no, io volevo chiedere... A parte, non so cosa intendi dire con il “rigurgito della poesia”, perché...

Eugenia Tantucci: 1:00:18:41 Adesso, questo ritorno della poesia, nascono continuamente dei movimenti di quelli che.... Volevo sapere, da Margherita Guidacci, se lei ritiene, che effettivamente, diciamo, questo ritorno a una rivalutazione della poesia abbia una possibilità anche di aggancio, con quelli che sono i contenuti per esempio della scuola, la cultura dei giovani, non so.

Margherita Guidacci: 1:00:19:06 Ma non so, dipende da come è questa poesia, perché sinceramente non so poi quanto di quello che si produce, per esempio tutte le cose sperimentali, quanto possano dire ai giovani, mi sembrano piuttosto dei giochi. Magari ne imparano bene le regole e ne possano fare anche loro altrettanti di queste poesie. Ma proprio per quella che potrebbe essere una educazione alla poesia, non so fino a che punto possano valere. Io poi sono stata sempre fuori dai movimenti - appunto c'era l'ermetismo e io facevo cose non ermetiche, c'è stato lo sperimentalismo e io ritornavo agli endecasillabi e ai settenari -, quindi, non sono mai stata una compagna di viaggio, ecco, di questi, di questi gruppi, di queste specie che mi sembrano un po' una specie di viaggi organizzati nella poesia. Perché, in un certo momento si va tutti in una certa direzione, poi no, quella non va più bene, allora via, tutti in un'altra. Io tante volte, penso, mi diverto a pensare, che questi sperimentalisti, che oggi scrivono tutti in una certa maniera e disprezzano il passato, in realtà, se fossero vissuti nel Settecento sicuramente avrebbero fatto tutti le strofette metastasiane, perché è una forma di conformismo quella che hanno oggi. Quindi non li autorizza per niente a disprezzare i conformismi del passato, dovrebbero sentirsi continuatori. Insomma, quindi, non saprei dire, perché per me è appunto un'esperienza non fatta in prima persona. Io poi, se non riesco a mettermi al posto degli altri, non riesco neanche a giudicare, - proprio la critica dall'esterno, dovrebbe essere una condizione invece ottima per la critica -, ma invece io, se non riesco in qualche modo a trasferirmi dentro quello che devo giudicare, non riesco neanche a giudicare.

Roberto Rossetti: 1:00:21:16 Ecco, io volevo chiederle così, nella storia della letteratura - quando studiavo al liceo, poi c'era sempre al termine, il cenno biografico dell'autore, poi c'era sempre scritto la fortuna dell'autore o la fortuna dell'opera. Ora io vorrei porre un poco la stessa domanda a lei: la fortuna della sua opera. Cioè, intendendo come... per “fortuna dell'opera” non evidentemente il numero delle copie vendute, non i premi vinti, non i riconoscimenti ufficiali così, ma ritenendo per “fortuna” l'impatto con la società dei lettori. Quindi intendendo, società dei lettori, se questa società è una società ristretta, se lei ha contribuito ad allargare...

Margherita Guidacci: 1:00:22:26 Ah, la mia...

Roberto Rossetti: 1:00:22:26 ... questa società di lettori, cioè se un fatto così, di élite, elitaria - la sua poesia, intendevo - se è un fatto elitario, c'è da dire, riservato soltanto... perché come... Estremamente la sua poesia, è estremamente così elegante, così raffinata, e non come la poesia a volte facile dell'attuale così, di un impatto immediato, emotivo, eccetera, eccetera, che ha anche un successo facile. Castel Porziano, perché l'occhio generalmente lì....

Margherita Guidacci: 1:00:23:01 Lì diventa spettacolo, in realtà, lì va nei campi dello spettacolo.

Roberto Rossetti: 1:00:23:07 Sì, poi la sera, la notte, il mare vicino, gente che beve, cose di questo genere, quindi quelle emozioni che poi sono appunto dell'effimero, delle emozioni effimere. Ecco, le volevo chiedere se la sua poesia, cioè, in una formula, dopo aver detto tutto questo, se la sua poesia la ritiene come una poesia per elité, elitaria, la sua poesia, oppure se ritiene che non lo sia...

Margherita Guidacci: 1:00:23:31 Io ritengo che non sia elitaria, perché quelli che sono venuti in contatto l'hanno capita generalmente, l'hanno capita, l'hanno accettata anche nelle scuole, le poche volte che sono andata. Veramente si è stabilita una grande comunicazione con i ragazzi, anche dalle domande che facevano dopo, che erano domande molto intelligenti, generalmente. Partivano però da una comprensione, una comprensione sicura, non mi sono mai accorta che avessero frainteso o preso una cosa per un'altra. Quindi, penso che potenzialmente la mia sia una poesia che potrebbe anche essere letta da tutti, insomma, non da un'élite. Ma il fatto, non è così, intrinsecamente, la capacità o no di comunicare, la difficoltà viene poi dalla mancanza di diffusione. Perché la poesia la pubblicano editori piccoli, non hanno i mezzi di diffonderla, quindi poi si diffonde così un po' avventurosamente, non con le vie maestre della diffusione che ha invece la narrativa o che hanno comunque le grosse case editrici, che però la poesia la considerano sempre un po' la Cenerentola anche loro. Alle volte poi ci sono delle sorprese strane: salta fuori della gente che ha letto delle poesie, ha provato un libro, non si sa come, per esempio in Neurosuite, quel libro di cui ho letto ora, è andato a finire al Beaubourg, a Parigi. A me ha scritto una volta un francese, così, si è messo in comunicazione con me, ha tradotto anche delle mie poesie, e dico, dove lo ha trovato? Al Beaubourg, al centro Pompidou, e come ci sarà arrivato? Mistero, ci è arrivato. E così, succedono alle volte questi misteri, questi miracoli.

Eugenia Tantucci: 1:00:25:46 Margherita Guidacci, è nata a Firenze, il 25 aprile 1921 e nella città natale ha compiuto gli studi universitari laureandosi con Giuseppe De Robertis, discutendo una tesi sulla poesia di Ungaretti. Era il periodo in cui si affermava l'ermetismo poetico italiano, e il decollo della poesia di Margherita Guidacci avviene nel 1946 con la raccolta "La sabbia e l'angelo" edita da Vallecchi. Dice Alberto Frattini: “in quelle liriche, lievita un sottofondo di contemplazione metafisica, una tensione alla preghiera che si esprime in sordina in un quieto inseguirsi, rispondersi di immagini e simboli di vari capi tra i due poli, della sabbia, figura di abiezione e disgregazione dell'essere umano e dell'angelo, termine di relazione tra uomo e Dio.”. La sabbia e 'angelo, proprio per la sua estrazione esistenziale, fuori da ogni proposito sperimentale o tecnico formale ha una grande importanza nella poesia del Novecento italiano. La Guidacci, nella premessa alle sue poesie - inclusa nell'antologia di Giacinto Spagnoletti - Poesie italiane contemporanee, del 1959, dice: “avevo capito che la mia ricerca qualunque potesse essere la sua portata e il suo approdo avrebbe dovuto svolgersi in un accostamento drammatico di significati, anziché in un accostamento magico di suoni", indicazione questa utile per intendere gli sviluppi della sua poesia, nella quale è evidente l'intento di affrancarsi dal condizionamento della parola assoluta. Nell'inchiesta sulla poesia italiana d'oggi, promossa dalla rivista Poesia nuova, nel 1955, osservava ancora che la parola deve essere considerata uno strumento di comunicazione e non di incantesimo. La sua tesi era avvalorata dall'orientamento di poeti significativi, del periodo fra il 1945 e il '55, come Govoni, Ungaretti, Quasimodo, Vigolo, Caproni. Nell'oratorio Morte del ricco, pubblicato nel '55, la Guidacci si ispira alla parabola del Vangelo di San Luca, in cui si narra la storia di Lazzaro, povero e affamato, e del ricco Epulone che lo respinge, ma la morte li coglie entrambi e il ricco, dalla pena rovente dell'Inferno inutilmente chiede che Lazzaro dal Paradiso lo soccorra con il refrigerio di una goccia d'acqua. Se in La sabbia e l'angelo, l'idea della morte si configura come un lievito di comunione, rappresi in malinconia e saggezza, qui si traspone in segno di contraddizione, elemento di giustizia, nella quale i nodi della tragedia umana e sociale di ogni tempo si risolvono in una simbologia di fondo escatologico. Secondo alcuni critici vi è uno iato tra il tono sostenuto di estrazione biblica e il tono più dimesso appropriato a una dimensione quotidiana dell'esistenza. Ma la critica è d'accordo nel riconoscere che mai l'autrice nell'uso delle risorse tecniche, trasmoda nell'autocompiacimento formale, nella ricerca dell'effetto. Una conferma della vocazione anti decadente e anti frammentistica della Guidacci è evidente nei due poemetti pubblicati nel 1957, Pensieri in riva al mare e Giorno dei santi, nei quali, la vena poetica, sempre sollecitata dalla meditazione e dall'introspezione, si esprime in un libero gioco della fantasia. Nel primo poemetto Pensieri in riva al mare la matrice vera è soprattutto nella penetrante ricerca di motivi autobiografici ed esistenziali, resa efficace dalla struttura sintattica e metrica, con prevalenza di endecasillabi alternati a settenari e talvolta quinari. In un discorso che riassume sempre i temi di fondo, la vita e il mistero, la storia e l'eterno, il presente e la speranza. Il mare diviene simbolo dei grandi motivi esistenziali e religiosi d'un tempo, che si rifanno al perenne mutare delle cose e delle creature, all'inutilità delle feroci e assurde lotte umane, cui segue la quiete di civiltà spente, il rifiorire della vita, il silenzio della morte. Maggiore è l'intensità di ideazione e di scavo nel poemetto Giorno dei santi, che in otto momenti, esprime la forza di trasposizioni emblematiche del paesaggio esterno: pioggia, fango, grigiore di novembre, nella disposizione dell'animo tristezza, senso dell'ineluttabile nei versi, la tensione si risolve nella coscienza di una realtà e di un destino comune, che col verso incisivo e duttile e aperto alla vibrazione eloquente, alla comunicazione, senza i rischi di una rifinitura neoclassica nel prevalente endecasillabo. Paglia e polvere, del 1961, non è una raccolta di liriche nuove, quanto piuttosto un insieme di liriche anteriori alle precedenti raccolte, come prime 1939-40, che ci riportano agli anni giovanili, mentre le poche poesie composte successivamente a Giorno dei santi sono comprese nelle sezioni Varie, 1955-60, Le ceneri, L'eclissi, 1961. Una raccolta quindi diacronicamente discontinua e varia ma importante, per il grafico non solo esistenziale - come suggerisce l'autrice - ma anche tecnico espressivo. Nel 1965 con Poesie, che raccolgono le tre opere di maggior rilievo, La Sabbia e l'angelo, Morte del Ricco, Giorno dei Santi, la Guidacci offre la possibilità di riconsiderare organicamente la sua esperienza poetica, poco sensibile agli inizi, alle suggestioni dell' ermetismo, quanto all'impegno ideologico e sperimentalistico. Nel 1970 l'autrice pubblica una raccolta Un cammino incerto, nel Lussemburgo, con traduzioni francesi a fronte di Arthur Praillet. In esse si configura un'esperienza caratterizzata da assillanti inquietudini esistenziali, che trovano conforto in un'ansia religiosa di verità di assoluto. È del 1970 l'opera Neurosuite, importante sia per la drammatica testimonianza sulla condizione angosciosa dei malati di mente, sia per la plastica forza espressiva, la sua sensibilità all'ascolto, l'incisività di trasposizione simbolica in cui tale testimonianza si realizza. Qui sono presenti tutti i nodi irrisolti dell'animo umano, l'io parlante, il soggetto che si pone sul piano delle impersonalità, si immedesima nell'altro, ne compatisce il tragico smarrimento. E' una poesia chiave perché offre significativi esempi di un linguaggio che attua con intenso realismo la trasposizione analogica in modi non letterariamente ricercati, ma forti e suggestivi, un'opera di provocante modernità, animata dalla rivendicazione dei diritti dell'animo umano come dignità, libertà e che trova nella figura del poeta il suo emblema. Il sostrato etico religioso si riconferma nella raccolta "Terra senza orologi" nella quale, con un linguaggio rapido, ellittico di taglio drammatico, l'esistenza è vista come nodo e riflesso della misteriosa realtà totale dell'essere. Tornano i motivi della giovinezza, ripensata con disincanto, del mito di una terra affrancata da contraddizioni e di inganni, al fervido anelito all'ascolto del cuore dell'altro, murati nelle parole, alla pietà, per la creatura ferita dal cataclisma, dopo il terremoto, alla nostalgia del divino approdo dopo l'avventura del nostro viaggio nel mondo a Podreic. Nel 1976 esce "Il Taccuino Slavo", nella raccolta "Il vuoto e le forme", del 1977, Margherita Guidaci sviluppa il nucleo originario della sua poetica, vedendo cioè nella poesia un atto di vita, un traguardo di verità, dove la fede nell'assoluto, prevale sulla coscienza dell'effimero dell'esistenza. Della poesia di Margherita Guidacci si è occupata la critica con Caproni, Frattini, Marabini, Manacorda, (Rammatz), Colucci, Barberi Squarotti, che le riconoscono, nell'apparente trasparenza, una realtà ardua e complessa, proprio per la semplicità con cui esprime gli interrogativi più alti che l'uomo si pone sulle ragioni e il senso della realtà nel suo divenire, sulla misura della vita e del destino. Nel 1980 ha pubblicato" L'altare di Isenheim", con l'editore Rusconi, Milano. Nel 1981, "L'orologio di Bologna", editore Città di Vita, Firenze. Nel 1983, “Inno alla Gioia”, editore Nardini, Firenze. Nel 1984 "La Via Crucis dell'Umanità", fatta per i bassorilievi di Leonardo Rosito. Importanti riconoscimenti le sono stati attribuiti in Italia e all'estero, il primo dei quali, nel 1948 ex aequo con Sandro Penna, premio Le Grazie. Seguono il Premio Carducci, il Cervia, il Ceppo, il Lerici, il Gabicce, lo Scanno, il Vienna, il Tagliacozzo. È conosciuta e apprezzata anche per i suoi saggi critici e traduzioni, specialmente di poesie, rivolti in prevalenza alla letteratura inglese e americana. Attualmente è titolare della cattedra di letteratura inglese presso l'Istituto Universitario di Magistero Maria Assunta di Roma. Eugenia Santucci, 24 maggio 1984, Discoteca di Stato.

Margherita Guidacci: 1:00:37:46 Penso che forse, per prima cosa, dovrei dire qual è stato il mio rapporto con la poesia, che è stato un rapporto molto antico in quanto, fin dove arriva la mia memoria, le parole mi hanno sempre molto interessata. Però, la coscienza di volere essere poeta e forse anche di poterlo essere, l'ho avuta quando avevo diciott'anni e infatti le mie prime poesie, le mie prime poesie poi raccolte, ,appartengono al 1939. E la prima ecco, leggerò così a titolo indicativo, la prima che scrissi allora e che mi dette appunto, questa sensazione di volere essere un poeta. Nel '39 era appena iniziata la guerra e questa fu una poesia che scrissi quando la Polonia cadde sotto il martellamento congiunto della Germania e della Russia. E' intitolata "Canto di Prigionieri Polacchi" e io immaginavo che esprimesse sentimenti, così, di un gruppo di deportati.

Margherita Guidacci: 1:00:39:03 Canto di prigionieri polacchi

Margherita Guidacci: 1:00:39:06 O desolate anime, avanti! / Si specchiò nel fossato lungo l'ignota via / una nuvola rossa: l'acqua fiorì di sangue. / Ogni segno terrestre - una fiamma, una zolla, / un'alba - è avvelenato da ciò che noi vedemmo. / Pregate pei compagni della palude: / i vermi si annidarono nel cavo delle occhiaie, / le carni ròse son come foglie morte. / Altri riposano lungo le nude strade; / altri nei boschi, o dove i canneti frusciando / rendono un suono come di flauti. / Li dissecca il sole, poi la fredda pietà delle stelle / illumina la notte dei corpi. / Ma per noi nella chiostra delle montagne ostili / resta il tempo, stillicidio che misuriamo bramosi, / e la vita come un groppo alla gola, / e il ricordo che strazia più di catena, / o terra perduta! // Urta il naufrago sguardo ai picchi biancheggianti / come denti di fiere. Essi ci inviano gli immondi / vènti, che sulle guance con ali di cicogna / impaurita sbattono. Il nostro pure è stormo / d'uccelli migratori. Oh, un attimo di contatto / con te, patria, un attimo perché il sogno / varchi, trascenda! / Palpita lo sfibrato cuore, / avido aperto solco per una semenza d'illusione / impossibile. E tu dilegui nella lontananza, / di qua non resta che una nube ardente / sulla docilità dell'acqua. / Fra noi e te cupa muraglia stanno / i duri volti dei vincitori.

Margherita Guidacci: 1:00:41:02 Poi, sempre prima dell'inizio, diciamo, sempre nella mia preistoria, scrissi anche una poesia a cui pure sono ancora molto affezionata perché presentava un simbolo a me molto caro, il simbolo della conchiglia. Tutto ciò che è legato al mare ha avuto molta importanza per me e quindi leggo anche La Conchiglia per passare poi a cose, diciamo, che fanno più parte della mia storia.

Margherita Guidacci: 1:00:41:37 La conchiglia.

Margherita Guidacci: 1:00:41:39 Non a te appartengo, sebbene nel cavo / della tua mano ora riposi, viandante, / né alla sabbia da cui mi raccogliesti / e dove giacqui lungamente, prima / che al tuo sguardo si offrisse la mia forma mirabile. / Io compagna d'agili pesci e d'alghe / ebbi vita dal grembo delle libere onde. / E non odio né oblio ma l'amara tempesta me ne divise. / Perciò si duole in me l'antica patria e rimormora / assiduamente e ne sospira la mia anima marina, / mentre tu reggi il mio segreto sulla tua palma / e stupito vi pieghi il tuo orecchio straniero.

Margherita Guidacci: 1:00:42:25 Ma è proprio l'inizio, diciamo, in qualche modo, il debutto letterario, cioè la prima volta che pubblicai un libro fu nel '46, quando Vallecchi mi pubblicò "La Sabbia e l'angelo" che era un libro nato in maniera rapidissima - in circa tre settimane appunto, tra la fine del '45 e l'inizio del '46 e che era un libro di comunione con i morti, proprio un libro in cui tutta l'ansia, tutta la pena, il dolore di tante morti, in tante tante forme, tante tante maniere, che tutti avevamo visto, subito, temuto durante la guerra affiorava e cercava uno sfogo, quasi una pacificazione. E questo libro era diviso in tre parti e alcune erano molto brevi, quasi delle massime, che io avevo intitolato "Meditazioni e sentenze", altre un pochino più lunghe e leggerò un po' di esempi da queste tre parti. Erano dei versi molto lunghi, ma per poesie molto brevi, cioè di pochissimi versi ciascuna, quindi graficamente erano proprio l'opposto di quello che usava allora. Perché allora usava quella specie di sgocciolatura sulla pagina, un po' così, derivata da Ungaretti, ecco, una parola per rigo e io invece facevo pochissimi righi e pieni come uova, e quindi, ecco, ne leggo alcune.

Margherita Guidacci: 1:00:44:19 La prima.

Margherita Guidacci: 1:00:44:20 Chi grida sull'alto spartiacque è udito da entrambe le valli. / Perciò la voce dei poeti intendono i viventi ed i morti. 1:00:44:30

Margherita Guidacci: 1:00:44:32 Due.

Margherita Guidacci: 1:00:44:33 Il primo banchetto è d'amore. Sugli avanzi d'amore banchetta la febbre. / Infine i vermi, dita sicure della morte, ci spogliano ed aprono / fino allo scheletro lucente.

Margherita Guidacci: 1:00:44:48 Tre.

Margherita Guidacci: 1:00:44:49 Tutta la luce ch'è nell'uomo va incontro all'ultima luce. / Nella luce si consuma l'incontro fra l'attesa dell'uomo e l'eterno.

Margherita Guidacci: 1:00:45:01 Altre, come dicevo, erano un po' più lunghe, ecco queste sono proprio così come massime, come aforismi. Alcune erano già come piccole liriche, brevi liriche, per esempio questa.

Margherita Guidacci: 1:00:45:17 Fatti noi quasi di sovrapposte lamine, ogni passante qualcosa a noi rapisce. L'immagine fanciulla serbata dai primi compagni che da te si staccarono o quella che nel cuore racchiuse l'adolescente amata da cui poi ti divise l'inquieto destino. Così assottigliati giungiamo alla fine. Quanti lembi di vita perdemmo? Quante volte scomposto il nostro viso ci apparve nelle turbate acque? E perché temiamo la morte? Da molto tempo, amore, noi siamo noi stessi disgiunti e separate fino alle nostre ossa.

Margherita Guidacci: 1:00:46:02 Dodici.

Margherita Guidacci: 1:00:46:03 Mirabili amicizie intessono i giovani morti / con i segnati di morte prima che sia colmo e declini / il loro giorno terreno. Non osservasti la luce / negli occhi di giovinetta cui la vita celatamente sfuggiva? “Presagio d'amore” tu quella errando chiamavi, ed il misterioso sorriso. / Ma dopo l'evento sapesti che non presagio, anzi già un'amorosa certezza / ella così velava, e risposta all'Invisibile / che a lei dinanzi, attraverso la nebbia, apriva segretamente il cammino.

Margherita Guidacci: 1:00:46:46 Ventitre.

Margherita Guidacci: 1:00:46:47 L'uno nell'altro. Da noi stessi risoluti uscendo, spezzando / il confine. Non per il possesso (ché nulla mai possediamo, così rapida la nebbia / consuma tutto verso cui ansiosi tendemmo la mano), / ma perché, di là da noi sentissimo, nel cuore che al nostro risponde, / la comunione delle acque e delle brezze, / ed il balzo di fiamma, la libertà che i cieli dilata. / Così all'amato offriamo, dall'amato prendiamo segreta morte.

Margherita Guidacci: 1:00:47:28 Venticinque.

Margherita Guidacci: 1:00:47:31 Non fuori di te la distanza. Ma in te improvvisi si scavano / abissi, e torrenti si gonfiano, minuto da minuto / amaramente staccando; in te, s'aprono / gli aridi cieli ove ogni grido s'annulla. / Tu sai che allora le mani mentiscono, sull'ombra fingendo di chiudersi / quasi il distacco ignorassero, e alle labbra fallisce il sorriso; / negli occhi, invano repressa, trabocca la tua solitudine / e la vertigine di silenzio.

Margherita Guidacci: 1:00:48:08 La seconda parte comprendeva degli epitaffi, otto epitaffi, che cominciarono così: una bella notte io sognai di tradurre, con grande fatica, dal greco antico, più precisamente dal dialetto ionico, l'epitaffio di una giovane donna. Quando mi svegliavo me lo ricordavo perché appunto avevo durato tanta fatica in sogno, “bisogna tradurlo” e così lo scrissi, e quello fu l'epitaffio di Aikes. E allora, poi “bisogna dargli compagnia”, così pensai ad altri epitaffi, mi venne, feci questo piccolo gruppo, ecco l'epitaffio di Aikes.

Margherita Guidacci: 1:00:48:52 Mi chiamo Aikes, in un antico tempo vissuta, / ed amavo la primavera terrestre. Spesso vagai con i giovani su prati colmi di Luna, / e uniti ci stendemmo su caldi mucchi di fieno.

Margherita Guidacci: 1:00:49:10 Ne leggo un altro: Epitaffio di ignoto.

Margherita Guidacci: 1:00:49:13 Ciò che l'albero presso la mia tomba sa, / unito con le radici alle sorgenti e con le fronde alla brezza, / cerca tu pure di penetrare, o viandante, qui tutta la saggezza della vita e della morte.

Margherita Guidacci: 1:00:49:32 Vengo alla terza parte, che è quella che dà il titolo - sono ancora cinque brevi poesie, ma un pochino più lunghe comunque delle precedenti e che formano una suite - ma io leggerò soltanto le prime tre.

Margherita Guidacci: 1:00:49:48 Prima.

Margherita Guidacci: 1:00:49:50. Non occorrevano i templi in rovina sul limitare di deserti, / con le colonne mozze e le gradinate che in nessun luogo conducono; / né i relitti insabbiati, le ossa biancheggianti lungo il mare; / e nemmeno la violenza del fuoco contro i nostri campi e le case. / Bastava che l'ombra sorgesse dall'angolo più quieto della stanza, / o vegliasse dietro la nostra porta socchiusa - la fine pioggia ai vetri, un pezzo di latta che gemesse nel vento: / noi sapevamo già di appartenere alla morte.

Margherita Guidacci: 1:00:50:31 [Secondo.] Se vuoi lasciare la tua impronta, o uomo, scalfisci piuttosto la sabbia, / perché la più alta torre diverrà sabbia, alla fine. / Scrivi il tuo nome sul lido deserto, e prega il mare che presto lo copra di lamento: / perché tu stesso sei sabbia, sei la morte, che dopo di te rimane.

Margherita Guidacci: 1:00:50:55 [Terzo] Ogni volta che dicemmo addio; / ogni volta che verso la fanciullezza ci volgemmo, alle nostre spalle caduta, / (tremando l'anima al suo lungo lamento); / ogni volta che dall'amato ci staccammo nel freddo chiarore dell'alba; / ogni volta che vedemmo su morti occhi l'enigma di chiudersi; / o anche quando semplicemente ascoltavamo il vento nelle strade deserte, / e guardavamo l'autunno trascorrere sulla collina, / stava l'angelo al nostro fianco e ci consumava.

Margherita Guidacci: 1:00:51:33 Dopo "La sabbia e l'angelo" ci fu un lungo intervallo, perché non scrissi un nuovo libro fino al '51, fu "Morte del ricco", che però fu pubblicato solo nel 1955. E comunque, a parte "Morte del Ricco", che venne come dico parecchi anni dopo, nell'intervallo non avevo scritto molte cose, quelle poche sono poi andate riunite in "Paglia e polvere", che è stato un libro così, fatto dopo, raccogliendo un po' di materiale disperso. Di questo periodo ecco, però mi piace di ricordare una serie di cinque brevi poesie intitolate "Consigli a un Giovane Poeta" che costituirono la mia poetica, ecco, in quel momento avevo un po' preso coscienza di quello che per me era la poesia, che era poi un programma tanto etico quanto estetico, ecco, - direi che le due cose per me andavano assolutamente insieme - e mi piace ricordarlo perché non solo esprimeva quel che avevo fatto fino ad allora e poi del resto era ben poco, ma rispetta anche quello che ho fatto dopo, ecco, una delle poche volte che mi fa piacere ricordare, è di essere stata molto coerente e fedele appunto a questi principi di poetica che avevo buttato giù allora nel '48, quindi a 27 anni.

Margherita Guidacci: 1:00:53:10 Primo.

Margherita Guidacci: 1:00:53:11 Meglio scrivere un libro importante nel deserto, / dirgli “sei frutto del deserto, qui sei nato, e qui rimani, / solo le pietre e il vento ti avranno conosciuto”, / che diventare celebri per equivoco.

Margherita Guidacci: 1:00:53:27 Due.

Margherita Guidacci: 1:00:53:28 Il poeta che non è pronto a ignorare quel che si dice di lui / come la brezza ignora quel ch'egli stesso ne dice; / il poeta che non ha mai contemplato chi lo loda o lo biasima / col calmo stupore di una rosa occupata nei suoi pensieri di rosa; / il poeta che non ha mai somigliato a una sorgente / che dal profondo soltanto deriva il suo riso e le lacrime, / perché non si è messo piuttosto un berretto di piume di gallo, / non regge un uovo sul naso e non danza sui bicchieri? / Ci sono tanti modi innocui di attirare la gente!

Margherita Guidacci: 1:00:54:02 Tre.

Margherita Guidacci: 1:00:54:03 Mio Dio salvami dalla parola condotta in parata come un vitello / nel giorno di fiera; / con fiocchi rossi alla coda e una ghirlanda che di traverso gli / scende sui grandi occhi tristi, fra la ressa dei villani e / le grida dei sensali.

Margherita Guidacci: 1:00:54:21 Quattro.

Margherita Guidacci: 1:00:54:22 Libera il tuo cuore ed ascolta, perché non v'è altro da fare, / e quando hai ascoltato, dimentica più che puoi, se sei saggio, / ciò che non puoi dimenticare, ridillo: in che modo non importa. / L'arpa dei serafini, il mugghio del toro in amore, / il gemito della colomba, il solitario vento notturno, / la campana ed il tuono son tutte voci accettabili. / Non preoccuparti della scelta perché al momento troverai le parole, / né della gloria: è solo un fischio rotto - / e detto questo non vi è molto da aggiungere.

Margherita Guidacci: 1:00:54:58 Cinque.

Margherita Guidacci: 1:00:54:59 Come allodola, che lancia il suo trillo alto nel sole, / e uno dice “è un miracolo”, un altro “non è proprio nulla”, / e un terzo non si domanda neppure cos'è; / obbedisci all'azzurro, dimentico di chi ciancia presso il tuo nido / di terra: / l'azzurro e chi è sopra l'azzurro sanno bene perché ti hanno / chiamato.

Margherita Guidacci: 1:00:55:23 Nel '55 uscì "Morte del ricco" che è un libro di poesia semi drammatica, io infatti lo chiamai un oratorio, in quanto commenta la parabola, la parabola del ricco, quella riportata da San Luca. Però non c'è una vera e propria azione, sono tutti personaggi messi lì frontalmente. Per me ha avuto importanza però, siccome fu una poesia unica, quindi che vale nel suo insieme, che richiederebbe una lettura a più voci, preferisco saltarla e passare invece direttamente al "Giorno dei Santi". "Giorno dei santi", che segnò per me una svolta, almeno una leggera svolta in due sensi: uno dal lato formale, perché fino ad allora avevo usato versi, piuttosto simili a versetti biblici. Invece in "Giorno dei Santi" e l'altro poemetto compreso nella stessa raccolta tornai a mezzi più tradizionali, endecasillabi, settenari appunto, quindi una svolta in direzione classica, poi anche un'altra svolta in direzione più intimista, diciamo, perché, mentre "La Sabbia e l'Angelo", era stata così molto impersonale, quasi oracolare, e poi in “Morte del ricco” mi ero immedesimata via via con i vari personaggi - in uno dei quali ero io stessa -, invece, in "Giorno dei santi" e in "Pensieri in riva al Mare" appaio più in prima persona. Prenderò una parte, appunto, molto personale, di "Giorno dei santi", che è la parte in cui mi descrivo, mentre allattavo la mia bambina - avevo avuto la mia figlia, mia figlia era nata in ottobre, il giorno dei santi, quindi era proprio piccinina e io l'avevo al petto -.

Margherita Guidacci: 1:00:57:54 La parte sesta di questo poemetto.

Margherita Guidacci: 1:00:58:00 Molte volte Novembre è ritornato / nella mia vita, e questo che oggi ha inizio / non è il peggiore: quieto / benché non privo di apprensioni. China / mi trova su una culla, dove l'ultima / mia nata dorme il misterioso / profondo sonno dell'infanzia, ancora / ospite più che cittadina in questo / nostro mondo per lei straniero. Sento / la dolce ondata del latte salirmi / al seno: tenerezza / che di sé gonfia tutte le mie fibre, / dilata i miei confini. Qui lo stanco / sangue si rifà puro a una segreta / sorgente, si rifà vergine e può / calmare la sete di vergini labbra. / Il mio corpo è strumento di miracolo / come già fu nel dare vita. Il seno / è la collina favolosa, scorrono / i fiumi di abbondanza in un'età / d'oro, che segnerà / per la creatura ignara il più profondo / alveo della memoria, a cui più tardi / ritornerà nel sogno o nel dolore... / Per lei intatta è l'immagine; per me / che sono occasione, la scolora già il tempo, amaramente. E'forse l'ultima / volta che ho un figlio al seno, poiché incalzano / gli anni ad inaridire la mia linfa. Oggi sono / ancora un vivo albero, frusciante / di foglie, benedetto / di succhi, ma in cammino è la stagione / spoglia, che su di me si chiuderà. / Tanto più dolce è questa sosta, prima / ch'io stessa sia l'autunno: pure un'ombra di presagio la vela e di paura. / Il passato si estende alle mie spalle / come una lunga via. So del futuro / solo una cosa: che difficilmente / potrà uguagliare per me la durata / del tempo ch'è trascorso.

Margherita Guidacci: 2:00:00:06 Dopo "Giorno dei santi" pubblicai "Un cammino incerto", in edizione bilingue, in Lussemburgo e, soprattutto, nello stesso anno, pubblicai "Neurosuite" che è probabilmente, a tutt'oggi, il mio libro migliore - io veramente sono altrettanto affezionata al "La sabbia e l'angelo" e al "L'inno alla gioia" però, può darsi, che effettivamente Neurosuite abbia un significato maggiore - perciò, da Neurosuite sceglierò con una certa abbondanza.

Margherita Guidacci: 2:00:00:51 Il filo di "Neurosuite" è quello di una giornata, una giornata appunto di un ricoverato in una clinica psichiatrica.

Margherita Guidacci: 2:00:01:05 Clinica neurologica.

Margherita Guidacci: 2:00:01:07 Qui giunto molte cose o pellegrino / puoi domandarti ma una sola importa: / è l’ultima casa dei vivi / o la prima dei morti?

Margherita Guidacci: 2:00:01:19 Sala d'attesa.

Margherita Guidacci: 2:00:01:21 In fondo ai loro occhi / si accendono fiammelle di terrore / o si stende una fredda / e rassegnata nebbia. // I loro pensieri si srotolano / come bende sfrangiate ed infette / (acre il sentore, / appiccicoso il tatto, / fa ribrezzo tentare / di rimetterle a posto.) // Per tenere a distanza il dolore / (come se ormai non lo portassero in sé!) / giocano con un soprammobile, / guardano i quadri alle pareti, / prendono un rotocalco e si concentrano / sforzandosi di credere che tutto il mondo si regga / su qualche nuova marca di rossetto / o sul punteggio di una squadra di calcio. // Finché la porta che per tutto il tempo / senza parere han sorvegliato, s'apre. / Sono chiamati ed entrano e ricevono / tutto il conforto che di là era in serbo: / un nome greco per il loro male.

Margherita Guidacci: 2:00:02:18 Accettazione. Questa poesia, ha un'epigrafe, che sono i versi di Dante, nel quinto dell'Inferno, quando Minosse gli indica, con i giri della coda, a quale girone deve essere assegnata l'anima del peccatore. I versi di Dante sono "Quel conoscitor delle peccata / vede qual loco di Inferno è da essa.".

Margherita Guidacci: 2:00:02:40 Accettazione.

Margherita Guidacci: 2:00:02:42 Avvìnghiati Minosse, cingiti con la coda / anche se noi non la possiamo scorgere / perché l'hai ben nascosta sotto il camice bianco. // Sorridici paterno, / battici sulla spalla, / scrivi qualche parola su un foglietto / e dàllo a un infermiere / che ci accompagni premuroso / al nostro grado d’inferno!

Margherita Guidacci: 2:00:03:03 L'iniezione serale.

Margherita Guidacci: 2:00:03:06 Ecco il bianco drappello che semina la pace / in punta di siringa. // In un fruscio confuso / si levano i nostri demoni / e vanno ad aspettarci / un po’ più in là, verso l’alba. // Subentra un vuoto dirupato / come di febbre ad un tratto caduta. / La stanchezza è di piombo. / Ogni lancetta immota, verticale. // Come fu lieve la pungente grazia! / "Voltatevi di fianco, presto, è tutto". / E l’anima / più facilmente fu ammainata / di qualsiasi vela o bandiera.

Margherita Guidacci: 2:00:03:43 Risveglio.

Margherita Guidacci: 2:00:03:46 Non le trombe degli angeli: ci basta un campanello, / lo scalpiccìo sommesso, il fruscìo d’una scopa / in fondo al corridoio, l'apparir di un carrello / non si capisce bene se col tè o l’iniezione, // voci pallide come questa luce / che ci chiamano... E i morti che noi siamo / docilmente si levano sui loro letti-tomba / incontro alla condanna quotidiana.

Margherita Guidacci: 2:00:04:13 Al dottor Z.

Margherita Guidacci: 2:00:04:16 Fissando il nostro pianeta lontano / con il tuo rozzo telescopio, / ci elargisci benevoli consigli: / "Siete nel mare, salvatevi a nuoto!" / senza capire / che il mare che tu vedi da codesta distanza / è un increspato deserto di lava / raggelata su noi come sui morti / antichi del Vesuvio. / E tu insisti: "perché restate immobili? / Poche bracciate e la riva è vicina!" / Insegneresti il volo / a una farfalla murata / in secoli d'ambra?

Margherita Guidacci: 2:00:04:52 Arance.

Margherita Guidacci: 2:00:04:54 Sono venuti, carichi / di arance e buona volontà, / per il rito pietoso. // Si accostano decisi / ma le mani già tremano / nel porgere il dono / e gli occhi sfuggono ai nostri / in ogni direzione / come un branco di topi in allarme / che fiuti il gatto nascosto, la trappola. // Viene poi lo scambio di parole / gettate a caso: / basta che siano lievi e innocue / come coriandoli, / una gioia fittizia / di gente in maschera. / (Tutti lo siamo - solo un piccolo strappo / che nessuno ha saputo ricucire / fa intravedere la verità, anch'essa inutile / perché non può uscir tutta, e serve solo / a sciupare la maschera). // Una certezza rimane: / essi vorrebbero aiutarci e non possono, / ed anche noi vorremmo il loro aiuto / e non sappiamo accoglierlo. // Se ne vanno, mostrando dolore del distacco, / ma i loro passi tradiscono / l'involontario sollievo / (frenati a stento prima della porta, / più rapidi via via che si allontanano, / festosa la discesa per le scale). // Siamo soli, la morsa non si allenta. / È tempo di chiamare un'infermiera / che porti via le bucce delle arance.

Margherita Guidacci: 2:00:06:14 Madame X.

Margherita Guidacci: 2:00:06:16 Io non sono il mio corpo. / Mi è straniero, nemico. / Ancora peggio è l'anima, / e neppure con essa mi identifico. // Osservo di lontano / le rozze acrobazie di questa coppia, / con distacco, ironia - / con disgusto talvolta. // E intanto penso che la loro assenza / sarebbe più guadagno che dolore: questa e altre cose... Ma mentre le penso, / io chi sono, e dove?

Margherita Guidacci: 2:00:06:46 Psico-tests.

Margherita Guidacci: 2:00:06:49 Congegnano scaltrissime domande, / contano i sì ed i no, / e su quelli ci giudicano / come se fossero il Signore. // Ed anche noi li giudichiamo, / e così stupida è la loro rete / che pur sentendoci in essa impigliati / non ci curiamo di strapparla, // e li lasciamo all'illusa fierezza / di credere che sia un gran risultato / se chi nulla capisce di sé, dell'esistenza, / distingue un rombo da un quadrato!

Margherita Guidacci: 2:00:07:17 Non voglio.

Margherita Guidacci: 2:00:07:19 Anche questa è una poesia con un 'epigrafe che è tratta da Osbert Sitwell che dice "La farfalla è condannata per le / sue ali, che sono antieconomiche.".

Margherita Guidacci: 2:00:07:28 Non voglio.

Margherita Guidacci: 2:00:07:29 Tutti i vostri strumenti hanno nomi bizzarri /e difficili, ma io vedo chiaro /e so che in fondo sono solamente / metri e gessetti con cui misurate /e segnate - segnate e misurate /senza stancarvi. // Sfilate spilli di tra le labbra, come una sarta: /me li appuntate sull’anima /e dite: "Qui faremo un bell’orlo. / Dopo starai tanto meglio." // Io non voglio che mi tagliate un pezzo d’anima! / Se ne ho troppa per entrare nel vostro mondo, / ebbene, non voglio entrarci. // Sono un poeta: una farfalla, un essere / delicato, con ali. / Se le strappate, mi torcerò sulla terra, / ma non per questo potrò diventare / una lieta e disciplinata formica.

Margherita Guidacci: 2:00:08:18 Di notte.

Margherita Guidacci: 2:00:08:20 Di notte la tappezzeria si scosta / dalle pareti, si mette a frusciare / come una selva, tendendo liane / davanti a tutte le porte. // I corridoi sono fiumi irruenti / a cui scendono frotte di animali / dal passo lieve, dall'odore selvaggio, / ad abbeverarsi tra sordi brontolìi. // Noi stiamo immobili, ad occhi sbarrati. / A che scopo ci danno dei guardiani / che nulla vedono né intendono? / Siamo noi i veri guardiani del mondo: / noi che vediamo trascorrere l’ombre / e ascoltiamo le voci sotterranee.

Margherita Guidacci: 2:00:09:01 Prigione.

Margherita Guidacci: 2:00:09:04 Se il muro fosse di pietra e non d'aria, / se attraverso il muro non si toccassero gli alberi, / se l'alte sbarre d'ombra che ti rigano l'anima / fossero l'ombra di vere sbarre, a cui potersi aggrappare, / se ricordassi lo scatto d’una porta che si chiude / alle tue spalle e il tintinnìo delle chiavi / alla cintura del carceriere che si allontana: / quale sollievo ne avresti nell'orrore! / Perché ciò che si chiude, può tornare ad aprirsi, / la rocca più imponente può essere distrutta. / Ma dove sei non è porta, e nessuna porta s’aprirà. / E non è muro: nessun muro sarà abbattuto. / Le sbarre d'ombra sono le "vere" sbarre, / non saranno divelte. Tu confini con l'aria, / tocchi gli alberi, cogli i fiori, sei libera, / e sei tu stessa la tua prigione che cammina.

Margherita Guidacci: 2:00:10:09 La madre pazza.

Margherita Guidacci: 2:00:10:12 Noi con gli stracci smessi del passato / ci costruiamo un presente. / Come una bambola piena di segatura / lo stringiamo al petto, / teneramente lo culliamo. / Così la madre pazza, mia vicina, / parla con un fanciullo / da molto tempo sparito in mezzo ai fiori, / e intanto volta indignata le spalle / all'uomo grigio, flaccido ed affranto / che quel fanciullo è diventato / e che la supplica invano / di riconoscerlo.

Margherita Guidacci: 2:00:10:46 Puro di cuore.

Margherita Guidacci: 2:00:10:49 Col tuo passo sicuro e tranquillo / penetri per i neri corridoi / fino alla cella dove sono rinchiusa, / ed esclami gioioso: "Dov'è l'oscurità / di cui tanto piangevi? Sei tutta illuminata." // Tu non sai che la luce che vedi / è quella che tu irraggi, essendo puro di cuore, / e quando la tua visita è finita / essa ti segue, io resto / di nuovo spenta!

Margherita Guidacci: 2:00:11:20 Vittoria e sconfitta.

Margherita Guidacci: 2:00:11:23 Al vincitore un attimo abbagliante, / uno sguardo dall'Everest dell'anima - / e subito lo vela / la nebbia, la discesa. // Al vinto lunghe strade fedeli / che non escono dalla sua sconfitta. / Fiumi capaci di specchiarne la pena. / Nere pergole dove la disperazione / è piena di sussurri / più dell'amore. // Per anni e miglia senza numero / egli può andare, certo / di non trovar confini: / la vittoria è una vetta, ma la sconfitta è un continente.

Margherita Guidacci: 2:00:12:06 Promessa ad Adamo.

Margherita Guidacci: 2:00:12:08 Mi sono appena svegliato. / Sulla mia guancia si raggruma la terra. / Hanno un colore oscuro i miei pensieri. / Ma già irrompono spicchi luminosi / del mondo che ho davanti, ove qualcuno / mi chiama a vivere. Distinguo animali, / erbe, acque, cieli. E la parola incalza / alle mie labbra, di là dai residui / angosciosi del sogno. / Ora darò / a ogni cosa il suo nome / senza arretrare, / qualunque sia la cosa / e qualunque sia il nome / ch’io devo dare.

Margherita Guidacci: 2:00:12:45 Ostrica perlifera.

Margherita Guidacci: 2:00:12:48 Dio mi ha chiamata ad arricchire il mondo / decretandone il semplice strumento: / basta un opaco granello di sabbia / e intorno il mio dolore iridescente!

Margherita Guidacci: 2:00:13:02 Dopo Nerosuite, scrissi un libro che in realtà era una plaquette - erano soltanto quindici poesie - intitolato "Terra senza orologi", e di questo non parlerò, perché in fondo è sempre nella scia di Nerosuite. Io preferirei invece far vedere punti un po' diversi, quelle che sono state svolte piccole o meno piccole, nel mio cammino poetico che è stato abbastanza a lungo. Ecco, invece, un libro che rappresenta - che pure in piccolo una certa svolta - è "Taccuino Slavo", che è del 1976 e che fu scritto anche questo in un tempo abbastanza breve, dopo due viaggi in Jugoslavia - due viaggi che mi lasciano proprio delle impressioni molto belle - e in questo libro di nuovo c'è un maggiore senso della natura, una maggiore attenzione verso la natura, che era prima un po' mancata alle mie poesie. Due poesie che sono ispirate ai laghi di Plitvice - che sono uno dei posti più belli della Jugoslavia e probabilmente dell'Europa, 16 laghi, in comunicazione l'uno con l'altro, da cui poi esce un fiume, la Korana, l'emissario. Ma questi fiumi, questo fiume, passa da un lago all'altro, perché attraverso dei fori nella roccia, sono tutti posti a livelli diversi e sono diversi uno dall'altro e tutti bellissimi. Ecco, io leggo appunto poesie, ora, su questi due laghi. Uno è intitolato I faggi di Kozjak, che è il lago centrale, il più grande, e ombreggiato da questi faggi stupendi.

Margherita Guidacci: 2:00:15:19 Se questi faggi sapessero ciò che noi sappiamo, / li arrosserebbe un autunno precoce, / guizzerebbe la febbre col vento tra il fogliame, / li roderebbe il malvagio tarlo del nostro cuore. // Se sapessimo ciò che sanno i faggi, / ci leveremmo calmi sulle rive di Kozjak. / Uccelli dalle bianche e nere ali / volerebbero a noi senza timore. / Rinasceremmo ogni alba all'innocenza, / ogni notte ad un'alta contemplazione: / sopra di noi le stelle / e il passo degli dèi.

Margherita Guidacci: 2:00:15:58 L'altro lago, è il lago di Prošće, il titolo è in serbo croato: "Prošćansko jezero", che è il lago più alto, quello da cui comincia questa discesa delle acque.

Margherita Guidacci: 2:00:16:12 Galleggiando sulle fredde acque di Prošće, / dalla cima di questa torre d'acqua / lascio discendere i miei pensieri / per quindici laghi. // Qui, dove se morissi nessuno mi ritroverebbe, / dove io stessa non distinguo la mia identità / dal grido di un uccello solitario, / dal dondolìo di una canna lacustre, / qui dove tutto è calmo scintillìo, // mi sento tuttavia dal lunghe e risolute / gugliate d'acqua / tirare verso il basso / attraverso crune di roccia, // e sono come la Korona fuggitiva / che cerca pianure e città, / con orme d'uomo sugli argini // e fanciulli appoggiati alle spallette dei ponti / e amori sussurranti sul greto, / risa, singhiozzi e risse / e tutta la fraterna confusione / alla quale ancora appartengo.

Margherita Guidacci: 2:00:17:10 Dopo il Taccuino Slavo, ed a brevissima distanza, cioè l'anno dopo, pubblicai un altro libro che si chiama, "Il vuoto e le forme." Questo libro è un po' composito, in gran parte, continua e anche accentua le tendenze di Nerosuite - è uno dei libri che io chiamo i libri del nadir -, però ha dei gruppi di poesie in cui anche appaiono delle tendenze, per lo meno, interessi diversi, per esempio nelle suite c'è tutto un gruppo di poesie ispirate dai fatti del Cile. Questo libro appunto uscì nel '77, era stato composto prima, nel '73 io avevo scritto una serie di poesie, quando erano accadute appunto, queste cose tremende, la morte di Allende, la presa del potere da parte di Pinochet. Ecco e vorrei leggere una di queste poesie, che è intitolata "Versi per un prigioniero".

Margherita Guidacci: 2:00:18:22 Abbi pazienza, abbi pazienza! / Chi ha fermato la barca non può fermare l'acqua. / L'acqua prosegue il suo cammino, potente, irresistibile. / L'acqua chiede altre barche, e noi gliele daremo. // Abbi pazienza, abbi pazienza! / Chi ferma l'uomo alla frontiera non può fermare gli uccelli. / La verità ha grandi ali, ed oltre tutte le barriere / ne giunge il battito. // Abbi pazienza, abbi pazienza! / Chi t’incatena non incatena la tua anima. / La libertà risplende anche sul volto della morte / a chi lottò per una terra più umana.

Margherita Guidacci: 2:00:19:09 Un'altra tendenza era quella a fare poesie che commentassero in qualche modo opere d'arte, questa poi si è andata accentuando, anche nei libri successivi. Cominciai, avevo cominciato il Taccuino slavo, commentando dei quadri dell'Accademia d'Arte Moderna di Zagabria. E poi, ne "Il vuoto e le forme" feci delle poesie su alcune sculture di Henry Moore. C'era stata allora la grande esposizione a Firenze, a Bellosguardo e io ero rimasta molto colpita da queste sculture, in particolare da una che si chiama Grande Arco - e su questa ho scritto una poesia.

Margherita Guidacci: 2:00:19:57 Grande Arco.

Margherita Guidacci: 2:00:20:00 O visibile porta / dell' invisibile, porta dell'Ade. / Arco dell'anti trionfo / dal quale passeranno gli umiliati. / Così alto, eppure / tutti, al varcarti, chineremo il capo, / attratti verso la Terra / dalla tua nuda cornice di ossa. // Qui non battaglie scolpite, né danze! / Come stelle filanti furon gettate al vento / le antiche glorie e le loro celebrazioni. / Alle morte colonne nessuno più le riaddipana. // Tu l'arcata di roccia che fa scheletro ai monti. / Tu l'arcata di scogli su cui s’infrange il mare. / Arcata di silenzi che sorregge la notte. / O forma bianca, insostenibile e certa!

Margherita Guidacci: 2:00:20:51 Poi, dopo "Il Vuoto e le Forme", nell'’80 uscì "L'altare di Isenheim". Anche questo è legato a un viaggio, questo viaggio in Alsazia, in cui avevo visto, a Colmar, il polittico - il grande politico, di Matthias Grünewald e anche su questo - sono dodici, dodici pannelli -, ecco, io feci dei commenti, dei commenti poetici, ancora ne leggerò un paio che sono l'Annunciazione e la Deposizione.

Margherita Guidacci: 2:00:21:30 Annunciazione.

Margherita Guidacci: 2:00:21:34 Piomba il falco dal cielo non colomba - la colomba è lei, spaventata, / che distoglie lo sguardo e vorrebbe nascondersi / e congiunge tremante, quasi a difesa, le mani. / Intorno a lei sembra svuotarsi il mondo. / Solo una luce pallida di nebulosa lontana, / tinge di fuori le vetrate; ma qui, nel più riposto / oratorio, sotto le oscure volte, / arde della sua essenza l'invasore arcangelico, / fiamma le ali e il manto, oro la bionda testa. / Il tempo, lacerato dall'annunzio imperioso, / scorre come i pesanti drappeggi, i due sipari / tra i quali l'alto dramma ora comincia a svolgersi. / E già nel solco del l'umile resa / cade il seme divino, ed alla terra arida / la radice di Jesse prepara il suo virgulto. / Con ignota dolcezza e ignota pena / la giovinetta chiusa nell'ascolto / sente stormire in sé i giorni futuri.

Margherita Guidacci: 2:00:22:42 Deposizione.

Margherita Guidacci: 2:00:22:45 Troppo grande il silenzio: non lo rompe / neanche il tuo pianto, Maddalena. / Meglio velarsi interamente il volto / come la madre, o abbassarlo esangue / nella muta pietà, come il discepolo. /7 Cessata è la battaglia. / Nulla più turba la natura esausta. / La terra che tremò nell'ora nona / adesso giace immota // come il breve rettangolo di pietra / preparato ad accogliere / chi sostenne per noi la valanga dell’ira / ed è ormai libero tra i morti.

Margherita Guidacci: 2:00:23:20 Nell'anno successivo, cioè nell'’81, pubblicai "L'orologio di Bologna", che era un libro scritto molto rapidamente - anche questo proprio sotto una spinta interna - dopo la tragedia di Bologna, appunto, dopo la strage di Bologna del 2 di agosto dell'’80. E anche questo libro, come "Morte del ricco", è un oratorio e anzi è quasi una specie di testo liturgico con dei responsori, con in parte brani che si riferiscono agli avvenimenti, in parte brani invece o della Bibbia - c'è tutta la storia di Caino e Abele, per esempio, messa in relazione con questa strage - e quindi anche questo non si presta, così, a estrarne dei brani, però uno si può estrarre ed è la "Oratio prophetae sine nomine". Cioè, alla fine, un profeta senza nome, può avere l'elemento profetico in tutti, in tutti noi, che fa delle considerazioni e appunto una preghiera. Ecco, questo si può abbastanza bene isolare, e quindi lo isolo.

Margherita Guidacci: 2:00:24:35 Oratio prophetae sine nomine.

Margherita Guidacci: 2:00:24:38 Il mio grido, Signore, è d'esilio. Eppure cammino per strade / dove ho sempre camminato, di cui conosco ogni rettilineo, ogni svolta. // Mi sono familiari le piazze, il rosso profilo delle torri, / all'orizzonte la collina col santuario. E le persone che incontro / parlano la mia lingua: se fermo un passante / posso chiedere ed ottenere risposta. / Perché dunque mi sento in esilio? E perché dietro ogni volto che sfioro / c'è un'anima che, come la mia, si ritiene straniera? / Il tuo popolo antico, Signore, che quarant'anni anni vagò nel deserto / fu meno esule di noi, perché aveva in cuore una terra amata, / riconosciuta per sua, anche se non vista, non ancora raggiunta. / Noi abitiamo la nostra terra, ma il nostro cuore era in un deserto, / nella paurosa solitudine dove a un tratto si levano mostri; / Behemoth ,simile a una grande rupe oscura, che sta in agguato ed improvvisamente si muove ci assalta, / Leviathan che si drizza torreggiante dal fondo delle acque amare. / Essi non sono le tue creature, rivelatrici della tua forza e dei tuoi giudizi insondabili, / ma l'uomo stesso diviene Behemoth e Leviathan / ad altri uomini. Perciò ci sentiamo estraniati, / e si sono confusi tutti i nostri confini / e non riusciamo a ritrovarli: qui ogni fiducia è morta, / l'amore trema di rivelarsi, e regnano l'odio e il sospetto. / Patria dell'uomo è l'uomo e noi siamo tutti in esilio! / Ma tu che ci hai creati una volta, tu puoi crearci di nuovo. / Da questo abisso, peggiore del nulla da cui ci traesti, / riportaci alla vita, facci tornare umani. / Senza il cuore di pietra, dacci un cuore di carne.

Margherita Guidacci: 2:00:26:53 E, infine, l'ultimo libro, che è stato scritto nell'’82, pubblicato nell'’83 e che è molto diverso. Realmente questo segna una svolta, se non altro tematica ed è quello che io chiamo "il libro dello Zenit", insomma, come Nerosuite è uno dei libri del Nadir. Si intitola "Inno alla gioia", e da questo, appunto, ora leggerò delle poesie.

Margherita Guidacci: 2:00:27:31 Inizio di primavera.

Margherita Guidacci: 2:00:27:34 Una fanciulla ride dentro di me, incantevole. // Il vecchio albero a contatto con gli anelli / del suo midollo, senza tralasciarne / neppur uno, conosce ogni grinza / della corteccia, il suo logoro corpo... // Ma la sua anima ride dentro ogni foglia nuova.

Margherita Guidacci: 2:00:27:55 Erba dei muri.

Margherita Guidacci: 2:00:27:58 Da una crepa di muro, dove il vento / portò pochi granelli di polvere / (null'altro occorse per la tua radice) / fiorisce la tua esile bellezza. // Accarezzo le tue foglioline, / tocco il tuo stelo delicato. / Non conosco il tuo nome / ma ti chiamo speranza // e a te vorrei piuttosto somigliare / che alla rosa o all' alloro - a te intrepida, / stupendamente viva / sul tuo sfondo di arsura è di pietra.

Margherita Guidacci: 2:00:28:30 Dal dolore alla gioia.

Margherita Guidacci: 2:00:28:32 Il dolore / era piombo e pietra, e mi chiudeva in me stessa. / Ogni giorno una nuova cerchia di mura, / un nuovo giro di catene. // Ma la gioia / mi dilata ora dal centro del cuore / fino agli orli vibranti del mio essere - / leggera come un fiore che apra i suoi petali al mattino... / No, più leggera. Io sono spazio e luce. / Sono il crocevia di liberi venti.

Margherita Guidacci: 2:00:29:03 Supernova.

Margherita Guidacci: 2:00:29:05 Le supernove sono le stelle, le stelle molto grandi, che hanno la massa almeno dieci volte superiore a quella del Sole e che al momento della loro fine brillano di una luce molto più intensa che in tutti i millenni della loro esistenza. Appunto in questa specie di rogo rapidissimo e poi si trasformano o in stelle di neutroni, oppure in buchi neri.

Margherita Guidacci: 2:00:29:31 Supernova.

Margherita Guidacci: 2:00:29:33 Per l'ultima volta, più intensa / di tutte le altre volte insieme, risplendo e ardo. / Non m'importa il domani, poiché già tocco / la barriera del senza-domani, l'orizzonte chiuso degli eventi. / Pagherò col buio compatto. Ma in quest’istante / tutto quello ch’io fui, tutto quello che mi fu dato conoscere e amare, / vive centuplicato nel rogo di splendore / in cui ho gettato me stessa, / ora e nel punto predestinato dell'universo, / io la fenice che non rinasce: Supernova.

Margherita Guidacci: 2:00:30:12 Prima del nostro incontro.

Margherita Guidacci: 2:00:30:15Sottraggono i giorni ad uno ad uno, li sigillo / e metto via, quando sono compiuti, / benedicendo il loro sole, la loro pioggia / o qualunque sia stato il loro dono; / benedicendo soprattutto la notte / che, seppur lenta, li accolse alla fine. // E prego quelli che ancora rimangono / prima del nostro incontro (ed a contarli / bastano ormai le dita di una mano) / di non smarrirsi in cielo, ma procedere / come i loro fratelli: un po’ più in fretta, / se possono, ritmandosi sul vivo / battito del mio cuore. // E tuttavia, neppure troppo in fretta - / perché ancora non so comprendere, adattarmi: / temo il momento in cui sarò chiamata / alla quasi insostenibile gioia.

Margherita Guidacci: 2:00:31:03 Come due Mietitori.

Margherita Guidacci: 2:00:31:06 Ci siamo seduti accanto / come due vecchi contadini, due mietitori / che han sopportato il peso della giornata / in due parti diverse del campo / ed ora insieme, un attimo, riprendono fiato / prima di avviarsi ciascuno alla propria dimora. // Così ti avevo predetto e così è avvenuto, / solo che il paragone dev'essere più vasto: / perché tu, per me, non sei solamente il compagno a cui narro / della mia fatica e del grano mescolato alle spine, / ma sei lo spazio stesso della mia pace, / sei la dolcezza dell'ora a cui stanca mi abbandono, / sei la brezza che reca frescura alle erbe e alle acque, / sei la luce dorata del mio tramonto.

Margherita Guidacci: 2:00:31:58 Fiume carsico.

Margherita Guidacci: 2:00:32:00 Il nostro amore fu un fiume carsico, un Timavo. / Non si snodò in anse tranquille che rallegrassero i campi / d’una fertile valle, non fu fiancheggiato da strade; / né ponti o barche mai l'attraversarono. // Fu il lampo d’una sorgente, il fremito di giovani acque / subito inabissate in una lunga ed oscura caverna. / Camminando nei nostri separati deserti, / noi lo credemmo perduto. Invece ci accompagnava, // il nostro fiume sotterraneo e cresceva nell'andare, / puro e potente nel suo alveo sepolto. / Ed ora, ecco, risorge e corre libero alla foce / sotto un cielo stupito della sua ricomparsa. // In noi riversa la sua piena d’estasi / ed il suo canto senza storia, senza stanchezza o delusione: / più bello per il mistero da cui prorompe / e per l'imminenza del mare.

Margherita Guidacci: 2:00:33:06 Anche tu conosci i nomi delle costellazioni.

Margherita Guidacci: 2:00:33:10 Anche tu conosci i nomi delle costellazioni / come li conosceva mio padre, che bambina, / mi portava sul prato del Vivaio / nelle calde serate estive e mi additava il cielo / dicendo: "Vedi, quella è Cassiopea e quello è il Cigno, quella la Corona..." // Troppo presto morì perch’io potessi / stabilmente impararle. La memoria / esitante s’orienta solo sulle due Orse. / E nessun altro avevo mai incontrato - / fino a te - che di nuovo mi istruisse. // Ora tu mi sei guida su antiche strade astrali / dove un'infanzia perduta forse mi attende, / forse stupori i nuovi e ancor più grandi. / Tremano / di dolcezza le foglie intorno a me, / visibili appena nell'ombra; mormorano le acque in cui passato e presente corrono uniti verso il futuro. // Quale intreccio di sentimenti, quale dolcissimo nodo / ch’io non so né desidero sciogliere, / ritrovandomi ancora, insieme a un uomo amato, davanti al non più impenetrabile cielo notturno!

Margherita Guidacci: 2:00:34:23 Poiché tu sei eterno...

Margherita Guidacci: 2:00:34:26 Poiché tu sei eterno ed io sono / eterna, come ci volle Dio, / anche se un giorno agli altri diverremo invisibili, / sarà eterna la nostra gioia, / la incontreranno ad ogni nuova generazione / quelli che vanno teneramente vagando / a due a due nei giardini di primavera / o sostano abbracciati sulla riva del mare, / e amandosi ci ameranno senza saperlo, / dentro la bianca pioggia dei petali d'aprile / o nei barbagli d’una scia lontana, / orma dei nostri passi silenziosi.

Margherita Guidacci: 2:00:35:03 Doppio risveglio.

Margherita Guidacci: 2:00:35:06 Sognavo di baciare le tue palpebre / per svegliarti: tu aprivi gli occhi e mi guardavi, / sorpreso e lieto - uno sguardo nuovo come il giorno. //Allora irruppero le rondini, / quelle vere: impazzivano nel cielo / di Macerata, in ruote vorticose / di dervisci danzanti, e gridi acuti, estatici. / Venne così il mio turno di svegliarmi. // Ma nell'istante di precario equilibrio / fra il tuo risveglio sognato e il mio vero, / quando non era ancora dileguata / la tua immagine cara e coesisteva / con il tripudio là fuori incalzante, / tanta allegria m’invase / che poi, come una fonte, / seguitò a zampillare e luccicare / dentro di me tutto il giorno.

Margherita Guidacci: 2:00:36:00 Telefonata notturna.

Margherita Guidacci: 2:00:36:02 La tua voce / intensa e quieta, che viene di tanto lontano, / come un raggio improvviso ha attraversato la notte, / inargentando foglie, facendo biancheggiare le spume / d'acqua segrete, rivelando / nitido un altro lembo / di questo sempre nuovo paesaggio d'amore - / così vario / che mai finiamo di scoprirlo.

Margherita Guidacci: 2:00:36:26 Le parole che mi scrivi.

Margherita Guidacci: 2:00:36:28 Le parole che mi scrivi mettono foglie e fiori, / crescono intorno a me, a formare / una deliziosa pergola. / È il mio confine del mondo, la dimora segreta / dove riprendo forza, nel faticato giorno, / e mi riparo dall’ardore, sotto l'intreccio dei rami / così ansiosi e leggeri - / attraverso cui guardo, di notte, dolcissime stelle.

Margherita Guidacci: 2:00:36:59 Porta d'amore.

Margherita Guidacci: 2:00:37:01 Il mio amore che nasce / in te, non finisce / in te. Sei la porta d'amore / attraverso cui passo / incontro all'universo, tendendo a tutto le braccia. // Sei la mia libertà, che oltre la diga spezzata / riversa le acque trionfanti- / ed apre tutte le gabbie, le vuota in un attimo, / empiendo il cielo di migliaia di uccelli / che non si lasceranno mai più imprigionare.

Margherita Guidacci: 2:00:37:31

Margherita Guidacci: 2:00:37:32 Sì alla terra ed all'acqua ed alle creature che vi dimorano, / si all'aria da cui viene la vita, sì alla luce ed all'ombra, / sì al ritmo delle stagioni ed al ritmo del sangue, / sì a tutto ciò che si forma e trasforma, sorgendo / dalla polvere e ritornandovi, sì agli altri pianeti e alle stelle / fino alle più lontane, sconosciute Galassie, / immensamente fulgide anche se il loro fulgore a noi non giunge. / Sì col mio amore, breve com’è breve il mio tempo, / e che pure vorrebbe tutto in sé accogliere, di sé circondare! / Le mie braccia allargate sono appena all'inizio del cerchio. /Ma un Amore più vasto lo compirà.

Margherita Guidacci: 2:00:38:26 Appuntamento di sguardi nella luna.

Margherita Guidacci: 2:00:38:30 Anche se la distanza lo rende improbabile, / diamoci appuntamento di sguardi nella luna! /Per te sorge più tardi (un altro fuso orario) / ed è spesso velata dalle nebbie / che ti regala la Corrente del Golfo; / per me invece, limpidamente viaggia / in un cielo mediterraneo, // ma forse in qualche attimo riusciremo a fissarne / proprio lo stesso punto, dai nostri paesi lontani, / e un'intima letizia ci dirà / dell'avvenuto incontro. Anche la luna / risplenderà più lieta, dentro l'angolo / dei nostri sguardi, ritornata / al suo compito antico di specchio d'amore - / in quest'era di razzi e di astronauti!

Margherita Guidacci: 2:00:39:18 Hydrangea. (Hydrangea è il nome botanico delle Ortensie.)

Margherita Guidacci: 2:00:39:24 I fiori che hai disposto nel vaso greco / (ultimi del giardino) avevano all'inizio / un tenue color malva, e il delicato rosa / dell'autunno. Hanno assunto adesso il pallido / oro che indugia in cielo dopo il tramonto, / e in esso preme un ricordo di verde, / quasi il ritorno a un'infanzia di foglie, / completando l'arcobaleno agonico / prima che logora e terrea si sgretoli / la dolce forma del fiore. // Li osserviamo / ed intanto qualcuno osserva a noi, / invisibile e tuttavia sentito / come noi siamo sentiti dai fiori; / e forse nota come stia per chiudersi / il cerchio della nostra iridescenza, / l’impalpabile bolla più cangiante / e splendente sul punto di dissolversi... / Ma non siamo turbati. Siamo quieti / come i fiori nel vaso greco: paghi essi dei loro giorni e noi di brevi anni, / e sicuri che nulla andrà perduto. // Noi siamo tutti (uomini e fiori) effimeri. Ma il nostro vivere ed amare fu non effimera bellezza.

Margherita Guidacci: 2:00:40:43 Aratura. "A un amico, per la sua ricerca scientifica."

Margherita Guidacci: 2:00:40:48 Dopo il tuo primo solco diritto e sicuro / ora traccerai gli altri, perché la nebbia è scomparsa / e vedi chiara la direzione, la tua mano / è tornata a posarsi sull'aratro / e lo sospinge, i cavalli si muovono / pronti, impazienti di tirarlo. // Il campo è grigio di brina, ma gli uccelli / già cantano direttamente dai suoi margini / e il sole avanza glorioso, illuminandoti. / Ti contempo all'inizio di questa buona giornata, / io che non posso aiutarti - non possiedo / né cavalli né aratro - soltanto ti contemplo, / come un bambino ad occhi sgranati, da una siepe: / con le mie mani nude ed il mio cuore puro / esistendoti accanto. // Dio benedica il tuo andare e il tuo stare, / benedica per te la semina e il raccolto: / Egli che arò il grande campo dell'universo / e trasse spighe di stelle dai suoi solchi.

Margherita Guidacci: 2:00:41:56 Torrente.

Margherita Guidacci: 2:00:41:58 Un torrente precipita in me, di antichi uomini e donne / il cui sangue ora è il mio. La sorgente è ravvolta / dalle nebbie di una vetta così lontana / che non riesco a immaginarla. Per quale / cammino dirupato, trascinando con sé / quali ciottoli e crete, deviato / da quali alberi caduti o mormorando roco / nell'ombra di quali cespugli, / ha spinto fin qui le sue onde? // Distinguo soltanto le ultime: i miei genitori, / un’ava bellissima e ardente. Più indietro / non posso risalire. / Ma lo scroscio di sconosciute vite innumerevoli / mi traversa confuso: vi sento il riso e il pianto, / voci imperiosi o supplichevoli / in lotte ed abbandoni. / Io sono nata da tutto questo e lo conservo in me, / accresciuto dal mio timido slancio / nel tratto a me assegnato. Se ti vengo / incontro, tutto un popolo / ti viene incontro, e al popolo ch’è in te / offre la sua alleanza. Quali abissi / di spazio e tempo, / e quanta vita e quanta morte / stanno in un solo palpito d'amore!

Margherita Guidacci: 2:00:43:20 Finale. Finale - questo si riferisci a una stazione, che è Finale Ligure -.

Margherita Guidacci: 2:00:43:25 Finale.

Margherita Guidacci: 2:00:43:25 "Finale", la stazione dove salisti / nel mio scompartimento: mai vi fu un nome più appropriato! / Finale di quel viaggio e anche dell'altro, la mia vita, / in cui tu eri allora ricomparso / dopo una così lunga separazione / che misurarla dava le vertigini. / Le nostre mani si cercarono, occhi ansiosi evocarono / dai nostri visi segnati dal tempo / i due giovani visi d'una volta. / Il treno intanto correva lungo il mare, / il suo rumore come la frana dei giorni / lasciati indietro, andando verso un futuro / anch'esso pronto a franare: insulto / della vecchiaia, l'ultimo declino / che ci attende ed il nuovo / e necessario addio... Lo sapevamo, / ma le tue mani stringevano le mie / e più nulla contava. / Né conta ora. Il nostro è amore d'anima. / E noi siamo più grandi / di tutto quello che ci può accadere.

Margherita Guidacci: 2:00:44:32 Alla fine dei secoli.

Margherita Guidacci: 2:00:44:34 Alla fine dei secoli, quando / mi chiamerà un'altra voce / e proverò per la seconda volta / l'impeto di resurrezione / prego che come questa volta, / quando sei stato tu a chiamarmi, / alzandomi stupita dalla fossa / con le ossa che sentono la carne / stendersi nuovamente su di loro, / con la carne che sente / in sé di nuovo penetrare l'anima - / io possa, in quel tremendo campo / dove avrà inizio l'eterno, / fissare il primo sguardo su di te, / ritrovarti al mio fianco.

Margherita Guidacci: 2:00:45:13 La Sibilla Persica.

Margherita Guidacci: 2:00:45:16 La Persica è stata anche effigiata da Michelangelo, una delle cinque che ha fatto Michelangelo, la Frigia invece no - appunto, Michelangelo ne ha fatte solo cinque su dieci, quindi, me ne sono dovute immaginare coi mezzi miei -. Soltanto per la Cumana e per la Delfica sono stata molto aiutata dall’iconografia michelangiolesca, per quest'altre no.

Roberto Rossetti: 2:00:45:39 Bisogna dire che sono inedite.

Margherita Guidacci: 2:00:45:40 Sì, oggi è il 24 maggio dell’‘84, e sono inedite. Certo, tra cent'anni, spero che saranno edite e reperibili, se qualche ascoltatore le vorrà cercare. La Sibilla Frigia è la Sibilla della Troade, cioè di tutto il luogo dove si sono svolti gli avvenimenti dell'Iliade. E secondo la leggenda sarebbe nata sul monte Ida, che era quello che sovrastava Troia e dove si diceva che fosse stata allevato Zeus stesso. Ecco, questi sono alcuni riferimenti.

Margherita Guidacci: 2:00:46:19 Sibilla Frigia.

Margherita Guidacci: 2:00:46:21 Io sono vicina al Principio, perché il principio / è da Zeus. Nacqui infatti sul monte / a lui sacro, l’Ida ricco di foreste / dove risuona il vento come la voce del dio. / Pure, mi sento altrettanto vicina alla fine - che non viene da Zeus / ma dal Fato (più potente di Zeus) che decreta la morte / per ogni cosa vivente. Troppe volte ho veduto / principio e fine. Nove fiorenti città / vidi sorgere una sull'altra ed una sull'altra cadere, i loro nomi inseguendosi come onde / sul breve lembo di terra che fu il mio, / subito cancellati. Solo uno, affidato a un poeta, / resta nella memoria: di tanta virtù è la parola. / Ma io non piango soltanto su Ilio: piango su tutte e nove / le città distrutte, le loro alte mura / sgretolate ed arse, ormai impastate alla roccia / a formare lo scheletro della collina di Hissarlik. / Piango tutti i loro morti: ebbe, infatti, ciascuna / il suo Ettore ed il suo Priamo che, benché ignoti arrossarono / del loro sangue fiumi che specchiavano incendi / e su cui tanti corpi discendevano al mare. / E piango altre città, che in altri luoghi colpì la sciagura / o colpirà. Uno zodiaco di rovine / sempre più lungo si snoda intorno al pianeta dell'uomo, / dacché questi apprese a mescere odio e dolore / nel proprio calice, amara bevanda con cui credette calmare / la sua sete di dominio. Quanti volti di donna / imploranti od urlanti, si sono succeduti / nel mio volto senza età, quanta umiliata saggezza / è salita dal mio cuore e dalle mie viscere / nei millenni, tentando contrastare / la feroce demenza che non lascia / alcun varco alla pietà. Innumerevoli vittime / si lamentano in me, e delle più non rimane / che questo grande lamento, divenuto radice / nella terra da cui è sorta la mia pianta. / Dirò perciò, solo di quelle che trovarono / fama, insieme alla sventura (una pallida / consolazione, e non per loro). Con Andromaca / io mossi incontro al mio uomo nell'addio / e gli mostravo il bimbo condannato, / dalla morte del padre, anch'esso a morte. / Io fui Cassandra, che fissò due volte, / in visione e realtà, nulla potendo salvare, / la sua città violata ed il suo corpo violato. / Io mi torsi le mani con Ecuba / sopra il lido deserto, perduto ormai anche l'ultimo / figlio e caduto il vecchio sposo il re / come un tronco aggredito dalla scure. / Erano vuoti di lacrime / gli occhi, ed asciutti come il seno vizzo / che aveva inutilmente nutrito tante vite. / Un silenzio di pietra / tutto avvolgeva, più terribile del grido. / Il mondo stesso era pietra, e null'altro / vi regnava. / Solo pietra e qualche tizio spento / dov'era stata la grandezza d’Illio.

Margherita Guidacci: 2:00:50:03 Sibilla Persica.

Margherita Guidacci: 2:00:50:06 O città dell'Oriente, Ninive dagli aerei giardini, / Babilonia fasciata di porpora Ecbàtana superba, / Persepoli abbagliante di marmi, io tutte vi conobbi, quando vagavo nella pianura tra i due fiumi / e vedevo i peccati dei vostri re / e leggevo nel cielo la condanna / che li avrebbe seguiti. Ma così cristallino / era quel cielo che, nel contemplarlo, / per quanti segni vi sorgesse infausti / non mi sentivo turbata. Il futuro / già mi pareva un lontano passato, / uno sbiadito dolore pacificato da secoli; / l'attesa, uguale alla memoria: entrambe lievi / come il fruscìo di una siepe notturna, / esile crespa sul vento -. e il vento fiume / grande più dell'Eufrate, tutto recando alla sua foce invisibile. Vedevo / luminose sospendersi le stelle / ai rami oscuri del cielo, la luna maturare / in un argenteo frutto e poi restringersi / in un frutto d'ombra. Era un prodigio l'ordine / naturale delle cose, più d'ogni folle cometa / che apparisse improvvisa, o di pietre infuocate / che dal cielo piombassero sul suolo / suscitando i miei vaticinii. Al tempo stesso / in cui li pronunziavo agli sgomenti / ascoltatori, restava cosciente / di quella prima e ultima pace, inviolabile, / entro cui cade eterna la rugiada, / s’alza il canto dei grilli, stormiscono le foglie / al vento, mentre luna e stelle compiono / il loro corso. Ancora l’accoglievo / e n’ero avvolta, in una plaga intatta / dell'anima, di là dalla mestizia / dell'uomo al quale annunziavo il destino / dei suoi regni effimeri.

Margherita Guidacci: 2:00:52:08 Ho terminato questa registrazione. Sono Margherita Guidacci, ed è il 24 maggio del 1984.