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Marcegaglia, Steno - 2006 - Milano

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Trascrizione

Anna Marino: 00:00:00 10 luglio, intervista al presidente Steno Marcegaglia. Sono Anna Marino, mi trovo a Milano, presso l'Assofermet, per realizzare un'intervista al Presidente Steno Marcegaglia nell'ambito del progetto Voci del Novecento: l'Italia dell'economia dell'impresa e del lavoro, progetto avviato in collaborazione con la Discoteca di Stato Museo dell'Audiovisivo di Roma. Presidente, le sue dichiarazioni saranno parte integrante dell'archivio Discoteca di Stato, Museo dell'Audiovisivo, sezione "storia orale", dove vengono raccolte le fonti orali per lo studio della storia contemporanea. Presidente Steno Marcegaglia, è mio dovere ricordare la sua facoltà, alla fine dell'intervista, di porre vincoli temporali alla consultazione in tutta o parte dell'intervista interviste della sua eventuale trascrizione. Potrà inoltre decidere se mantenere per sé e per i suoi familiari il diritto di utilizzazione del documento, o cederlo per la pubblica fruizione alla Discoteca di Stato. Sono presenti all'intervista, oltre al citato presidente Steno Marcegaglia, Rinaldo Albisella, Mauro Brogi. Nel rinnovarla il nostro ringraziamento per aver acconsentito alla registrazione, le rivolgo delle domande di rito. Presidente Steno Marcegaglia desidera porre vincoli temporali alla consultazione di tutta o di parte dell'intervista e dell'eventuale trascrizione?

Steno Marcegaglia: 00:01:09 Nessun vincolo.

Anna Marino: 00:01:11 Presidente, intende mantenere per sé e per i suoi familiari il diritto di utilizzazione del documento, o cede tale diritto alla Discoteca di Stato Museo dell'Audiovisivo?

Steno Marcegaglia: 00:01:21 Cedo tale diritto. Io non sono giovane, sono nato il 9 agosto 1930. Ovviamente mi chiamo Steno Marcegaglia, allora nasco in un paesino della provincia di Verona, che si chiama San Giovanni Ilarione, il 9 agosto 1930. Mio padre era un falegname, e nel 1934-'35 le cose in Italia andavano molto male, per cui mio padre fu costretto ad emigrare, e fare il lavoratore per mantenere la famiglia, che ero io e mia madre. Nel '40, ho 10 anni, vengo scelto fra i migliori studenti d'Italia, e andrò in Accademia Militare della GIL, che Mussolini aveva predisposto per i ragazzi migliori per farne il futuro dell'Italia. Vado a Torino, frequento questa accademia, nel 1942 l'Accademia verrà bombardata, così torno a casa, ma la casa non c'era perché io abitavo in quel paesino con mio padre, che era andato ad emigrare in Africa, e con mia madre, che nel frattempo, essendo sola, si era portata a Gazoldo degli Ippoliti, dove abito, a lavorare presso una famiglia di parenti che avevano una trattoria. Primo ricordo: chiuso il collegio, vado a casa, vado alla nuova casa Gazoldo degli Ippoliti; in collegio si viveva con 150 grammi di pane, quindi eravamo ragazzi affamati. Trenta, data di nascita, '42: 12 anni. Mi ricordo che appena tornato in questa casa, la sera mangiavo alle sette, e poi correvo a letto riempiendomi le tasche di pane perché ero affamato. Studio, vado a Mantova in bicicletta perché non avevamo i soldi per pagare il biglietto della corriera. Anche a scuola dicono che ero molto valido, ma prima di parlare di scuola torno indietro ancora un pochino. Quando ero bambino e andavo all'asilo - siamo a San Giovanni Ilarione nel 1933'-'34 - e ai bambini dell'asilo facevano la classica domanda: "Bambino, cosa farai da grande?", i miei amichetti dicevano: "L'aviatore", "Guiderò la macchina", "Guiderò il trattore", io già allora, a tre anni, dicevo: "Da grande vorrò fare o il Papa, o il Duce o il re". Quindi avevo già le idee abbastanza chiare: volevo diventare qualcuno che contava. Mi diplomo geometra a diciott'anni, cerco lavoro, lo trovo presso l'Alleanza Contadini, che era l'associazione di affittuari di mezzadri aderente alla CGIL. Allora vi erano tre tipi di associazione, come adesso: vi era l'Associazione Agricoltori, di grandi agricoltori; la Coltivatori Diretti, che erano gli affittuari, i mezzadri i conduttori terrieri e la Democrazia Cristiana; e l'Alleanza Contadini, che era quella di centro-sinistra di allora. Lavoro lì e mi formo. Il mio lavoro consisteva nel difendere i miei assistiti, i miei - diciamo - raccomandati, i miei clienti - mettiamola come... - i miei iscritti. Difenderli avanti la sezione specializzata agraria, che era una sezione del tribunale nelle vertenze agrarie, coi proprietari. Per di più a Mantova, non vi era industria, e nel 1948-'49, quando io mi diplomai, la nostra gente mantovana doveva letteralmente migrare a Milano a fare i lavori più modesti perché erano degli zappaterra. Con l'avvento della meccanizzazione agricola, evidentemente la manodopera che serviva per condurre un fondo, un fondo agricolo, scendeva, scendeva, per cui il prefetto imponeva la manodopera ai coltivatori volenti o nolenti. Io difendevo l'affittuale o il mezzadro che era povero, il nemico giurato era il proprietario terriero, che era un piccolo proprietario - perché a Mantova era la piccola proprietà - che era un poveraccio solitamente. Per di più, un altro nemico del mio assistito era il bracciante agricolo, del quale il mio assistito non aveva bisogno, ma che veniva imposto; infatti si chiamava "imponibile di manodopera". Mi formo, però... E ho imparato quanto era dura la guerra fra poveri. Mi sono formato moltissimo. Non dimentichiamo che già da bambino avrei voluto fare o il Papa, il Duce, o il re. A 29 anni, dopo che avevo accumulato un grande patrimonio di un milione e mezzo di lire, comincio affittando un piccolo capannoncino di 90 metri quadrati e con due apprendisti, comincio l'attività di fare il ferro per le serrande avvolgibili. Siamo nel 1960, quindi allora erano di moda le tapparelle. Producevo un ferro molto semplice per fornirlo a coloro che erano fabbricanti di tapparelle. Però, cominciai con due apprendisti, però un po' alla volta il costo della materia prima per fare le guide per tapparelle era superiore alle guide stesse, allora, da incosciente, spendo quel milione e mezzo di lire - ovviamente, siamo nel 1960 - e compro dei rottami, e comincerò con la gente di Gazoldo - che erano dei bravi zappaterra, dei bravi salariati fissi, quindi squalificati - coraggiosamente a fare qualche lavoretto. Ero ridicolizzato dalla gente di Lecco perché senza soldi, con tanta voglia di fare e senza esperienza volevo fare qualcosa che era difficile. Questa mia gente che era... Questa gente che mi ridicolizzata erano i figli di imprenditori che avevano lasciato i mille metri quadrati di capannoni, che per me era un sogno, contro i miei 90. Loro producevano già allora qualcosa come 10.000 tonnellate all'anno, mille tonnellate al mese; io cominciai con 100 tonnellate al mese. Andavo in giro da questi signori a raccogliere le risulte, com'era comprare gli straccetti per fare i vestiti delle bambole e con le risulte cominciammo a ricavare dei nastri che poi trasformavano in ferri a U. Bene, per farla breve: senza soldi, senza esperienza, addirittura avevamo questo capannone in affitto che possedeva, che era dotato di 6-7 kiloWatt; volevamo che con 6-7 kiloWatt, una macchina da 30-40 KiloWatt funzionasse. Evidentemente funzionava per due minuti, poi si riscaldavano i fili di piombo, che noi chiamavamo "Zeus". Lo "Zeus" era una scatola di ceramica, dove i due fili di rame venivano interrotti con due fili di piombo, perché se si consumava più corrente di quello che era permesso i fili di piombo si fondevano, e si rimaneva senza corrente. Allora dico: "Ma siccome i fili di piombo fondono ad una temperatura di 400 gradi, se io sostituiscono i fili di piombo, con i fili di rame non succede più niente". Infatti, volevo che il laminatoio con 30 kiloWatt funzionasse con 6 kiloWatt, i fili di rame non fondevano più, ma fondevano i fili di piombo che erano nella cabina comunale: così tutti restavano senza corrente. Per dire che ha del folkloristico. Comunque, voglia di fare, comincia a crescere, guadagno. La mia era un'economia basata sulla cambiale, quindi i miei genitori... Mio padre era ancora prigioniero in Africa e mia madre era una donna di lavoro che lavorava presso i parenti, faceva la cameriera insomma. Quindi mezzi pochissimi, sempre meno, anche perché una parte di quei soldi li sciupavo a fare degli esperimenti. Comunque, un po' continuavo a fare il libero professionista, un po' con quello che guadagnavo, un po' con gli aiuti che chiedevo alle banche da birichino - perché andavano da una banca, e mi facevo dare un milione di finanziamento, perché ce la mettevo tutta, perché mi presentavo bene. Andavo dall'altra banca, e avevo un altro milione senza dire che avevo già avuto altri soldi da altre banche. Beh, per farla breve: grande fiducia, le banche erano tante, il milione era tanto. Così cominciai a ingrandirmi, trovai grande fiducia nel Mediocredito Regionale Lombardo - allora vi era il professore Giordano dell'Amore - un bel momento. Ebbi molto coraggio, chiesi molto denaro, e nel giro di due o tre anni ebbi finanziamenti per costruirmi un capannone da 1.400 metri; poi un altro da altri tremila, e un altro bel 1400. Questo in poco tempo indebitato fino all'osso. Si lavora, si lavorava 15-16 ore al giorno, erano tutti apprendisti, non si pagavano i contributi, facevamo quello che potevamo come tutti gli italiani di allora.

Anna Marino: 00:11:02 Diciamo di boom economico, ma in cui cominciavano... C'era, più che boom economico...

Steno Marcegaglia: 00:11:06 Voleva sapere qualcosa prima.

Anna Marino: 00:11:07 Il boom economico e più che altro era un po' una ricostruzione, cioè appunto...

Steno Marcegaglia: 00:11:07 Lei dice: "Incominciammo prima".

Anna Marino: 00:11:07 C'era, c'era - come dire? - c'era molto da fare, per cui era l'anno in cui inizialmente, come dice lei, c'erano già dei soggetti, degli imprenditori che avevano ereditato questa...

Steno Marcegaglia: 00:11:07 No, no, io non avevo ereditato assolutamente nulla.

Anna Marino: 00:11:07 Esatto, ma c'erano anche molto persone che si sono rimboccate le maniche. Ecco, voglio fare solo un passo indietro per dare un'annotazione storica ai primi suoi momenti di vita. Ecco, lei mi raccontava, mi ricordava che c'era questa scuola a cui era stato mandato per meriti, ed era una scuola appunto voluta dal fascismo. Questo periodo storico come l'ha vissuto lei e come l'ha vissuto la sua famiglia? Come lo vivevano?

Steno Marcegaglia: 00:11:58 Allora, fino al 1940 abitai a San Giovanni Ilarione con mia madre, e mio padre era prigioniero. Nel '40, vengo scelto e frequento questa scuola. Allora eravamo ragazzi 10-12 anni, eravamo entusiasti. Mi ricordo un particolare: noi eravamo come militari perché era un'Accademia militare della GIL, che aveva istituito Mussolini perché voleva tirar fuori il meglio dei giovani di allora. Quindi, dopo una difficile e attenta selezione - ne mettevano uno o due per provincia -, io venne accettato in questo collegio. Eravamo così entusiasti, eravamo così fieri.Undici anni, vestiti con una divisa militare bellissima quando, durante l'estate, eravamo in licenza perché eravamo dei militari, giovani militari. A Torino, quando 11-12 anni venivo da Torino, in Vicenza, a Mantova - perché mia madre abitava lì - eravamo ammirati da tutti i giovani che vedevano questi ragazzi vestiti bene, in divisa militare. C'era un entusiasmo tale che quando ero a casa, in una modestissima casa, io con mia madre, perché mio padre come dico rimaneva prigioniero ancora in Africa, c'era il giornale radio. Mi alzavo a sentirlo in piedi, e pretendevo che anche mia madre ascoltasse il telegiornale, il giornale radio dell'ora, in piedi, perché eravamo convinti che l'Italia era grande e che l'Italia avrebbe conquistato il mondo... Avevamo tutte canzoni adatte per l'occasione, quindi con grandissimo entusiasmo; tant'è che io andai a scuola in tempo di guerra, ero poverissimo perché mio padre era prigioniero, mia madre faceva la cameriera, ma non sono mai stato invidioso dei miei compagni che nel '47-48, '44-'45 - meglio ancora - erano ricchissimi, che a Mantova l'industria grande, era l'industria agricola. Quindi, questi figli di agricoltori, di contadini si avvalevano del mercato nero, vendevano i prodotti alimentari a 20-30 volte. Quindi, mi ricordo che andavo in bicicletta Mantova, e a mezzogiorno - la scuola era mattino e pomeriggio - anziché andare al ristorante, mangiavo - come dicevo io - "pane e panchina". Portavo da casa un panino e d'estate, quando c'era caldo, mangiavo sulle panchine, quando c'era freddo mangiavo, restavo a scuola, mentre gli altri facevano la ricreazione dell'1:00 alle 3:00, io stavo lì, mangiavo il panino. Ma non ho mai invidiato nessuno perché ero consapevole che prima o poi avrei sfondato, mi sarei dato da fare. Ero un ambizioso, ero uno che ho sempre creduto che sarei diventato qualcuno, e ho detto: "Per diventare qualcuno...", già quando ero ragazzo, quando avevo 18 anni, lei pensi che quando avevo 18 anni mi sono impiegato all'Alleanza Contadini che difendeva, come dicevo prima, gli affittuali mezzadri. Il primo stipendio che mi diedero fu di 20 mila lire, allora le mille lire erano grandi così, io piansi perché non avevo mai visto mille lire in tasca mia, e pensavo: "Con queste 20.000 lire... Con 2-3 mila lire mi compro le scarpe", perché quelle che avevo era rotte. Una grande gioia d'aver ricevuto 20.000 lire. Mi sono comprato le scarpe, poi dico: "Nei prossimi mesi mi compro un abito nuovo" e poi siccome andavo in bicicletta, "comprerò a rate un Mosquito", che era un motorino che si applicava alle biciclette - lei non lo sa perché è giovane... Forse lo sa cos'era il Mosquito. Allora, siccome una moto, c'erano le Moto Guzzi e basta - costavano un patrimonio - c'era un qualcosa che sostituiva la moto: era un motorino grande così che si applicava alla bicicletta direttamente, e se andavo col motorino perché giravo... Fare il funzionario dell'Alleanza Contadini per i vari paesi. Quindi prima in bicicletta poi con questo motorio. Piansi poi [ripresi] il mese successivo le ventimila, risparmiai, risparmiai... Finché, all'età di 29 anni, avevo risparmiato un milione e mezzo di lire, che era quello che mi permise di dare il via. Quindi, vissi quei momenti con grande entusiasmo, il mio sogno era diventare qualcuno e allora però, già all'ora, a 19 anni, dico: "Se vuoi diventare qualcuno devi guadagnare". L'obiettivo era quello di sfondare, diventare un imprenditore, magari piccolo, con due apprendisti. Allora risparmio, risparmio e risparmio, devo lavorare tanto perché l'obiettivo, il goal, si realizza solo se ci sono queste premesse.

Anna Marino: 00:16:49 In questo periodo di riscatto sociale,

Steno Marcegaglia: 00:16:49 Riscatto sociale...

Anna Marino: 00:16:49 Di grande svolta, ma anche di emulazione...

Steno Marcegaglia: 00:16:49 Di emulazione perché non ho mai invidiato nessuno, ma ai miei compagni di scuola dicevo: "Tu oggi sei ricco perché...", mi volevano bene tutti perché aiutavo tutti; infatti i professori mi adoravano, ma mi castigavano sempre perché suggerivo a tutti. Ero un ragazzo molto, molto valido a scuola, però tutto quello che sapevo, io aiutavo tutti per il piacere di aiutare.

Anna Marino: 00:17:19 Il periodo - come dire? - di Mussolini è stato anche momento in cui per lei ha dato una svolta alla vita, cioè le strutture che aveva messo in piedi quell'Italia di allora... Ma tutti noi ragazzini eravamo entusiasti. A tre anni eri "Figlio della Lupa", poi a cinque eri "Balilla", poi eri "Avanguardista", poi eri... Quindi eri impegnato tutto il giorno, un martellamento continuo per cui eravamo fieri di essere italiani. Ci hanno inculcato che l'Italia era il più grande Paese del mondo, grande storia, Paese di pastori, costruttori, operai, guerrieri... Tutte le massime di Mussolini... Quindi la dittatura affascina tutti i giorni, poi eravamo martellati quotidianamente, quindi io avevo voglia di lavorare tanto, tanto anche quando lavoravo per la Federterra, là facevo anche il professionista, lavoravo 10 - che 10? 15 ore al giorno.Il problema era di guadagnare per risparmiare, per diventare un qualcuno che contava. Infatti, quando avevo un milione e mezzo di lire, quindi allora la paga oraria era 180 euro all'ora, 180 lire all'ora. Oggi... Diciamo ho risparmiato veramente tanto. Un milione e mezzo lo moltiplichi per 40-50, erano 100 milioni di oggi... Di lire, non di euro, quindi per fare l'imprenditore non era niente. Comprai le macchine a 350.000 lire l'una, quindi del milione e mezzo dovevo fare i conti, perché dovevo comprare gli splitter delle macchine importanti, che oggi costano miliardi... Andavo a raccoglierle nel rottame; il decappaggio che è un'operazione per lavorare il ferro, per pulirlo, si ottiene con degli impianti colossali, allora lo ottenni con una vasca di legno dove mettevo dentro l'acqua e l'acido, e per misurare l'acidità... "È forte, forte", in dialetto mantovano "e el pìa", che vuol dire, un modo per dire "molto forte", allora va bene, quando poi rimettevo il dito, e era meno forte, bisognava giungere acido solforico. Questo mi avvale l'appellativo, mi avvalse l'appellativo di "Zappaterra", ed ero ridicolizzato. Non avevamo i soldi per comprare l'acciaio, i treni di acciaio, andavamo dai lecchesi, che erano gente che aveva ereditato la grande azienda del padre, i quali trovavano facilmente i 10 milioni per la barca, la grande barca, ma non trovavano il milione per il tornio. Io invece non trovavo niente perché vissuto in un catapecchia fino a... Per un po'... Poi io mi sono fatto una casetta, lavorando di domenica, tant'è che l'avevano battezzata "La domenica", perché di giorno lavoravo, di domenica assieme a qualche amico muratore e facevo un po' da manovale... Mi sono fatto una casa dove ho abitato fino a quando si è sposato Antonio, fino a 15 anni fa, io 70. Io sono sempre stato...Una mia dichiarazione, e la riprendono, un imprenditore povero di un'azienda ricca. Ancora adesso io non ho barca, non ho aereo, non ho niente. Ancora adesso, quando viaggiamo, viaggiamo tutti in classe economica. Fatturo 3 miliardi di euro, siamo i primi tre o quattro grandi imprenditori privati italiani. Andiamo avanti, che arriviamo alla fine. Quindi, sempre grande voglia di fare e di sfondare. Io ho sempre lavorato tantissimo, 15 ore al giorno, e mi è sempre andata bene, ho sempre avuto molto fortuna perché uno dei motivi per un imprenditore per diventare grande, deve essere preparato, deve essere capace, deve essere intelligente, un'intelligenza pratica, concreta... Perché io conosco gente molto più intelligente di me - si fa per dire - ma sono un disastro perché non decidono mai niente, non hanno il coraggio di decidere. Per diventare grande occorre avere queste qualità, capacità: voglia di fare, voglia di lavorare, ma anche capacità di rischiare, che se lei non rischia, non... E di rischiare in grande. Noi continuiamo a rischiare in grande perché ci piace diventare importanti. Oggi come le avrà detto Albisella, la Marcegaglia, 47 imprese, fattura 3 miliardi di euro in Italia, siamo 100% privati. Io sono fondatore e consigliere delegato insieme a mia moglie, insieme ai miei figli, e lavoriamo tutti con una modestia eccezionale. Antonio, che assieme a me e assieme a Emma manovra miliardi tutti i giorni... Quando viaggia e magari va in America, va in classe economica; noi che viaggiamo per tutta Europa, viaggiamo tutti low-cost. Conosciamo della gente che vale un centesimo rispetto a noi, che se non vanno in prima non sono...

Anna Marino: 00:22:18 È proprio questa allora.... Se proseguendo il criterio cronologico, poi arriveremo come anche dice lei ai momenti più attuali, quella che lei ha vissuto insomma ai primi tempi è stata un'epoca anche di grandi invenzioni, come lei raccontava, di grande entusiasmo...

Steno Marcegaglia: 00:22:33 Entusiasmo. Credevamo tutti un qualcosa ed io, una volta finito il fascismo, finita la guerra, grande delusione, ero un ragazzino di 15 anni, però detto: "Bene dobbiamo... Non farò strada come... non diventerò il Papa, il Duce o il re", ma volevo diventare qualcuno.

Anna Marino: 00:22:49 Ci può raccontare però quel momento, cioè come cade in questo momento - come dire? di ascesa, di grande, di grande - come dire? - ricostruzione e anche volontà di emergere ecc. Come cadono gli anni della guerra? Come li ha vissuti lei e la sua famiglia?

Steno Marcegaglia: 00:23:05 Gli anni della guerra li ho vissuti in modo drammatico, perché i primi due anni nel collegio, dal '40 al '42...Prima della guerra benissimo perché, mio padre, emigrante, guadagnava abbastanza e ci compravamo tutto. Famiglia poverissima, molto dignitosa, mangiavano la carne una volta al mese, perché non si poteva, però non contava niente. C'era l'entusiasmo, si credeva in un qualcosa in un futuro. Finita la guerra... Fino al '45, l'Italia dovrà vincere, eravamo orgogliosi che prima o poi la guerra l'avremo vinta e saremo diventati importanti, gli italiani vincitori. Poi naturalmente la guerra finisce, la guerra la perdiamo. Nessuno m'ha fatto niente perché ero un ragazzo pieno di entusiasmo. E allora ho cominciato a rimboccarmi le maniche. Già a 15 anni, già a 14 anni... Dunque, già a 15 anni, andavo a Mantova in bicicletta. Gazoldo degli Ippoliti è un paese della provincia di Mantova che dista 20 km, c'era la corriera, ma non potevo permettermi di prenderla perché il biglietto costava molto; allora andavo in bicicletta. La sera tornavo a casa e m'arrangiavo: facevo un po' il cameriere, facevo di tutto.

Anna Marino: 00:24:19 Ecco la società in cui lei ha subìto più che altro - quella in cui lei viveva e quello che lei viveva - un contraccolpo a cui si è dovuto più che altro adattare, mentre l'elemento storico era più un elemento che cadeva nella vita quotidiana, di impoverimento, forse.

Steno Marcegaglia: 00:24:33 Esatto, allora, fino da 12 a 15 anni, fino a 18 vado a Mantova, divento geometra. Per ben 11 anni difendo i contadini fino al 1959. Lì vicino a Mantova, c'era un'azienda che si chiamava "IMAS" (I-M-A-S), che vuol dire "Industria Medolese Avvolgibili Serramenti", che faceva serrande avvolgibili, faceva tapparelle, come ho detto. Lì fallisce il fornitore. Ecco, allora l'occasione: il fornitore di queste imprese fallisce, allora abbiamo fatto la Marcegaglia, ho tirato fuori quel milione e mezzo di lire, ho assunto due, tre dipendenti e abbiamo cominciato a fare una modesta attività con 2, 3 persone; ridicolo perché, non avendo motore, corrente elettrica, usavamo i motori a scoppio. Abbiamo preso tutta l'attrezzatura buttata via, che non andava più bene. Insomma, mi ero meritato "lo zappaterra". Però, questo "zappaterra"... Cominciamo con 100 tonnellate al mese, l'anno dopo diventano 300, l'anno dopo diventano 1.000. Raggiungo i lecchesi, faccio un grande debito, coraggiosissimo. Mi ha preso a ben volere, perché 'sto ragazzo, pieno d'entusiasmo... Ho fatto un debito di 200 milioni di lire, che era pari a 100, o al mio capitale. Comprai una laminatoio. Prima avevamo un laminatoio che produceva 100 tonnellate al mese, e i lecchesi mille, e mi dicevano "lo zappaterra". Le mie 100 da un anno all'altro diventano 4.000, i lecchesi 1.000. La mia corrente elettrica illimitata porta una grande linea e ho tutta la corrente che vuole. Compro un altro laminatoio, beh, per farla breve, io supero tutti; la grande "FAR", che faceva 7.500 tonnellate al mese, io ne faccio già di più. La laminazione a freddo da 1.000 tonnellate al mese, ne faccio 30.000. Quindi, nel giro di poco tempo, i lecchesi sono rimasti con la loro grande barca, con tutto, con un'azienda da 1.000 tonnellate al mese, con impianti vecchi di 50 anni, io lentamente mi rinnovo con tutti gli impianti. Un po' alla volta ho delle macchine, avevo delle macchine che producevano 10 volte loro. Da loro il costo del lavoro era metta il 30%, da me scende al 15, al 10, a 5, e quindi un bel momento era giocoforza batterli tutti. Mentre loro producevano 10 mila tonnellate al mese, già io da solo ne producevo più di tutti loro messi assieme; ed è stato un crescendo, crescendo, crescendo. Non mi sono mai fermato.

Anna Marino: 00:27:26 Ecco quindi, è stata l'innovazione tecnologica l'ha aiutata un po' anche a...

Steno Marcegaglia: 00:27:29 Il coraggio, il coraggio, coraggio. Specialmente a Mantova ero anche favorito da manodopera che non aveva nessuna possibilità. La nostra gente non poteva più fare lo zappaterra o fare il mungivacche perché non c'erano più vacche, perché non c'era più bisogno di zappare la terra, perché c'era la meccanizzazione agricola. Quindi questa gente che era costretta - vedevo molto la gente di Gazoldo - a venire a Milano, a Torino a fare i mestieri più umili, trovando lavoro a casa, abituati contadini loro, tanto a guadagnare poco, li trasformammo in gente che lavorava tanto e guadagnava un po' di più, ma lavorava, lavorava. Quindi con il mio coraggio di investire, investire, ha fatto diventare la Marcegaglia da due dipendenti, da due apprendisti, a un gruppo che oggi, come lei sa... Vediamo un po'le tappe. Mi sono interessato anche di politica, un bel momento, nel 1900... Antonio aveva tre anni, oggi ne ha 43, quarant'anni fa... Quindi avevo 39 anni, ero molto legato alla mia gente, ho fatto una lista civica, indipendente come minoranza democristiani, socialisti e comunisti, mi sono presentato per ben 10 anni alle elezioni, le ho sempre vinte ed ho amministrato molto bene all'inizio, sempre meno bene perché, col passare del tempo, l'azienda ingrandiva, il mio tempo veniva meno.

Anna Marino: 00:28:56 Quindi questa è stata la sua esperienza diciamo di...

Steno Marcegaglia: 00:29:00 Lavorare con la povera gente, sì. Ho fatto il sindaco con lista civica, partiti indipendenti. Ricordo un episodio che è stato nella storia. Nessuno vedeva bene la mia lista perché avevo sconfitto i democristiani, socialisti e comunisti. Avevo sconfitto la politica. Quando ero sindaco, lì a Gazoldo, c'è un paese che si chiama San Fermo, è una frazione che era amministrata dal Comune lì a Gazoldo - che lo rappresentavo io e la mia giunta - e da altri due comuni, chiaramente democristiani perché questo era l'andazzo della zona. Allora, questa gente... C'è una scuola in un paesino che si chiama San Fermo, questi amministratori decidono di chiudere la scuola perché era una frazioncina. Allora io ho indetto perché ero molto vivace molto, molto, bisognava stare attenti a contraddirmi perché... Ero molto giusto perché ero uno che in Comune quando ero sindaco avevo abolito le classi dei funerali. Allora c'era il funerale di prima classe, di seconda e terza classe. Ho mandato a chiamare quello delle pompe funebri: "Cosa guadagna lei mediamente?, "Prima classe 10.000, seconda classe 5.000, terza classe 3.000". "Qual è la differenza di spesa?", "Prima classe ci sono più pennacchi, più storie...", "Niente, da domani lei fa solo funerali di prima classe al prezzo della terza classe. Tutti uguali non c'è differenza". Sai, io avevo lavorato per l'Alleanza Contadini - come dico - quindi ero rimasto un uomo molto legato alla povera gente.

Anna Marino: 00:30:34 Con un certo senso della giustizia...

Steno Marcegaglia: 00:30:35 Eh alla giustizia ero molto, molto attento, tant'è che Gazoldo con la mia amministrazione cambiò così. Torniamo a quel particolare lì, allora...

Anna Marino: 00:30:43 Prendo spunto per una cosa. Per completare i passaggi storici che ci chiedono anche un po' di ricordare insieme ai protagonisti del '900. Un altro passaggio storico molto importante, che le voglio chiedere come ha vissuto lei, è il passaggio alla Repubblica, quel famoso...Quella famosa decisione che cambiò - diciamo - la forma...

Steno Marcegaglia: 00:31:12 Ero un bambino allora, niente... Io sono nato nel '30, avevo 15 anni, quindi politica la feci quando ne avevo quaranta, quindi ero un bambino. Non mi disse niente, non... Ero, vedevo tutta 'sta gente entusiasta, divenni entusiasta anch'io, perché da giovani ci si entusiasma. Lei pensi un particolare: in questo comune, la maggioranza - perché eravamo tre giunte - decide di chiudere la scuola. Io mi batto e faccio un grande comizio in giunta per cui i consiglieri contrari, quelli delle altre due liste degli altri due comuni, non se la sentono di votare per chiudere la scuola, e votano. Per cui, io che avevo tre posti - la giunta era formata da tre consiglieri miei, da tre dell'altro comune, da tre dell'altro comune, tutti i nove votano a favore di non chiudere la scuola. Il prefetto mi manda a chiamare, si arrabbia, dice: "Lei è riuscito a convincere le due giunte di tenere aperta la scuola. Lei deve, deve convocare immediatamente le giunte", ma dico: "Non sono io", "No, no" dice, "di fatto non è lei" - ch'io avevo la minoranza - "sono gli altri. Lei deve convocare le giunte, e far chiudere la scuola, sennò la denuncio per plagio". Ecco, avevo 39 anni, un tipino mica da... dico "Eccellenza, sarà bello", dico, "vedere sei dei suoi, raccomandati, che vanno in tribunale e dicono: "Marcegaglia, che è uno solo, un ragazzo, ci ha plagiato", per dire cosa succedeva.

Anna Marino: 00:32:47 Seguendo un po' la vostra storia, in pratica man mano aumentano gli addetti, aumentano le unità produttive, aumentano - diciamo - aumentano le fabbriche tanto da arrivare ad un gruppo.

Steno Marcegaglia: 00:33:00 Ecco, no, aspetti, c'è un fatto importante.

Anna Marino: 00:33:04 Ecco, come avviene questa crescita? Come mai...?

Steno Marcegaglia: 00:33:04 Gazoldo... Continuamente, io tutti gli anni, io ho ragionato così: l'inflazione ci consiglia di fare debiti - allora c'era un'inflazione grandissima - devo fare dei debiti ragionati perché pagandoli in 15 anni, dopo qualche anno, pago il mio debito con una moneta fortemente svalutata. Se quando io ho fatto il debito, il credito concessomi valeva, per esempio, l'equivalente di 1.000 tonnellate di acciaio, dopo equivale a 900, 800, 600, quasi a niente. Quindi avevamo un grande aiuto da parte dell'inflazione perché se anche pagavi a tassi alti il mutuo, la svalutazione era molto, molto più alta; quindi la banca mi dava i soldi oggi e come oggi con 1.000 euro, con un milione, compravo 100 tonnellate, quando li restituivo, le 100 tonnellate valevano 100.000, quindi l'inflazione... Ora è meno facile fare l'imprenditore perché l'inflazione non c'è più. Se contrai in debito, lo restituisci alla stessa somma, però l'inflazione non c'è più, e non ti aiuta più. Arrivo nel 1978, quindi da 48 anni, compro da quei lecchesi che mi chiamavano "zappaterra", lo stabilimento, la Laminatoi Meridionali a Napoli. L'azienda era in fallimento, in due, tre anni la metto in funzione e va tutto bene. Nell''82 mi rapiscono - sono stato rapito -, furono due dei miei dipendenti che mi rapirono, io li avevo riconosciuti dalla voce quando mi parlarono, quindi ero un condannato a morte. Mi hanno portato in Aspromonte, ho trovato una grande forza nella fede perché quando uno disperato se diventa un uomo di fede, diventa un uomo fortunato, pregavo Dio in continuazione - perché in Aspromonte la giornata era buio 24 ore, sempre al buio, quindi un po' dormivo, un po' ero sveglio - che mi aiutasse ad aiutarmi. In effetti sono scappato, m'han preso, sono riscappato, m'han preso. Quando sembrava... Quando stavano per portarmi alla capanna in Aspromonte dove ero nascosto, un elicottero della polizia sorvola l'Aspromonte come fa sempre, però io ero nascosto sotto un albero, quindi il rumore era enorme... Io scappo ugualmente, quelli dell'elicottero mi vedono, scendono, mi salvano. Quindi ho avuto anche questa situazione. Tornato a casa, siamo nell'82, anziché... Anziché dormire, anziché fare come tutti che hanno fatto all'ora che sono andati in Svizzera, mi sono rimboccato le maniche ed è stato un via... Ho comprato la "Lombarda Tubi" nell'83, ho comprato "Dusino San Michele", poi ho costruito stabilimenti e comprato stabilimenti dappertutto, ed è stato, ed è...Un continuo espandersi. Noi... Io ragiono così: quando si è un certo livello industriale si hanno grandi fidi, l'investire è un errore madornale... L'investire bene. Ma ci sono dei motivi anche chiari. Primo: investire, compro impianti nuovi, gli impianti nuovi mi permettono di fare ammortamenti - che li detraggo - quindi la metà del valore del mio investimento diventa, in 1, 2, 3, 5 anni, ammortamento - che lo detraggo - quindi l'investimento metà ve lo paga lo Stato. Secondo: non distribuisco dividendo perché siamo una famiglia, familiare, quindi abbiamo, non abbiamo bisogno di soldi, perché tutto l'utile... Io guadagno, per esempio, nel bilancio dell'anno scorso, abbiamo guadagnano 105 milioni, 55 di tasse e 50 utile, che rimane nell'azienda; secondo: gli impianti ammortizzati sono impianti che vanno avanti ancora 20 anni, quindi è un problema fare l'investimento i primi anni perché devo pagare al 100% l'investimento, però metà lo detraggo dalle tasse come ammortamento, e dopo 5, 10 anni l'impianto è ammortizzato, ma va avanti altri vent'anni. Quindi, pur che uno non sia matto e investe in settori balordi, ma se investe nel settore di cui è capace... Ecco perché dice ofelì, ofelè ognun el suo mesté. Quindi noi continuiamo, continuiamo a investire.

Anna Marino: 00:37:35 Quindi da quando torna poi da questo sequestro, riprende la campagna delle acquisizioni...

Steno Marcegaglia: 00:37:42 Mi sono scatenato, scatenato perché era diventato scopo della mia vita. Quando ritorno dell'investimento Antonio, che è mio figlio...

Anna Marino: 00:37:52 Ecco, questo sequestro era un sequestro estorsivo, a livello di estorsione?

Steno Marcegaglia: 00:37:55 Sì, volevano 3 milioni, 3 miliardi di riscatto. Quindi allora ero da solo, ero io e mia moglie, che è stata fondamentale: Antonio si era iscritto, quando mi hanno rapito, al primo anno di università alla Bocconi. Emma faceva due anni... Una seconda liceo, terzo liceo. Quindi i figli sono venuti in azienda, sono validissimi. Mia moglie lavora in azienda. Noi facciamo la vita di una famiglia di un artigiano che ha tre dipendenti.

Anna Marino: 00:38:24 Ecco, prima di arrivare poi all'espansione internazionale dell'azienda, dopo le varie acquisizioni appunto come diceva in tutt'Italia, volevo un po' parlare del momento in cui lei fonda la sua di famiglia, cioè la sua famiglia, il momento in cui si sposa, ha i figli, l'educazione che vuole dare a questi figli, il modo di farli approcciare all'impresa.

Steno Marcegaglia: 00:38:45 Io ho sempre confuso la famiglia con con l'azienda, però... Siamo una famiglia unitissima. In cambio, mia moglie era una grande madre e una grande aiuto perché mia moglie è consigliere delegato, si occupava dell'amministrazione e i figli naturalmente come han compiuto 18 anni, gli ho dato un blocchetto d'assegno, dico: "Ti amministri tu", erano ancora studenti, chiaramente poi venivano controllati. Io ho cominciato a rigiocare con l'azienda, Emma... Antonio andava a scuola il pomeriggio, faceva il suo girino, hanno sempre vissuto come i figli dei nostri dipendenti: scuole pubbliche, asilo pubblico, andavano in vacanza con i figli dei dipendenti in sacco a pelo e magari avevano 10.000 lire quando i figli dei dipendenti ne avevano venti. Racconto un episodio: una volta, mio figlio e un suo amico vanno in vacanza; dalla vacanza, a Bologna perdono il treno e allora Antonio dice: "Andiamo a dormire in albergo", l'amico dice: "No, no perché non ho i soldi", "Te lo offro io" dice: "No, perché non è giusto", "E allora dormiamo nel sacco a pelo in stazione". Mio figlio ha dormito nel sacco a pelo in stazione con l'amico. Passa un signore, dice: "Ma tu sei figlio di Marcegaglia?" "Sì", "E dormi qui! Dai vieni che ti offro io l'albergo", "Per carità, mio padre ne ha dei soldi finché voglio.Dormo qui perché faccio compagnia al mio amico". Era lo spirito insomma.

Anna Marino: 00:40:15 L'educazione dei suoi figli come la sceglie? Cioè qual è stata...?

Steno Marcegaglia: 00:40:19 Io credo solo nella scuola pubblica. Anche adesso io sono un esponente della Banca Monte dei Paschi, delle volte regaliamo una scuola a qualcuno, vado io a inaugurarla, e esalto la scuola pubblica. I miei figli hanno fatto l'asilo insieme agli altri bambini. La mamma dedicava tutto il suo tempo, ha fatto le scuole elementari con i bambini, le medie con i bambini, l'università - pensi - siccome l'hanno fatta durante il mio rapimento, dormivano con la guardia del corpo in collegio, quindi hanno sempre vissuto come ragazzi normalissimi, figli di operai, figli di, di... Questo ecco. Noi non abbiamo né barche, né, né...

Anna Marino: 00:41:01 Sì, è un insegnamento questo.

Steno Marcegaglia: 00:41:04 Sì, noi non conosciamo nessuno, siamo amici di tutti, io do la mano a tutti, ringrazio tutti. Tratto il prefetto come l'ultimo, non faccio differenza.

Anna Marino: 00:41:15 Ecco, appunto, l'ingresso dei figli in famiglia, cioè proprio con questo spirito anche di renderli indipendenti, come avviene? Come fa questo passaggio?

Steno Marcegaglia: 00:41:24 Gradualmente. Come si sono laureati, mio figlio già mentre si laureava veniva già in azienda, la Emma lo stesso. La Emma è venuta in azienda che conosceva già tante cose, perché... Poi come si sono laureati, li ho buttati, gli ho detto: "Arrangiatevi", gli ho messo un tutor per una settimana, dopo non serviva più e ho fatto come faceva Agnelli con il nipote - no? - che l'ha mandato per molto tempo in stabilimento a lavorare. I figli lavoravano insieme agli altri e erano come tutti gli altri.

Anna Marino: 00:41:58 I conflitti come venivano gestiti?

Steno Marcegaglia: 00:42:01 Con molta attenzione e con molta intelligenza da parte mia e di mia moglie e anche da parte dei miei figli. Chiaramente oggi io comando, perché voglio comandare, sono presidente e consigliere delegato; Antonio comanda, consigliere delegato, Emma comanda. Diciamo le strategie assieme, poi ci dividiamo i compiti. Io mi occupo prevalentemente degli acquisti, dei grandi acquisti, che sono determinanti. Emma si occupa prevalentemente della finanza, e mia moglie dell'amministrazione del personale. Ci dividiamo i compiti e lavoriamo tutti e quattro come se fossimo quattro consiglieri delegati di un'azienda non nostra.

Anna Marino: 00:42:42 Ecco, per quanto riguarda invece diciamo il passaggio da azienda italiana, grande azienda italiana ormai, grande azienda italiana...

Steno Marcegaglia: 00:42:52 Molto gradualmente, molto lentamente.

Anna Marino: 00:42:55 Anche, ecco, in questo passaggio per diventare internazionale?

Steno Marcegaglia: 00:42:57 Lentamente, gradualmente. Prima abbiamo comprato un'azienda in America, poi abbiamo comprato nell'Inghilterra, poi abbiamo fondato molti uffici commerciali perché noi italiani siamo uguali, Abbiamo interesse a comprare l'acciaio in Germania e in Francia, importarlo, lavorarlo ed esportarlo. Allora, dov'era necessario, produzione, ma siamo presenti dappertutto con uffici commerciali, dappertutto. Quindi noi il 70% dei nostri prodotti li esportiamo. Oggi c'è crisi, ma noi abbiamo fondato un'azienda così grande, così completa, noi abbiamo delle scorte di materiali per cifre colossali, per 2 milioni di tonnellate, per cui da noi il cliente trova sempre tutto. Noi lo abbiamo fatto anche perché ho fatto un calcolo: regole, è venuto un professore dell'università recentemente, della Bocconi, a intervistarmi non so per cosa. Alla fine, mi ha detto: "Grazie della lezione, signor Marcegaglia". Oggi, per competere, occorre voglia di rischiare, rischiare in grande e approfittare delle occasioni. Io opero nel settore dell'acciaio, dove l'acciaio ha una volatilità paurosa. Io conosco il full cost dell'acciaio. Se il prezzo dell'acciaio - il full cost - è 300 dollari, quando succedono questi avvenimenti in base al quale gli altri imprenditori non comprano più, perché se era a 300 dollari ed è andato 200, dicono :"Qui da 400 è andato a 300. Ho comprato. Poi mi è sceso a 280. Ho comprato. Poi mi...". Si ferma, come in borsa. Quando un titolo continua a scendere, la gente, gli investitori hanno paura che scenda ancora e non comprano più; quando aumenta, continuano a comprare perché pensano che aumenti. Io ho fatto un discorso molto semplice, noi siamo soci anche di Stahlwerke Bremen, di [T Site] che producono acciaio, dice: "Come conosco i prezzi full cost quando scende fortemente al di sotto? compro al più non posso. Abbiamo una grossa capacità economica, un grande affidamento. In questo momento siamo pieni, pieni di acciaio che abbiamo comprato quando era al di sotto del full cost, il full cost 300 euro, l'acciaio era andato a 200: come si si poteva non comprare? Io ho comprato 200, è vero che è andato anche a 190, però poi quando io ho fatto, ho comprato tanto, naturalmente i fornitori mi erano grato perché nessuno comprava l'acciaio... Ho portato in casa l'acciaio a 200 euro, quando adesso è a 400, ma questo lo possono fare tutti. Quando la materia prima va al di sotto di un prezzo minimo, minimo, minimo che è la metà o il prezzo, il full cost è 300 dollari, la materia prima ne costa 180, è il momento di comprare. Avere coraggio. Quanto hai sbagliato? Mai. Ho sbagliato perché da 200 è andato a 190, però dopo un po' mi è salito a 300. Quindi vuole il coraggio, e sapere qual è il momento giusto di comprare un prodotto in un settore dove da noi la materia prima è più dell'80%.

Anna Marino: 00:46:16 Lasciamo perdere appunto di aziende che sono state oltretutto della campagna di inizio - no? - e che sono anche all'estero, insomma, che sono state anche all'estero. In un momento in cui c'è stata l'espansione massima, in cui lei appunto invece ha adottato anche questo momento per mettermi al riparo dalle fluttuazioni delle materie prime, dai problemi contingenti in un gruppo che conta ormai, quante aziende?

Steno Marcegaglia: 00:46:47 47, noi siamo 47 stabilimenti, però l'azienda non è fatta solo di capannoni, fabbricati e impianti, è fatta soprattutto di uomini. Io ho molto rispetto degli uomini, non tutti abbiamo... Parliamo con noi, facciamo le riunioni due volte all'anno, io li ricevo quando uno vuole. Non tutti però se uno ha bisogno, bisogno... Quindi noi abbiamo un fattore umano dove siamo riusciti a far costare il costo del lavoro meno del 6%, del quale 6%, il 2% di spesa commerciale e amministrativa; costo di produzione il 4%. Questo cosa vuol dire? Che la Cina non ci fa paura, che i Paesi dell'Est non ci fanno paura, che noi investiamo moltissimo, prendiamo gli impianti più all'avanguardia, abbiamo delle gente che ha una produttività che è 5, 6 volte l'altra, un po' perché abbiamo gli impianti all'avanguardia, un po' perché la gente si dà da fare e lavora per cui il basso costo del lavoro per noi non esiste. Quindi noi completiamo coi cinesi, coi Paesi dell'Est, perché pur avendo un costo del lavoro di 7, 8 volte superiore, perché produciamo 7, 8 volte loro. Questo andrà avanti per un anno - un anno no - per dieci, vent'anni. Il pericolo siamo noi italiani che andiamo all'estero a impiantare le aziende, che il costo del lavoro costa poco, però succederà sicuramente quello che è successo in Giappone. I sindacati ci sono dappertutto, saranno più o meno corrotti, ma prima o poi anche nei Paesi dell'Est il prezzo del costo del lavoro aumenterà. Vede, il Giappone, dove in Giappone il costo del lavoro era il più buon mercato del mondo, ora è il più caro del mondo. Ora il lavoratore giapponese è più caro del lavoratore occidentale.

Anna Marino: 00:48:40 E quindi in tempi di colossi - no? dei metallurgici, e in tempi in cui ovviamente c'è la sfida mondiale della globalizzazione, volevo solo fare un'ultima domanda che mette un po' insieme, lega forse o fa le differenze tra due periodi storici: uno, quello della crisi energetica di qualche tempo fa, in cui appunto vi siete trovati con una contrazione dei consumi, della domanda ecc.; e uno con la crisi e le contingenze adesso attuali, cioè quella delle sfide mondiali, ecco cosa faceva o vi fa più paura. Che differenze ci sono?

Steno Marcegaglia: 00:49:19 Le rispondo in modo un po' arrogante, ma non è arroganza. Quando io sono partito, c'erano i grandi nomi.Sono spariti tutti. Chi non era nessuno come me, senza soldi, senza esperienza e senza niente... Perché ce l'abbiamo messa tutta. Oggi ci sono molti imprenditori italiani che credono nelle loro aziende, altri che credono meno. Vanno bene gli imprenditori che credono, ad una condizione: che siano molto preparati, che siano capaci di coinvolgere il personale, che siano capaci a produrre tanto e bene, perché il mercato vuole qualità, servizio e prezzo; chi riesce a coniugare queste tre situazioni: avere la qualità è importantissimo, il servizio, che non è facile, e il prezzo è vincitore. Quindi, in un mondo di globalizzazione a noi della globalizzazione abbiamo spiegato non ce ne importa niente, perché i cinesi... Noi siamo i più grandi produttori di tubo mobilio, eravamo spaventati perché i cinesi importavano i mobili. Adesso il mercato del tubo mobilio ha ripreso per chi? Per quegli imprenditori che hanno altre produttività, che sono capaci. Completiamo. Noi abbiamo l'onere, non facile, di essere sempre vincitori, o fra i primi. Certo che sia reagiamo, cominciamo a fare l'imprenditore e dire: "Questo denaro lo uso per fare questa attività o un'altra", distrae denaro e fa un mestiere che non è il suo, corre il rischio di lasciarci le penne, quindi...

Anna Marino: 00:50:56 Quindi la ricetta è la stessa, era la stessa allora?

Steno Marcegaglia: 00:51:02 E' sempre quella. Io ho sempre vissuto con la globalizzazione perché quando son partito e facevo le piccole guide per tapparelle, per conquistare la clientela dovevo dare qualità, servizio e prezzo. Competevo con gli italiani, competevo con quelli di Mantova, poi competevo con quelli di Verona, poi con quelli di Milano ma c'è sempre stata una competizione nazionale e ha sempre vinto nella competizione chi è riuscito a fare più qualità, più quantità, miglior prezzo.

Anna Marino: 00:51:30 Il futuro dell'impresa, e quindi il passaggio di consegne comunque le prossime generazioni che vede, quali messaggi avranno, cioè quali saranno...?

Steno Marcegaglia: 00:51:40 Io sono fortunato perché la Marcegaglia è un'azienda penso unica, quasi unica, dove c'è la prima generazione che sono io, sono partito da zero, sono la prima generazione, sono ancora l'attuale generazione e un po' di futuro generazione perché io mi impegno come avessi vent'anni. La seconda generazione è rappresentata da mio figlio e da mia figlia sono anche prima generazione perché sono in azienda da vent'anni, quindi hanno avuto vent'anni di esperienza col padre, in vent'anni anni si sono fortemente dati da fare, perché sono preparati, sono molto ambiziosi. Io sono Cavaliere del Lavoro, sono Cavaliere, sono Commendatore dell'Ordine della Corona, ho un sacco di storia, sono ingegnere honoris causa, io ho avuto il massimo, di più non potevo avere. Noi abbiamo una fortuna, che siamo un gruppo grande, ce n'è per tutti. Abbiamo la fortuna che i miei figli sono intelligenti, e io pure, e riusciamo a non fare la guerra un bicchiere d'acqua.

Anna Marino: 00:52:43 Sarà anche la soluzione per le future generazioni?

Steno Marcegaglia: 00:52:46 Sicuramente, noi andiamo d'accordissimo, ci dividiamo i compiti. Io sto attento che quello che tratta Antonio, vedo di non trattarlo io, quello che tratto, io dovrebbe non trattarlo lui. Parliamo delle strategie e lavoro moltissimo perché quando vado in macchina e c'è l'autista che guida, la macchina è un ufficio mobile. Emma ha una magnifica bimba, che ha tre anni. Il futuro, futuro in mano della bimba, che si chiama Gaia.

Anna Marino: 00:53:13 E invece per quanto riguarda il suo tempo libero?

Steno Marcegaglia: 00:53:17 Non ne ho. Il mio tempo libero è leggere qualcosa, leggere i giornali che non riesco a leggere e leggere, io amo molto leggere.

Anna Marino: 00:53:28 Libri, quali?

Steno Marcegaglia: 00:53:28 Finanzia, tutto ciò che riguarda la finanza, tutto ciò che riguarda.

Anna Marino: 00:53:35 Musiche?

Steno Marcegaglia: 00:53:35 Un po' quando ho tempo, un po' di jazz. Film quando ho tempo, il buon Western, ma adesso non sono, non sono... Sono superati. Ma mia moglie è capace di brontolarmi perché ho comprato un qualcosa che ho speso 100 euro, anziché comprare qualcosa che valeva 80. Abbiamo ancora il senso del valore, io compro tutti i mesi, compro 400 mila tonnellate di cose. Io mi sono divertito, io continuo. Noi continuiamo a crederci ancora, stiamo costruendo un nuovo stabilimento in Polonia e abbiamo giovani. Abbiamo firmato un documento una settimana fa in base al quale abbiamo comprato 440 mila metri di terreno per costruire un grande stabilimento. Se noi fossimo ragionevoli, se fossimo gente normale, io e anche soprattutto anche i miei figli, noi ci saremmo fermati d'investire, adesso perché siamo andati in Brasile. Stiamo spendendo 150 milioni. In Polonia spenderemo altrettanti.