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Matarrese, Michele - 2006 - Bari

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Trascrizione

Stefano Totoro: 1:00:00:00 Bari, 12 giugno 2006. Intervista a Michele Matarrese realizzata da Stefano Todaro, nel progetto in collaborazione fra Discoteca di Stato e Radio 24 per raccontare la vita dei protagonisti della storia dell'impresa italiana. Il nome della società è ancora quello del suo fondatore; com'è cresciuta con lei l'azienda, qual è stato il segreto della sua impresa?

Michele Matarrese: 1:00:00:21 La mia impresa - più che mia, quella originaria di mio padre - mio padre, Cavaliere del Lavoro, è andato via dal 30 gennaio del 1977 e da allora io come figlio grande, il primo dei sei figli - cinque fratelli più una sorella - quindi, il maggior responsabile della impresa, impresa che abbiamo e che stiamo conducendo, io come Presidente della Salvatore Matarrese S.p.A., quindi è proprio il capostipite, originale dell'impresa individuale di mio padre all'epoca e quindi con altri quattro fratelli stiamo conducendo un po'tutto. Oramai è un gruppo imprenditoriale.

Stefano Totoro: 1:00:01:13 Che cosa lega all'inizio della sua attività lavorativa?

Michele Matarrese: 1:00:01:16 Beh, la mia attività lavorativa inizia appena laureato. Io mi sono laureato in ingegneria nel 1957 e quindi da allora ufficialmente sono entrato nell'impresa, a fianco di mio padre e di mio fratello Vincenzo, con il quale tutt'oggi abbiamo condotto sempre insieme - io come presidente e lui suo delegato - ma per noi queste cariche sono care soltanto, se non proprio da un punto di vista burocratico, ma è un modo insieme di condurre le attività senza distinzione praticamente di queste formalità burocratiche; e qui da allora è entrato nell'impresa nel '57 mio fratello Vincenzo stava già con mio padre, perché lui è entrato prima, anche se più piccolo di me, perché aveva la volontà di seguire direttamente, cioè praticamente i lavori : dopo di che lui è quello...Il conduttore delle attività dal vista esecutivo, io sono praticamente, ecco...L'ingegnere che fa, esplica la sua attività da un punto di vista prima tecnico, puro - quando ci stava mio padre, e dopo la sua andata naturalmente la mia è stata un'attività da imprenditore, da manager praticamente, ma non più quella dell'ingegnere puro che mi piaceva tanto fare all'epoca.

Stefano Totoro: 1:00:02:47 Il primo incarico che le diede suo padre qual è stato?

Michele Matarrese: 1:00:02:50 Il primo incarico lo ricordo sempre, perché all'epoca - parlo del 1957- mio padre stava completando un complesso di case popolari a Bari, al quartiere San Girolamo, un quartiere che sta di lì ad alcune decine di metri dal mare, e si dovevano fare le sistemazioni esterne; e allora il mio incarico fu quello di organizzare tutta la sistemazione esterna di questo complesso, cioè praticamente di fare le quote dei marciapiedi, le quote stradali interne al complesso e quindi ricordo quanta fatica: diciamo, sì, mi stancavo molto perché con il livello, con il treppiedi, con il livello un po' sulle spalle... Camminavo da un fabbricato all'altro, all'esterno per dare queste quote al cantiere in modo da attraversare i livelli e queste quote di livello, e potevano realizzare poi i marciapiedi e le strade. Questo è il primo incarico che mi fece capire, in primo luogo, la bellezza del lavoro che affrontavo e che facevo con tanto entusiasmo, l'entusiasmo proprio di chi, per la prima volta... che riceve un incarico, e quindo ce la misi tutta per fare bella figura e poi rimasero tutti quanti contenti.

Stefano Totoro: 1:00:04:08 Lei, quando era all'università, già pensava di andare a lavorare con suo padre?

Michele Matarrese: 1:00:04:12 Ma... Debbo dire che forse sono nato per fare l'ingegnere, perché quando facevo addirittura l'elementari, mi ricordo una volta il maestro mi chiamò a spostare la lavagna dicendo: "Tu che devi fare l'ingegnere vieni a misurare un po' quanto bisogna spostare la lavagna per vedere meglio un po' dai posti". Quindi praticamente era nella mia volontà di fare ingegnere - naturalmente mio padre felicissimo di poter avere un suo figlio diretto, perché lui aveva i suoi ingegneri dell'impresa che ovviamente erano delle persone estranee - e quindi quella di fare l'ingegnere è stata una mia inclinazione da piccolo che poi ho raggiunto nei cinque anni di studi che poi ho fatto a Bari e allora vivendo in cantiere: perché mio padre aveva lavoro sempre a Bari e quindi mi spostavo... Man mano che il cantiere si spostava da una parte all'altra, io mi spostavo, come abitazione, da un cantiere all'altro, per cui la mia vita è stata quella di... Durante l'università fino all'anno prima di laurearmi -quando ci trasferimmo tutti a Bari come famiglia - ma io ho vissuto praticamente in cantiere, e ho studiato nel cantiere. Molte volte mi domandano:" Ma tu come facevi?", e io ricordo con tanta simpatia quella di avere un guardiano del cantiere che mi faceva da mangiare la sera - perché il cantiere era distante dal centro della città - e il mio tavolo era un tavolo di tavole di legno fatte dai carpentieri e con una bella cerata, incerata sopra - di plastica non so si chiama... All'epoca al 1958, '59,'60 così... No, no, no, no, parlerò del '52, '53, '54, quando ho vissuto in cantiere...E qui ho fatto questa vita in cantiere.

Stefano Totoro: 1:00:06:20 Prima dell'università seguiva sempre il lavoro di suo padre.... Anche quando era al liceo, anche perché era un periodo abbastanza...?

Michele Matarrese: 1:00:06:27 Erano periodi difficili, periodi del dopoguerra. Io facevo lo studente, perché il mio compito era quello di studiare, quindi non avevo... Non è che andavo sempre sui cantieri, quando potevo andavo ben volentieri perché dopotutto noi stavamo ad Andria e il liceo classico, quello statale, stava a Trani e quindi tutte le mattine dovevo prendere l'autobus per andare a Trani e poi, finito la mattinata di studio, poi tornavo là: facevo il pendolare, all'epoca. Poi, quando siamo venuti a Bari e naturalmente era difficile fare allora il pendolare, perché per poter andare da Bari ad Andria - che sebbene dista appena 50 km, l'autobus passava attraverso tutti i paesi e impiegava tre ore, quattro ore per fare 50 km, e quindi si viveva a Bari e si andava ad Andria una tantum... Ogni quindici giorni, come se stesse a 1000 km di distanza.

Stefano Totoro: 1:00:07:28 Quando lei è entrato in azienda erano già passati dieci anni dalla fine della seconda guerra mondiale, era il periodo che tutti ricordano come il "miracolo economico italiano": l'azienda a che punto era? Era già ben avviata?

Michele Matarrese: 1:00:07:45 Beh, la storia è lunga, perché se devo raccontare un po' qualcosa di mio padre, come è arrivato a fare l'impresa individuale... Perché lui prima della guerra era sempre capo di una squadra di suoi amici operai di Andria che andavano un po'...quando c'era da lavorare dalle nostre parti, lavorava per quel po' che c'era da fare, ma più che altro essendo un uomo portato sempre a guardare le cose molto da lontano.... E quindi ricordo - ero piccolino, avevo cinque anni- che andò addirittura con un gruppo di amici - non ricordo quanti erano - andò addirittura in Egitto a costruire, a far parte del team della costruzione della diga di Assuan. Quindi, a distanza poi - sono stato lì credo una decina d'anni fa - sono andato volutamente proprio a vedere la diga di Assuan, con la commozione di chi ricorda il genitore a lavorare con un caldo micidiale; quindi andavo con la mente di quanti sacrifici deve aver fatto un genitore e mi portai un po' dei pezzi del granito - perché la zona è tutta di granito - quindi immagino questo granito fortissimo, durissimo, ecc., quanto lavoro doveva venne fuori da parte di questi uomini che hanno dato la vita proprio per il progresso - non tanto della propria nazione, ma del mondo intero. E quindi, la partenza è questo uomo che, con le ristrettezze del momento, si dava da fare per progredire nella vita. Poi, con la guerra, addirittura lui è andato a lavorare - sempre con questa squadra di amici affiatati eccetera - in Germania. Durante la guerra, gli operai lavoratori italiani che andavano in Germania -eravamo alleati di guerra - è stato a Lipsia, ad Amburgo a costruire capannoni, a costruire - lui sempre capo di questo gruppo di amici - abitazioni per i militari o un capannone per l'esercito.

Stefano Totoro: 1:00:10:09 Da chi venne ingaggiato?

Michele Matarrese: 1:00:10:09 Beh, non mi ricordo, ma stavano delle imprese... Venivano chiamate da subappaltatori perché facevano credo a cottimo: avevano dei cottimi per poter realizzare entro tot tempo determinati... Diciamo costruzioni o capannoni ecc. E poi un'odissea per tornare - perché ormai stavamo in rotta con i tedeschi - per cui per ritornare ad Andria, per tornare ad Andria è un'odissea proprio perché.... Difficoltà di rientro... Ne ha passate di tutti i colori... Finalmente riuscì a tornare ad Andria e fra l'altro, tornato ad Andria, non c'era lavoro e si arruolò, visto che ad Andria lavoro non c'era proprio, come volontario e lo mandarono in Grecia... In Albania: altra avventura incredibile, ritornò per una licenza, poi si ruppero le ostilità, per cui si arrivò alla pace al famoso settembre del '43 e quindi ebbe leggermente un po' di pace perché nel frattempo ritornato - non era finita la guerra - tornato dall'Albania - non era ancora finita la guerra - perché era stato occupata parte dell'Italia fino a Cassino e c'era il porto di Barletta, dove scaricavano tutti... era un porto più di viveri... Viveri, attrezzature, ma non munizioni: un porto di scarico per tutte le navi che arrivano; ed ebbe l'incarico - come sempre responsabile - diventò ancor più responsabile di tutta la massa degli operai di Andria che erano 2.000 - anche di più di operai che stavano ad Andria - lui, responsabile di tutta la base operaia, ebbe l'incarico di portarli quanto più possibile a Barletta con i camion per scaricare le navi che arrivavano man mano, più alcune inglesi; e quindi portava da Andria a Barletta 1000 o anche 1.500 operai, con una fila di camion lungo la strada e andavano, e lui era capo responsabile di tutto questo: è nato capo. Qualcosa di di mio padre è che nella sua vita - anche perché perse il genitore da piccolissimo - qui si è sentito, primo di sei figli ugualmente, si è sentito responsabile, insieme alla mamma, di essere responsabile non soltanto della sua famiglia (dei suoi fratelli, sorelle, ecc.), ma poi man mano che cresceva si sentiva responsabile anche di tutti gli altri. Quindi è un uomo nato responsabile, era un uomo nato - come dico io - capo.

Stefano Totoro: 1:00:13:08 E questo lo ha ereditato anche lei da suo padre o no?

Michele Matarrese: 1:00:13:10 Ma no, io dico che tutti i figli insieme sì. Io dico sempre: "Tutti quanti insieme non riusciamo a fare nostro padre". Da singoli, non lo so, non lo abbiamo provato, non lo sappiamo. Non sappiamo se noi siamo cinque... Cinque tempre o sei. Devo dire che una... Cinque maschi e l'ultima è una sorella; non abbiamo avuto una sola... Mio padre... Cinque figli maschi e una sola figlia femmina, perché voleva la figlia femmina e quindi il primo, secondo, terzo, quarto, quinto figlio maschio, finalmente ebbe la figlia femmina e le cose si calmarono. Naturalmente... Quindi, stava dicendo il discorso della [tema]... Allora, mio padre, capo, e allora portava a Barletta questi operai però, rendendosi conto che la fine... La guerra tendeva alla fine, incominciò a pensare che cosa fare dopo e allora inventò, insieme al suo ragioniere, una cooperativa chiamata "Sacma": Società Anonima Cooperativa Muratura e Affini. Me lo ricordo a memoria perché io poi, piccolino, non sapevo che s'era "affini", che significa "affini", io avevo... 1944... Sì, avevo 12 anni. Ricordo sempre con questo ragioniere che si mettevano lì, sia a individuare il nome e anche lo statuto come fare questa cooperativa. Per riuscire a fare la cooperativa, fatta da chi? Da 80 muratori, va bene? Lui, presidente della cooperativa e con il consiglio d'amministrazione della cooperativa di quattro amici suoi... Una cooperativa che ebbe grandissimo successo, perché nel periodo della prima ricostruzione lo scopo principale è quello di far vivere un po' i lavoratori di Andria che notoriamente - poi Andria è una città molto difficile perché ci sono state anche delle vittime in un periodo difficilissimo quando c'era proprio contrasto tra le persone... Una cosa... Un Paese da gestire con tante difficoltà - e lui quindi... Rendendosi conto questo quantitativo di 80 muratori, 80 muratori che incominciò ad appaltare lavori uno appresso all'altro; molte volte dice :"Mi mandava il telegramma il prefetto" dice: "Fai lotto Tizio, Caio e Sempronio", ma di allora direi di centinaia di milioni per l'epoca - parliamo del '44, '45 - e tante opere furono fatte da questa cooperativa "Sacma". Ricordo che una volta mi disse ci aveva oltre mille operai per fare la copertura di un canalone: c'era una depressione che stava nel Comune di Andria e qui doveva fare dei muri e poi coprire questa e far diventare strada, una specie di tunnel. Allora si usava il tufo, all'epoca. E poiché non sapeva come far lavorare 1000 persone sul posto, così perché non c'era lavoro per mille e allora pensò di far lavorare metà, quindi 500 persone una settimana e 500 persone l'altra settimana, ma non che gli altri non venivano pagati, venivano pagati ugualmente. Stavano seduti per terra a fare niente, va bene? Con... Perché d'estate, quando dei ragazzi, pagati, portavano l'acqua fresca nei recipienti di terracotta, come si usava all'epoca, però questi qua venivano ugualmente pagati - perché bisogna far vivere la gente, loro ricevevano i soldi però da parte della Prefettura dal Genio civile, ecc., anche se non c'era lavoro per tutti. Insomma, questa storia della cooperativa è durata così un paio d'anni, poi quando gli 80 soci incominciava a guadagnare bene, ognuno di questi incominciò a comprarsi pezzetti del terreno per farsi la casa - anche mio padre si costruì la casa all'epoca, fatta da lui stesso e dai miei parenti ad Andria e quando arriva il benessere, non c'è più l'armonia. Quindi si confusero le lingue, ognuno pretendeva di... Ferma restando la figura mitica del presidente, però ognuno voleva diventare Presidente del Consiglio di Amministrazione, quindi ognuno voleva stare vicino al sole, come suo dirsi, tant'è mio padre disse che o si ricompattavano, oppure avrebbe lasciato ed è ciò che fece: lasciò la cooperativa, nominò un altro amico suo presidente della cooperativa, pensando che potesse seguire le sue orme ma, dopo pochi mesi, si sgretolò, si sfasciò. Altrimenti, sarebbe stato un esempio di tipo le cooperative che hanno fatto poi nell'Emilia Romagna. Sarebbe stato una CONSCOM, non so, una CMC... Una di queste grandi cooperative che abbiamo sotto i nostri occhi anche a tutt'oggi. Quindi e allora, lasciata la cooperativa, fece l'impresa individuale, l'impresa "Salvatore Matarrese" come individuale e questo era 1945, '46. Ecco, le nostre origini sono di questa impresa individuale, che è stata individuale fino al 1975, quando a mio padre gli avevano già diagnosticato un tumore e quindi... Ecco, cominciò a pensare un po' in là e facemmo la società per azioni: l'impresa proprio di cui poi assunsi la presidenza, insieme agli altri fratelli ed è storia poi di oggi... '77, '75 fu fatta...

Stefano Totoro: 1:00:19:00 E lei ha assunto la presidenza nel...?

Michele Matarrese: 1:00:19:03 Nel '75. La presidenza di mio padre era presidenza proforma. Mio padre è sempre il capo, il capo assoluto: era lui il capo, poi naturalmente, quando se n'è andato, ovviamente, la responsabilità è caduta su di me e sull'altro fratello, che insieme abbiamo sempre seguito, da quando mi sono laureato io dal '57... Vincenzo con cui già, insieme, collaboravamo con nostro padre a mandare avanti un po' tutti i lavori in corso.

Stefano Totoro: 1:00:19:30 Quindi lei è stato sotto la guida di suo padre per vent'anni?

Michele Matarrese: 1:00:19:34 Dal '57 fino al '77, esattamente da vent'anni, vent'anni a stretto, a fianco proprio...

Stefano Totoro: 1:00:19:42 In quegli anni qual era il suo ruolo?

Michele Matarrese: 1:00:19:45 L'ingegnere dell'impresa, cioè il direttore tecnico dell'impresa. Quindi io seguivo direttamente i lavori dalle fondamenta fino all'ultimazione. Avevo anche tutta la parte economica, come contabilità dei lavori, rapporto con l'amministrazione appaltante e con i colleghi della direzione dei lavori... Insomma, ero il tecnico di varie imprese: la cosa che mi piaceva un mondo.

Stefano Totoro: 1:00:20:07 Questo per vent'anni. E adesso, da presidente?

Michele Matarrese: 1:00:20:08 E poi da presidente e quindi adesso mi domando ancora: "Ma io chi sono?", la domanda che mi faccio è: "Chi sono?", perché non l'ingegnere, non lo faccio più, da tanti anni. Nei primi tempi, anche da diciamo così, da responsabile massimo, ma mi piaceva continuare a seguire direttamente con altri ingegneri, beh, di fatti poi si è laureato un fratello ingegnere, il quinto fratello è diventato ingegnere che poi è entrato nell'impresa e avevamo anche ingegneri esterni, e quindi intervenivo direttamente nella conduzione esecutiva tecnica dando il via, apporto ecc., e questo è durato fino al... Anche parecchio insomma, sempre però diminuendo la mia influenza fino... Praticamente adesso non ho più influenze perché sta a mio figlio, Salvatore, come il nonno, che è ingegnere e quindi lui è diventato, diciamo così, il Michele Matarrese degli anni '60,' 70 ecco... E io ho assunto la veste diciamo così, del patriarca: sono il più anziano, sono i più vecchio e quindi ho questo compito.

Stefano Totoro: 1:00:21:21 Come ha vissuto il passaggio da questa parte molto operativa alla carica di presidente?

Michele Matarrese: 1:00:21:26 Ma non è stata una corsa immediata. E' avvenuto così del tempo, quindi è molto lenta, quindi non me ne sono accorto proprio... Quindi ho dimenticato di fare l'ingegnere, ma negli anni, non c'è stato nessun fatto traumatico. Il trauma sta nel fatto che prima avevi a fianco un genitore, che seppur negli ultimi anni aveva dato molta delega ai due figli principali, che sono io e poi Vincenzo, poi negli anni '69 arrivò mio fratello Antonio, l'onorevole, quello che poi è diventato il presidente della Federcalcio, ecc., deputato e prima volta fu deputato nel '76, e poi... E quindi è cominciato ad entrare nell'impresa come, lui è laureato in Economia e Commercio, come commercialista e poi subito dopo due, tre anni è venuto il fratello numero cinque - sarebbe l'ingegnere, Amato si chiama, che lavora sempre nell'impresa. E quindi praticamente quella mia non più influenza diretta nella gestione dei cantieri si è un po' scemata dal tempo, ma senza che me ne accorgessi insomma.

Stefano Totoro: 1:00:22:42 Quali sono i valori più importanti che le ha trasmesso suo padre, e che poi lei ha mantenuto all'interno dell'azienda?

Michele Matarrese: 1:00:22:49 Eh, mio padre ha dato molti valori, ma tanti, tanti valori che noi custodiamo gelosamente, tutta la sua credibilità. Lui è stato un uomo direi molto, molto vicino agli operai, perché quella sua estrazione di conoscere il mondo operaio molto bene, l'averlo vissuto direttamente, quindi ci ha trasmesso un praticamente... Uno stare a fianco con i collaboratori non da irresponsabili, quelli diciamo così, con la sferza in mano, no, ma da avere con i collaboratori un rapporto di grande umanità, di grande trasporto. Io posso raccontare moltissimi esempi di mio padre, di come veniva incontro ai suoi operai, tant'è che quando - tu sei giovane, non lo ricorderai - ma mio padre quando morì, morì il 30 gennaio del '77, a distanza di 23 giorni, il 26 febbraio 1977 fu rapita la salma di mio papà. Fu il primo esempio di rapimento di salma di un morto in Italia; un anno dopo - credo uno o due anni dopo - ci fu un secondo episodio di Charlie Chaplin, che fu rapita la salma di Charlie Chaplin. Beh, Charlie Chaplin è famoso ovviamente e quindi ebbe molta risonanza... Però ebbe molta risonanza in Italia, perché nel frattempo, un anno prima, a giugno del 1976, fu eletto mio fratello deputato, Antonio, alle elezioni politiche del '76 e quindi eletto deputato... nella Democrazia Cristiana...Abbiamo raccontato più volte come si trova un deputato... Un figlio insomma di Salvatore Matarrese e questa è una cosa di cui i giornali hanno sempre parlato quando ci hanno sempre intervistati. Dico subito che fu una precisa volontà di Aldo Moro. Aldo Moro è di Bari, era deputato di questa zona qui e aveva ovviamente con tutto l'entourage - a parte quello italiano, mondiale ecc., ma con la sua terra aveva un rapporto più diretto e quindi dal primo incontro di mio padre - non so negli anni precedenti con Moro - si creò quel feeling, non dovuto a niente, dovuto così... Un filo di simpatia che passa tra le persone e quando Aldo Moro veniva a Bari il sabato e la domenica ecc. - veniva dal suo collegio - lui si incontrava riservatamente con due persone: una è il parroco della chiesa di San Giuseppe, si chiamava Don Michele Scheraldi, un omone robusto, forte, con un temperamento notevole, un uomo molto conosciuto nell'ambiente ecclesiastico per questo rigido inflessibile, ma bravo, bravo, sacerdote vero. Nella sagrestia si incontrava con Don Michele Scheraldi e con mio padre per sentire, prima di incontrarsi con i suoi probabilmente, per sentire dal popolo le cose come stavano; allora, dal punto di vista di Don Michele Scheraldi, tutto ciò che avviene nella società su certi livelli culturali ecc.; da mio padre voleva sapere un po' che si diceva dall'ambiente del lavoro delle costruzioni, di tutto, tutto un mondo che ovviamente doveva conoscere, e quindi si confessava praticamente in questa sacrestia della chiesa dove si raccontavano. Tant'è che mio padre, mi ricordo una volta... Diceva: "Presidente, ma perché non risolve il problema della ferrovia a Bari?". Problema che esiste tutt'oggi, che se ne parla sempre di questa autostrada... Della ferrovia non se ne fa mai. Disse così e fece... Aggiunse una parte: "Come dicono a la Lanza" - è famoso Bari, perché ha fatto il lungomare di Bari, che porta il nome di "vicolo la Lanza". La Lanza era un senatore, ministro di Mussolini fascista, però devo dire una persona talmente ben amata, perché non è stato un fascista come si pensa, quello negativo, oppressore. No, no era una persona seria, una persona pura, Proprio di ideologia fascista... Però da un portamento ed un modo di fare molto simpatico e amatissimo. Tant'è vero che dopo la guerra lui è stato senatore, finché è morto senatore del MSI, perché la gente l'ha sempre votato, a prescindere da ogni cosa di guerra perché ha fatto il lungomare di Bari: cioè tutte le costruzione che stanno sul lungomare che poi sono tutte dell'epoca fascista, dal '32 in poi, dove sta la caserma dei Carabinieri, l'aeronautica, il Genio civile, tutti questi...Passa l'agricoltura... È fatta da lui... Allora a mio padre:" Come dicono di la Lanza, sia rimasto famoso a Bari perché ha fatto il lungomare, e così se riesce a spostare la ferrovia, almeno i baresi ricorderanno di loro che hanno spostato la ferrovia" e rispose, dice:" Don Salvatore, questi sono problemi che devono interessarsi gli altri parlamentari, non io... C'ho problemi di natura nazionale ed internazionale, quindi non posso diciamo così, distrarre la mia attenzione su un problema specifico, che è di competenza degli altri deputati della zona. Ecco così questa risposta e allora quando arrivò si al '76, dove la Democrazia Cristiana temeva il sorpassò la parte dei socialisti e comunisti, all'epoca e quindi furono invitati ad intervenire nell'agone politico o altre, altre forze: le forze territoriali; e quindi la scelta sul collegio - allora il collegio Bari-Foggia - beh, nessuno, no Matarrese, già io sono industriale, credo presidente del settore edile, insomma eravamo conosciuti nel campo dell'industria e quindi su volontà di Aldo Moro ci arrivò questo invito. Mio padre, molto perplesso perché mio padre è sempre stato un uomo che tutti partito volevano, ma lui ha sempre detto:" No, l'impresa non può essere di nessun partito, l'impresa è di tutti i partiti o di nessuno, perché è una cosa a sé stante", ma di fronte a un.... perché tutti volevano delle campagne elettorali, tutti si rivolgevano a Salvatore Matarrese, eh...no, però un invito fatto diretto da Aldo Moro, come si faceva a rispondere? Ebbè, la telefonata di Aldo Moro che a babbo ci riferì che chiamò i figli, noi, i figli intorno al tavolo - questa è la stanza sua, questa scrivania - e disse:" Ha chiamato Aldo Moro, come rispondiamo? Perché ha detto, in sintesi, questo:" Lei è stato invitato a una campagna di livello nazionale. A questo invito può rispondere affermativamente o negativamente. Se giunge la determinazione di rispondere "no" è come se sbatte la porta in faccia a uno che ha fatto un gesto di cortesia". Queste le parole di Aldo Moro, che me le riferì, non so se sono esattamente queste, ma il concetto è questo; dice:" Che rispondiamo, sì o no? Come si faceva a rispondere "no" ad Aldo Moro? Invitata a una competizione di livello nazionale? Diciamo sì? Mancava un mese alle elezioni, senza nessunissima esperienza partitica, politica. Nulla. Rispondiamo "Sì", va beh, chi nominiamo? Chi... Il nome di chi? Tolto lui che aveva sessantotto anni - allora stava intorno al tavolo - escluso mio fratello il secondo - era sacerdote all'epoca ed è ancora sacerdote oggi: è vescovo di Frascati - escluso quindi il sacerdote che non c'era, noi, gli altri quattro fratelli che stavano intorno a tavolo, papà disse:" Va bene, diamo il nome tuo", a me, figlio grande, ingegnere, figlio grande. Dico:" No, papà lasciamo stare, me no, no, no io con quello non arrazzo, non è il mio mondo". E dopo di me, tolto il prete... Vincenzo, il terzo e c'è il motore dell'impresa e scartammo subito e lui altrettanto, era quello il conduttore pratico ecc., e quindi andava al fratello numero quattro, Antonio, commercialista, che già aveva fatto l'esperienza a Roma lui, perché noi, dopo laureati - io no, io sono entrato subito nell'impresa - mio fratello Antonio, dopo laureato, papà lo mandò a Roma a fare esperienza presso un grande studio di un commercialista romano, per capire che significava condurre dal punto di vista fiscale [...]le imprese per poi tornare, e di fatti fece questa sua esperienza a Roma e poi ritornò portando il suo contributo alla costituzione della società ecc. ecc., e quindi l'ambiente romano un po' politico, un po' vago l'aveva già frequentato e qui ci soffermammo:"Va beh, diamo il nome tuo", aveva 34 anni. E così demmo il nome di Antonio Matarrese: non era iscritto al partito, quindi si farà una tessera immediata, urgente, ecc. e demmo il suo nome. Altra domanda di mio padre, dice:" Beh mo'che diamo il nome che facciamo? Dobbiamo far qualcosa o diamo il nome e da domani continuiamo a fare le stesse cose che facciamo tutti i giorni? Beh, l'abbiamo dato, ma sapete che l'imprenditore, quando dà il suo nome, proprio come sua indole l'imprenditore è un combattente, lo deve difendere, non può dare un nome, poi un nome che viene buttato così... lo dobbiamo difendere, e che si fa? Eh, attrezziamoci. Come si fa a difendere un nome?" ma fu tutto così inventato. L'unica cosa che fece mio padre telefonò all'allora presidente della giunta regionale che si chiamava Trisorio Liuzzi, il primo presidente della Regione quando fu costituita la Regione nel 1970. Quando le regioni furono fatte, non so '70, '75? '70. Chiamò il presidente della Regione, che è amico, è stato quattro volte testimone di nozze di tutti i fratelli ecc., un amico di famiglia e disse:" Senti, ho dato il nome ecc., che si fa? C'hai qualcuno a mandarmi per aiutare a capire che cosa dobbiamo fare?" E mandò lui un un suo uomo, Scheraldi, si chiamava, un avvocato, che facesse da... Da guida. E così, insieme all'avvocato Scheraldi, partimmo nel fare questa campagna elettorale. Un'altra persona disse:" Facciamo finta che abbiamo partecipato...". Allora i comuni... Allora, adesso il collegio Bari-Foggia aveva 1000 comuni, ma per l'elezione serviva di più la provincia di Bari, la provincia di Foggia un po' di meno.Allora come si è... Abbiamo vinto 50 gare in 50 comuni diversi. Che fa un'impresa quando vince una gara per realizzare dei fabbricati? Prende l'ingegnere, il geometra, il contabilizzatore, li manda sul posto, organizza il cantiere ecc. "Facciamo la stessa cosa: facciamo finta che abbiamo vinto 50 gare e devo realizzare in 50 comuni diversi". E così, subito, ci demmo da fare e nominammo i responsabili del Comune ecc., facendo i nuclei alle cellule. E così, nell'arco di 20 giorni, noi facemmo un deputato. Ma non perché mio fratello era conosciuto tale da... No, era conosciuto Salvatore Matarrese da tutto il mondo operaio, sindacale, culturale, tutto quanto aveva fatto in vita sua e che quindi travasarono tutto questo affetto dal figlio. E come venne fuori una cosa che ricordo con...Bellissima perché mio fratello, quando cominciò a uscire, ad andare nei comuni e naturalmente non... Si iniziò a dire:" Ah, quello è figlio di, è figlio di". Disse, disse a noi tutti:" Non possiamo fare una cosa dove si capisce subito che io appartenga alla famiglia?" E così facemmo un manifesto - che lo conservo un pezzo - un manifesto con cui mio fratello in primo piano e a corona, dietro, mio padre e gli altri fratelli, cioè io, Vincenzo e Amato. Il prete no, a corona, dietro, che praticamente accreditavamo, con la nostra presenza il fratello più piccolo. Un manifesto che fu fatto soltanto nel Comune di Andria, questa è l'ipotesi ad Andria ci conoscevano, conoscevano Salvatore Matarrese ecc., ma ebbe un successo strepitoso dappertutto, perché la gente diceva:" Madò, che bravo figlio, lui è della famiglia", ecco il concetto della famiglia, importantissimo il concetto della famiglia proprio della nostra terra; cioè, un ragazzo che viene accreditato da ..una famiglia compatta che sta attorno a lui. E poi naturalmente la gente dice:"Questi stanno bene economicamente, non è che va lì per cercare di sfrugugliare come suol dirsi, e fare azione ecc... E così ebbe una valanga di voti per cui tra i deputati del collegio Bari-Foggia, erano 9, diventarono 10, cioè il decimo collegio se lo conquistò tutto da solo: cioè non soltanto la DC non perdette, perché all'epoca si temeva il sorpasso dalla sinistra almeno per quanto riguarda il collegio di Foggia, non soltanto si temeva di perdita dei seggi, non soltanto non perse, ma addirittura ne conquistò uno in più e tutti lo attribuivano proprio alla valenza di Matarrese; e ci troviamo all'improvviso, noi nel '76, papà vivente naturalmente, corse questo deputato.

Stefano Totoro: 1:00:37:55 Successe in un mese praticamente?

Michele Matarrese: 1:00:37:55 Successe in un mese, tant'è che ricordo sempre questo: che il rettore dell'Università di Bari, il giorno che fu eletto mio fratello, il 18 giugno del 1976, mi chiamò al telefono e disse: "A un certo punto" Quagliarella si chiamava, napoletano, "Se a questo punto mi dicono che tuo fratello il prete è diventato Papa, ci credo lo stesso". Per dirti che dicevo sì... In un mese erano riusciti a fare una cosa che... Stratosferica che non c'era riuscito nessuno, almeno per l'epoca ma, ripeto, non tolse...E papà si incontrò con Moro e gli affidò, disse:" Presidente, questo è mio figlio, l'affido... Che vi devo dire, e l'ha voluto a Roma, mi raccomando...", e lui, rivolgendosi a mio fratello, disse:" Tu devi fare come i sacerdoti che quando diventano sacerdote vengono mandati nella periferia, in campagna a fare il parroco di campagna. Poi man mano si avvicina alla città ecc. Nel senso, se tu vieni a Roma, devi fare, la mattina... devi stare dietro alla porta, si apre il Parlamento... Devi seguire alla lettera...Diciamo così, devi fare il noviziato e poi se sarai bravo, crescerai nel tempo. Questi... Gli stimoli si vivono a questo nuovo giovane ecc. E' così, è la storia di mio fratello.

Stefano Totoro: 1:00:39:31 Questo è stato il suo unico contatto con la politica?

Michele Matarrese: 1:00:39:35 Il mio contatto con la politica è un contatto di natura imprenditoriale, cioè capo dell'impresa e quindi... Oltretutto, poi io sono stato sempre presidente un qualche cosa della base industriale dagli anni '60 fino al 1998, quando ho smesso di fare il presidente regionale degli Industriali della Regione Puglia, quindi ho fatto il Presidente Nazionale degli Industriali di Bari dal '87 al '94, prima ho fatto il Presidente della Consulta edile regionale e provinciale. Sono stato sempre un qualcuno dell'ambito industriale dopo che, anche da presidente regionale, avevo un rapporto politico con la politica, però sempre visto dall'ottica della difesa degli interessi dell'industria. Quindi un altro rapporto... Dici: "Ma l'ha preso dal fratello!", io sono orgoglioso di dire che dall'87 al '94, quando ho fatto il presidente di Bari, e poi dal '98 ecc - fino al '94 è stato deputato il fratello, dopodiché non si è più presentato, mio fratello non ha mai messo piede alla sede di cui avevo la presidenza, mai. Non ho mai confuso la politica con gli interessi imprenditoriali e su questo me ne danno atto tutti quanti. Vado tranquillo su questo fronte.

Stefano Totoro: 1:00:40:55 Quindi ha avuto rapporti con la politica soltanto...?

Michele Matarrese: 1:00:40:57 Soltanto dal punto di vista di quel che erano... Del lavoro. Mio fratello mio fratello. Molte volte - sì, si può dire - mi arrabbiavo con lui, dicevo:" Ma possibile che noi dobbiamo combattere per poter andare avanti ad una vita e l'impresa, combattere sempre, di continuo perché noi dobbiamo portare sempre nuova linfa per mantenere un po' di roba e sentivo che quello, interesse politico di quello quell'altro: "Ma possibile che tu non riesci ma mai pensare che c'hai un'impresa?". Lui l'abbiamo immediatamente appena eletto, gli abbiamo tolto qualsiasi carica dall'impresa di modo che era un estraneo, a parte di socio ecc. ma non ha mai amministrato niente, nessuna carica e mio padre, ecco, un'altra cosa bellissima di mio padre, che appena era diventato deputato affittò un appartamento al lungomare di Bari, pagando all'epoca, 1976, 300 mila lire al mese, me le ricordo sempre queste 300 mila lire al mese, che era una somma un tempo... La segreteria politica dell'onorevole... Disse:" Tu qui dentro non puoi stare più, hai assunto una carica pubblica, la tua presenza qua non può stare. Tu vai là". E l'appartamento, io mi incacchiai perché spendeva assai, io... Ci siam tirati un colpo con la borsa, no... E fu mandato fuori dall'impresa a seguire ecc., e mio fratello quando è successo Tangentopoli ecc., mi ha dato una risposta, dice: "Hai visto? Se io avessi fatto eventualmente un interesse per le imprese facendo... A destra e manca ecc., a quest'ora chissà che cosa avrebbero fatto. Non siamo... Nessuno ci ha attaccati in niente perché non se... Non ha mai fatto un deputato per l'interesse la sua azienda.

Stefano Totoro: 1:00:42:45 Quindi voi negli anni di Tangentopoli non avete mai temuto...?

Michele Matarrese: 1:00:42:49 Quello che, se ce l'hanno fatto, volutamente, non volutamente, non lo so, ai posteri la sentenza... E'il Perotti, il discorso del Perotti, questa è l'unica cosa. Non so se un qualche cosa riveniente da fatti di natura, diciamo così, di ripercussione di fatti politici al passato, o perché il nuovo vento dei nuovi partiti - i Verdi e ambientalisti ecc. ecc. - che hanno portato una nuova visione del modo di fare impresa nel riguardo della natura, di ciò che ci circonda che ci ha portato a questa...

Stefano Totoro: 1:00:43:35 Torniamo un attimo indietro... Mi stava raccontando del rapimento della salma di suo padre...

Michele Matarrese: 1:00:43:40 Il rapimento della salma del papà... Papà ho detto che era molto apprezzato dai suoi operai, ma molto, era amato dalla gente che lo circondava; aveva il dono di riuscire, a prima vista simpatico. Era un fluido, non so, particolare, che ispirava simpatia a prima vista con la gente perché la sua umanità, il suo approcciare ai vari problemi - lui era rispettosissimo dalle autorità, ma d'un rispetto notevole. Lui... Per lui l'autorità era l'autorità da non discutere. E questo vede a un altro episodio. Lo dico adesso per rispetto dell'autorità. Per un lavoro presso l'università che... È successo una storia... Stava negli anni '68, sì '68, quando fummo invitati dall'Università di Bari a partecipare a una gara per la realizzazione di quell'edificio là...che sta lì... La nuova sede della Facoltà di Giurisprudenza e Economia e Commercio al centro di Bari, un grosso lavoro per l'epoca. Mio padre.... Facemmo l'offerta e la mandammo. Aprimmo le buste, papà quella mattina non... Era andato fino alla Banca d'Italia per riscuotere un mandato ecc., però quando finì sul tardi, verso l'una, passò all'università e disse:" Che è successo? Chi ha vinto?", va bene l'impresa Tizio, va beh... Andò per ritirare i documenti; "Con quanto?", disse: "Ha fatto il ribasso del 10%. "Ma il 10% l'ho fa fatto pure io", dice:"Ma lei non c'era e il rettore l'ha affidato all'impresa che era presente". Mio padre: "M'ha sorpreso" dice, "e come mai?". Lasciò lì i documenti e se ne venne - qui proprio in questa stanza qua, qua è la scrivania di papà. Noi verso così quando si finiva di lavorare, verso l'una si usciva, si passava, si salutava e si diceva che stavamo andando a casa, che era il portone a fianco e lo vedo sempre forse oggi, seduto, con il bavero alzato, il cappello sempre scuro che era lì in testa, seduto così come quasi la rannicchiato e gli dico:" Che c'è? Non ti senti bene?" Dice:"no, no, no", "Ma che è successo?", dice:"Abbiamo perso la gara con l'università", "E va beh, ma chissà quante gare si vincono e quante gare si perdono... Non c'è bisogno di fare 'sto cruccio. "No" dice: "Perché io non ho avuto il tempo di andare; la mia assenza ha procurato...." Se la prese come un fatto personale, dice:" Guarda cosa ho combinato!", "Papà che c'entra" facevo io:" Che c'entra e dove sta scritto? Non è possibile!", Al che, ecco: "Come ti permetti? Vedi, che chi ha giudicato la gara è il Rettore dell'università. Tu non hai nessun diritto di poter giudicare il rettore dell'Università, l'istituzione". Dico:" No, papà, sarà, ma chi?". Vado nella una stanza mia, prendo i libri - io ero molto pugnace all'epoca, volevo difendere - tirai fuori il codice delle leggi, dei lavori pubblici ecc., e dico:" ma vedi, qua sta scritto che in caso di ribasso uguale, la sorte decide", così era l'articolo di legge. Papà cominciò un po' a ravvedersi, però sempre che io avessi combinato qualcosa non... Non positivo. Allora, chiama a telefono - era l'una e mezza, le due - il segretario generale del Comune di Bari, un professore universitario e dice:" Sente, lei è disponibile?", "Signor Salvatore, che succede?", dice: "No, vede c'è un problema... Può venire mio figlio a trovarla?", "Anche adesso!", e allora io, con la borsa, i libri dentro ecc., scappo da questa persona, dal segretario generale comunale. Dice: "Che è successo?", io racconto senza dire dell'università, dico della gara e così, così, così. Dice: "Eh, nessun problema, sta scritto qua, la sorte decide, bisogna fare il sorteggio". Dico, vedi che si tratta del Rettore dell'università. "Oh", dice, "che ha combinato quello lì, ma guarda un pochettino, ma va!"... Professore di diritto amministrativo, il Rettore dell'università, Del Prete si chiamava...Quella statua lì è un regalo di Del Prete, dico perché dopo... E allora dice: "Va beh, fate una lettera, una letterina..." - che aveva dettato lui stesso - con cui si invitava il Rettore a fare il sorteggio ecc., ma sempre con molto delicatezza ecc. Il Rettore perché si era già pronunziato risponde dicendo:" La sua assenza ha determinato l'aggiudicazione irrevocabile [...]". Papà... "Non... Allora che faccio, la guerra? Ha detto no e l'istituzione non si tocca". Va da Dal Prete, don Michele Scheraldi, ecco, il suo confessore: " Don Michele, che così, così, così...". Don Michele Scheraldi chiama il Rettore e il Rettore disse: "Non c'è niente da fare, mi sono pronunziato, non posso fare...". Allora, fummo costretti, o torto o con, perché si era sparsa la voce che se Salvatore Matarrese non faceva ricorso, l'impresa che aveva vinto l'aveva tacitato, quindi... Assurdo! A Salvatore Matarrese, una cosa del genere, tacitato da quello lì [...] così ma... E quello lì si sta zitto. Facemmo ricorso al Ministero dell'Università, insomma... Oh, allora funzionava: dopo una settimana arriva il telegramma al Rettore e a noi dicendo di annullare l'aggiudicazione e di procedere a sorteggio. Il giorno del sorteggio mio padre aveva 39 di febbre, dicevo: "Mamma mia, se non portava papà alla [...] chissà che cacchio penserà", con le coperte addosso prendiamo papà, lo imbacucchiamo e lo portiamo all'Università perché doveva assistere al sorteggio. Papà volle la presenza dei figli - ecco, sempre la famiglia, la famiglia - e siamo io e i due fratelli - sì, tre fratelli - con il ragioniere e con l'ingegnere dell'impresa, in cinque... L'altra impresa invece era sposato, ma non aveva figli, ero solo ecc. Questo è certo: che si fa il sorteggio e ci fu Salvatore Matarrese e il Rettore dell'università - perché diventarono amici con papà, erano già amico con il Rettore. Mandò quella statua a un Natale - va bene? - con scritto sotto: "Al combattente", sotto "Matarrese" dice: "Sei stato bravo e ti devo dare atto che la tua la tua bravura, insomma il tuo modo di fare impresa mi ha colpito e quindi sii fiero delle tue azioni". Ecco, una cosa bella per il rispetto delle istituzioni.

Stefano Totoro: 1:00:50:43 Anche lei si considera combattente?

Michele Matarrese: 1:00:50:43 Beh, abbiamo... Dobbiamo combattere, abbiamo il dovere, dico, ma sempre nel rispetto delle regole, non combattendo e facendo atti osceni, ma sempre nel rispetto. Questa è la regola che nostro padre ci ha tramandato. Un altro esempio per dire l'istituzione quando, dopo la morte papà - parteciparono tutte alle autorità dell'epoca ecc. - noi andammo, come figli, a rendere visita, mi ricordo una visita fatta al Provveditore della Repubblica, papà frequentava molto il Provveditore; allora il Provveditore della Repubblica era il ministro sul posto, aveva un'autorità notevolissima e il complimento che ci fece, disse: "Voi avete avuto un grande uomo come padre, perché lui - da Cavaliere del Lavoro - e allora il Cavaliere del Lavoro era veramente una decorazione di alto, altissimo livello rispettato da tutti - diceva "Cavaliere del Lavoro... Pur essendo Cavaliere del Lavoro veniva da me, come al solito si faceva annunziare, bussava, si toglieva il cappello, faceva l'inchino ed entrava nella stanza. Lui si precipitava : "Oh,Salvatore"", lo prendeva a braccetto...diceva: "No, no, no, no, Provveditore, lei è l'autorità, io sono impresa. Lei faccia la sua parte...". Cioè, è sempre rispettoso delle istituzioni. Questo ci è rimasto addosso. Che ne dicono gli altri: arrogante, non arrogante...arroganza non è. Non so cosa sia arroganza, se la difesa dei propri interessi è arroganza e allora diciamo che noi siamo molto arroganti, ma ci muoviamo sempre nell'ottica, quando le situazioni sono - diciamo così - affrontabili con serietà, ci muoviamo sempre in quest'ottica, ma mai cercare di prendere in giro con fini subdoli, ciò che invece è una correttezza di impostazione; cioè il rispetto degli uomini, il rispetto dei lavoratori che ci circondano, eh, in questo debbo, torniamo al.... Per dire un altro episodio che riguarda la vita di papà che riguarda poi noi a valle: il rapimento della salma di papà. Fu fatto non perché avesse nemici, ma banalmente perché un manipolo di persone - probabilmente nello stesso cimitero - cercavano soldi. Non era un discorso - diciamo così - di rapimento per... No, papà non aveva nemici. Assolutamente no. A ventitré giorni, sapendo che era un uomo importante per la famiglia, per i figli, per i figli, fratelli e tutto il nostro.... Insomma, che siamo molti in cui noi abbiamo dato la vita per nostro padre... E allora questa gang di personaggi - forse operante nello stesso cimitero - trafugarono la salma dove... Una cappella dove... C'era papà. Mio fratello era deputato da pochi mesi - questo avveniva a febbraio e mio fratello si era deputato a giugno dell'anno precedente - quindi avvisato mio fratello al Parlamento, il Prefetto, i carabinieri, la polizia. Si mosse mezzo mondo. Casa nostra era circondata da poliziotti, da carabinieri, il Prefetto... Di tutto. E allora il dualismo tra il carabiniere da parte e la polizia: gli uni dicevano che i carabinieri dicevano: "No, starà ancora al cimitero di Bari", gli altri pensavano: "L'avranno portata già via, la salma". In questo modo di affrontarsi senza vedere là, là, là ...non si riusciva a niente. Passa quasi una settimana, ne parlano tutti i giornali del mondo - del mondo un amico mio in Grecia mi mandò l'estratto scritto in greco... Mio padre dice: "Rapimento la salma a Bari". Così un bel - mi ricordo - un venerdì della settimana, così, venerdì stavo io con mio fraterno al cimitero quando proprio a scandagliare da me... Quando mi venne un'idea, dissi:" Senti, facciamo una cosa: prendiamo la pianta del cimitero e cerchiamo di fare uno studio su una planimetria". Così, chiamai l'ingegnere capo del Comune di Bari - è un amico - dico: "Senti, ti dispiace se mi procuri, mi dai una planimetria del cimitero, perché ho bisogno?" In effetti, immediatamente - era circa l'una, stavamo lì cimitero - alle due, venendo qua, trovammo già la planimetria - fu molto bravo questo amico - a far recapitare subito la planimetria del cimitero. I fratelli... Ci mettiamo a tavolino e dividiamo il tutto... La pianta del cimitero in diciotto settori. Facciamo le fotocopie dei diciotto settori, avvisiamo i cantieri... Quelli, era venerdì, "Domani mattina alle 7.00, gli operai che vogliono fare la ricerca della salma del proprio, di papà - diciamo così - di farsi trovare al cimitero. Avvisammo anche i carabinieri di questa nostra iniziativa. Questa... Ad ogni settore mettemmo il nome sopra del nostro uomo di fiducia... diciotto uomini di fiducia, intestammo loro, a cui davamo la caccia al tesoro. E sì, al cimitero di Bari, la mattina, di quel sabato mattina, 300 operai: stavano tutti al cimitero per andare alla ricerca e allora facemmo queste squadre con i caposquadra; arrivarono pure i carabinieri e i carabinieri misero un uomo loro in ogni squadra e partirono alle 7 alla ricerca, però ognuno aveva il suo compito. Per esempio, quelli che dovevano perlustrare il terreno, avevano dei tondini di ferro, dei pungiglioni, perché si sa che la bara deve stare a un metro dal... Deve essere coperta da un metro di terreno e allora se per caso hanno tolto il terreno e messo uno sull'altro, non sarà più il metro, ma saranno non so, 40-50 cm. Vuol dire che c'è qualcosa sotto, non so. Per dire, quello il pungiglione, l'altro doveva andare a vedere un po' di interstizi di tutti i tumuli che stavano per vedere se c'era la ragnatela e in tal caso passava davanti perché non l'aveva toccato. Questo ecc... Partirono le 18 squadre, alle 8.00 e alle 8.15 era stata trovata la salma di papà. Trovata la salma di papà, gli operai... Si trasformò in cimitero in una festa. Bisognava vedere tutti che volevano portare a spalla la salma del loro capo, del loro maestro "Assan" (??) Finché, fino a una cappella dove stava, all'ingresso, lì, dove stava la polizia che doveva esaminare un po' tutte le cose loro della polizia, e allora si passavano da uno all'altro, non so, uno faceva dieci metri, "No, ora tocca a me, tocca a me", questa, questa salma sballottolando ecc, fu portata da tutti i suoi dipendenti, operai.

Stefano Totoro: 1:00:57:59 Lei ha lo stesso rapporto con...?

Michele Matarrese: 1:00:57:59 Sì, sì. Dopodiché si radunano questi 300 operai, sale su un piedistallo uno di questi - non mi ricordo, Coletta si chiamava - e disse: "E adesso che abbiamo trovato la salma del nostro capo giuriamo fedeltà ai figli" e allora, le mani così, come tanti...alzate: "Lo giuroo!": è bellissimo raccontare questo, ti senti pervaso da una responsabilità che non puoi dare via mai, perché è un messaggio, cioè ti hanno investito di una fiducia che tu hai il dovere di... E allora, questa fiducia io non ho molti rapporti con quelli che lavorano al di fuori della parte tecnica, la parte amministrativa ecc., poi quelli che stanno in questo palazzo ecc., ma Vincenzo... Poiché è il motore, quello che segue direttamente i cantieri insieme ad altri parenti è ancora, sente tutto addosso questa responsabilità, per cui il rapporto con i dipendenti è un rapporto corretto, ecco... Umano, corretto. I loro problemi sono i nostri problemi: è fondamentale per portare al successo e il successo politico di nostro fratello anche negli anni successi, l'inizio fu la credibilità nei riguardi del padre, poi la credibilità se l'è data lui, se l'è data... Perché poi con quello che ha fatto, perché poi lui il deputato non è che ha fatto il deputato politico, lui poi è stato preso nel calcio e quindi ha fatto un po' il deputato del responsabile calcio in Italia. In Italia e poi anche d'Europa e del mondo. Quindi, non si è lasciato prendere da quel discorso politico di avere i sindaci, l'assessore e insomma, quell'attività politica che comporta anche arrivare, non so a, come dire, i compromessi... No, lui no, lo sportivo, quello è, via, non c'era Moggi all'epoca.

Stefano Totoro: 1:01:00:05 Mi ha parlato di suo padre, di suo fratello, però è come se volesse un po' scivolare. Torniamo a lei, alla vita dell'impresa, a quando suo padre lasciò, da lì il lavoro più importante, quello che ritiene più significativo, qual è stato?

Michele Matarrese: 1:01:00:17 Da lì... Beh, parlare di me stesso non è simpatico, insomma... Perciò io porto le storie e le abbiamo dette le storie, poi dobbiamo affrontare poi i problemi, cioè darci da fare per mandare avanti... Debbo dire dopo la morte di papà noi dovevamo forse accreditarci rispetto... Sebbene ci conoscevano tutti, ma alcuni, poiché la figura predominante nel contesto generale, noi eravamo quelli che stavano al suo fianco, che lavoravamo sodo, ma sodo proprio, come si deve, ma naturalmente lasciando a lui la figura di spicco. Quindi noi dovevamo accreditarci rispetto a tutti, chi, se eravamo capaci di mandare avanti ciò che il nostro papà ci aveva lasciato, oppure se l'avremmo portato a malora. E quindi, il primo impatto fu un patto, un impatto difficile perché dovevamo acquisire, anzitutto, dentro di noi la consapevolezza del ruolo nuovo - che non la parte mia, era un modo, perché la parte esecutiva è sempre quella - del ruolo che noi avevamo rispetto alla società e quindi a accreditarci e man mano poi seguire un po' le cose. E quindi, dopo un periodo - diciamo così -dove... Difficile, ecco, difficile perché o scarseggiano i lavori all'epoca - '76-'78 ecc.-, ma ci incanalammo un po' alla volta...Demmo credibilità anche alle banche - è importante il sistema bancario, che ci guardava così sospettoso, "Dove vanno a finire questi?" - Anche perché mi ricordo che alcuni, morto don Salvatore: "Dove vanno questi?" noi "dove vanno i figli?". Devono ricostruire un tutto. Allora, lavorando seriamente, mandando avanti quei principi di nostro padre, sono stati sempre inculcati in noi: rapporto corretto, rispetto, rapporto con gli operai ecc., anche perché il bisogno aguzza l'ingegno, probabilmente l'ingegno, da parte nostra, un po' ci stava e quindi, abbiamo messo in moto una serie di processi iniziati anche da lui, cioè noi abbiamo un'azienda di calcestruzzo che noi abbiamo ampliato, abbiamo fatto anche... Preso le cave, cave dove facciamo estrazioni di pietrisco, cioè gli inerti per realizzare calcestruzzo, inerti per fare le strade, impianti del nero per far l'asfalto delle strade e poi incrementando sempre il discorso, quello delle costruzioni, quindi appaltando, allargando il giro delle zone, prima delimitato di più, forse 90% la provincia di Bari, poi siamo andati a finire nella provincia di Brindisi, poi nella provincia di Taranto, poi siamo andati a Foggia, cioè abbiamo ampliato di più. Oggi stiamo in tutta Italia. Ecco, quindi è stato un crescendo e riteniamo di aver fatto...