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Caproni, Giorgio - 1983 - Roma

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Trascrizione

Eugenia Tantucci: 00:00:07 Giorgio Caproni è nato a Livorno, il 7 gennaio 1912, ed ha vissuto un lungo periodo 00:00:15 a Genova. Dal 1922 al 1946, 00:00:20 per trasferirsi poi definitivamente 00:00:25 a Roma. Le due città portuali, le prime 00:00:30 esperienze infantili nel periodo drammatico che precedette 00:00:35 l'avvento della dittatura fascista hanno concorso a formare 00:00:40 le sue metafore come quella di Enea, così come appare nel monumento 00:00:45 che gli è stato eretto a Genova, con sulle spalle il padre Anchise 00:00:50 e per mano il figlioletto Ascanio che nella mente del poeta 00:00:55 diventa simbolo dell'uomo moderno, ritratto nel 00:01:00 suo momento di maggiore solitudine. Con sulle spalle il peso di una tradizione 00:01:05 vacillante e per mano una speranza incerta per sostenerla 00:01:10. Fino dalle prime opere il poeta si 00:01:15 differenzia dalla cultura poetica d'avanguardia degli anni successivi al 1930, 00:01:20 cioè dell'ermetismo fiorentino espresso nelle 00:01:25 riviste Solaria, Letteratura, Campo di Marte, Il Frontespizio. Nel 00:01:30 discorso poetico di Caproni è evidente 00:01:35 una estrosa ricerca metrica che costituirà un elemento 00:01:40 costante fino alle opere più tarde, e che si manifesterà anche 00:01:45 nell'assunzione della rima, usata come elemento 00:01:50 portante, come in musica la consonanza e la dissonanza. 00:01:55 A unire i metri è spesso presente 00:02:00 la rima, ricercata con attenzione con determinata 00:02:05 fiducia nel significato di una continuità regolare di strutture, in 00:02:10 correlazione con gli schemi chiusi e stabiliti. Nel 00:02:15 1936 uscì a Genova la sua prima placchette 00:02:20 come un'allegoria cui seguirono nel 1938, 00:02:25 Vallo a fonte di Gordon, e nel 1941 00:02:30 Finzioni, pubblicato a Roma. In questi primi 00:02:35 tre libri l'aspetto costruttivo del discorso poetico pare 00:02:40 sovrastare nettamente le occasioni patetico descrittive 00:02:45. Uno stupore un po' fisso e immobile quasi infantile, 00:02:50 avvolge i nodi di un descrittivismo preciso e vivace, 00:02:55 argutamente contemplativo, dove i luoghi, occasioni 00:03:00 sentimentali e figure femminili appena accennate sono 00:03:05 disegnati con fresca allegria dei sensi e riverberati sulle cose. 00:03:10 Il tutto reso con la brevità scattante del ritmo, con l'aggettivazione 00:03:15 semplice e acuta, con il costante tendere della frase poetica 00:03:20 verso la conclusione esclamativa. L'accento stupito del discorso 00:03:25 si esprime in pochi elementi: l'odore marino, i giochi infantili, 00:03:30 i voli degli uccelli, le ragazze, l'inizio 00:03:35 delle stagioni, le ore della giornata, che appaiono sempre mossi, 00:03:40 da una eccitazione viva dei sensi, che dà un sapore acuto alla 00:03:45 descrizione degli oggetti delle situazioni. In un fitto prevalere di sostantivi 00:03:50 e di aggettivi carichi di sensuali presenze con l'assenza 00:03:55 del verbo. Finzioni si chiude con due sonetti, sonetto 00:04:00 di Epifania e Maggio, che introducono all'opera Cronistoria 00:04:05 che seguirà. Il volume Cronistoria è pubblicato 00:04:10 a Firenze da Vallecchi nel 1943 e raccoglie 00:04:15 i versi che risalgono al 1938-40 e 00:04:20 i sonetti dell'anniversario del 1940-42. In 00:04:25 quest'opera sono presenti i moti metrico 00:04:30 ritmici delle raccolte precedenti, ma con in più la continua 00:04:35 tensione a superare l'occasionalità dello spunto dei sensi, 00:04:40 per attingere ad alcuni temi del Novecento. Come il dialogo 00:04:45 patetico, l'autobiografia del sentimento, la memoria. La 00:04:50 rassegna dei luoghi come occasioni a ricordare. Nei sonetti 00:04:55 dell'anniversario vi è una disposizione complessa nei confronti delle 00:05:00 cose, che pare mossa dalla tentazione all'idillio, ma che si 00:05:05 conclude invece con un atteggiamento tragico, nel senso che lo stupore 00:05:10 è quello di chi si trova non più di fronte alla festa del mondo, ma 00:05:15 alle sue ferite, allo spettacolo di morte e di rovina, all'incertezza, 00:05:20 alla possibile negatività delle cose. Il volume 00:05:25 Stanze della funicolare è stato pubblicato a Roma nel 1952 00:05:30 dall'editore De Luca e De Robertis lo definisce un'epopea 00:05:35 casalinga. In quest'opera il primo poemetto, Le biciclette 00:05:40 costituisce la novità decisiva, il senso autentico 00:05:45 è da ricercarsi nell'indagine sulla possibilità 00:05:50 che suoni, colori, apparizioni, figure abbiano un senso 00:05:55 e offrono un messaggio diverso a seconda delle intenzioni, delle 00:06:00 prospettive e dei gesti, della malignità degli uomini. E' un'indagine 00:06:05 sulle ambiguità degli oggetti, nella quale viene coinvolta anche la memoria e 00:06:10 i personaggi vengono mitizzati e liberati da ogni angustia 00:06:15 personale. Da Le biciclette muove, quel racconto di simbolo 00:06:20 che costituisce la struttura più salda ed esemplare di Caproni, che 00:06:25 si attua nell'incontro con le cose come trauma e violenza. Alla sublimazione 00:06:30 esemplare del mito, che si accentua sull'oggetto più semplice dell'esperienza 00:06:35 consueta come le biciclette, la funicolare, 00:06:40 il passaggio delle automobili. Nel 1956 a Firenze 00:06:45 per l'editore Vallecchi, esce l'opera Il passaggio di Enea e nel 1959 00:06:50 a Milano per l'editore Garzanti Il seme del piangere. L'opera 00:06:55 Il seme del piangere è rivolta alla madre. Il 00:07:00 discorso si risolve nelle misure consuete: la festa della giovinezza 00:07:05 dei sensi, dei paesaggi marittimi, della vita prorompente. Su 00:07:10 tutto questo risalta il tema della madre ancora ragazza, la 00:07:15 rievocazione degli anni, della figura di lei, sullo sfondo di una Livorno 00:07:20 tipicamente liberty. Giorgio Caproni è 00:07:25 stato per due volte vincitore del Premio Viareggio, nel 1952 00:07:30 per l'opera Stanze della funicolare, nel 1959 00:07:35 per il volume Il seme del piangere. Sempre a proposito di premi 00:07:40 va ricordato che nel 1956 ha meritato il Premio 00:07:45 Marzotto, e nel 1968 il Premio Internazionale 00:07:50 libico reggino per la poesia, Nel 1982 00:07:55 ha ottenuto l'ambito Premio Antonio Feltrinelli per la poesia 00:08:00 conferitogli dall'Accademia dei Lincei. Nel 1965 00:08:05 esce l'opera Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre 00:08:10 prosopopee per l'editore Garzanti a Milano, segue Il 00:08:15 terzo libro e altre cose, Torino, Einaudi, 1968; 00:08:20 Il muro della Terra, Milano, Garzanti, 1975; 00:08:25 Poesie, Milano, Garzanti 1976; 00:08:30 Erba francese, Lussemburgo, editore Origine, 1979; 00:08:35 L'ultimo Borgo, Milano, Rizzoli, 1980; 00:08:40 Il franco cacciatore, Milano, Garzanti, 1982; 00:08:45 Genova di tutta la vita, Genova, 1982. 00:08:50 In Congedo del viaggiatore cerimonioso 00:08:55 e altre prosopopee, Caproni avverte e ripropone la crisi 00:09:00 degli strumenti del comunicare. La coscienza di tale crisi 00:09:05 assume la figura della Morte nel tema e il discorso si volge intorno 00:09:10 alla dissoluzione delle cose, ritrovando un rapporto con 00:09:15 le situazioni più complesse di Stanze della funicolare e di Passaggio di Enea. Egli 00:09:20 continua così la metafora del viaggio, con 00:09:25 tutti gli elementi figurativi che comporta, ma lo rinforza con due strumenti 00:09:30 separanti e demolitori, come lo pseudo parlato e la ripetizione 00:09:35 congiunti strettamente. La ripetizione e 00:09:40 lo pseudo parlato ironizzato fino al grottesco, nello pseudo colloquio 00:09:45 di amici e compagni della confessione assurda, il monologo irridente 00:09:50 e pur tragicamente serio costituiscono la misura dell'intero libro. In 00:09:55 seguito con il muro della Terra del 1975, si 00:10:00 accentuò la frantumazione delle strutture poetiche da parte di Caproni. 00:10:05 I versi si fanno sempre più brevi e secchi, le strofe 00:10:10 sembrano prendersi su se stesse, con violenza Caproni oppone 00:10:15 alla semplificazione delle forme poetiche la tragica complessità delle ragioni di fondo 00:10:20 del suo discorso, la presenza della morte, insieme con la perdita 00:10:25 del passato, della memoria, degli affetti, di tutto ciò che è accaduto, rappresenta 00:10:30 il motivo di fondo dei due libri precedenti, il muro della terra 00:10:35 e l'aspra amara cruda protesta per l'inesistenza di Dio, 00:10:40 per il Dio perduto. Dio è la figura intravista una volta 00:10:45 in uno dei più bui cantoni di un bar al porto e forse 00:10:50 l'Hidalgo, il bel vecchio, che forse era un cappellaio, incontrato 00:10:55 tante volte dal vinaio, poi scomparso di colpo, è il personaggio di 00:11:00 testo della confessione che è ucciso dal protagonista narratore. Nel 00:11:05 suo più recente libro, Il franco cacciatore, editore Garzanti, 00:11:10 continua il suo discorso sui problemi dell'esistenza, sul dramma 00:11:15 di riconoscibilità, della solitudine umana, della morte. Ancora 00:11:20 più che nel muro della Terra, in quest'opera, il poeta 00:11:25 mostra una sconvolgente denuncia delle nostre auto decisioni o uccisioni 00:11:30 del fantasma di Dio. In questo continuo sparire e morire 00:11:35 l'espressività si adegua simbologie freddi pietrificate, il gelo, 00:11:40 la neve, il vento, i sassi. Sono referenti oggettuali, su 00:11:45 cui insiste la poesia di Caproni, con cui egli spara le sue angosce. Giorgio 00:11:50 Caproni ha tenuto conferenze e letture all'Università di 00:11:55 Padova, di Roma, al Centre National Georges Pompidou BUR di 00:12:00 Parigi, alla Columbia University di New York, all'Università di San Francisco. 00:12:05 Per il suo settantesimo compleanno, il Comune di Genova gli 00:12:10 ha dedicato un convegno a Palazzo Tursi, con la partecipazione di studiosi e scrittori 00:12:15 di ogni tendenza. Presso l'editore Garzanti di Milano è 00:12:20 in preparazione un'edizione completa di tutte le sue poesie. Eugenia 00:12:25 Tantucci, Discoteca di Stato, 6 giugno 1983.

Giorgio Caproni: 00:12:36 Vorrei cominciare con due parole di ringraziamento, alla professoressa Eugenia Tantucci, che ha 00:12:45 messo a punto con tanta pertinenza e sensibilità 00:12:50 il carattere, non dico della mia poesia, ma 00:12:55 dei miei versi. Dopodiché, l'inizio, 00:13:00 comincia la mia lettura. Sarà 00:13:05 una lettura a rovescio, cioè 00:13:10 comincerò dalle cose più recenti per 00:13:15 cercare di andare a finire, se non proprio alle 00:13:20 prime cose, alle più lontane. Comincio 00:13:25 con una poesia inedita, intitolata "Oh cari". Forse 00:13:30 sarà bene che spieghi che questi "Oh cari" non sono altro che 00:13:35 i vari, i tanti "io" che sono stato nel corso della mia già lunga 00:13:40 vita.

Giorgio Caproni: 00:13:44 Oh Cari

Giorgio Caproni: 00:13:46 Apparivano tutti in trasparenza, tutti 00:13:50 in anima, tutti nell'imprendibile 00:13:55 essenza nell'ombra, ma vivi. Vivi dentro la 00:14:00 morte, come i morti son vivi nella vita. Cercai 00:14:05 di contarli, il numero si perdeva nel vuoto 00:14:10 come nel vento il numero delle foglie. Oh cari, oh 00:14:15 odiosi, piansi d'amore e di rabbia. 00:14:20Pensai alla mia mente accecata, chiusi 00:14:25 la finestra, il cuore, la porta a doppia 00:14:30 mandata.

Giorgio Caproni: 00:14:34 Ed ora passa al libro più recente "Il franco cacciatore". L'allusione 00:14:40 alla musica 00:14:45 di Carl Maria von Weber dichiarata 00:14:50 dal titolo, un titolo quindi rubato, come 00:14:55 del resto rubati tutti gli altri titoli, sia il muro della Terra, 00:15:00 che è un titolo dantesco, Il seme del piangere, che nuovamente è un titolo 00:15:05 dantesco. Il franco cacciatore, come tutti sanno, 00:15:10 si apre con una sorta di tiro a segno da un'osteria al 00:15:15 limite della foresta, e c'è un 00:15:20 cacciatore sfortunatissimo che non coglie neppure un bersaglio 00:15:25 un certo Max, nel quale mi identifico.

Giorgio Caproni: 00:15:33 Antefatto.

Giorgio Caproni: 00:15:35 Sedetti fuori dell'osteria al limite della foresta, 00:15:40 aspetta invano ore e ore. Nessun presagio 00:15:45 in cresta apparve la malinconia, aspettai ancora 00:15:50 altre ore. Pensai di straziata allegria 00:15:55 al colpo fulminante del franco cacciatore.

Giorgio Caproni: 00:16:01 L'occasione.

Giorgio Caproni: 00:16:03 L'occasione era bella, volli sparare anch'io, puntai in alto una stella 00:16:10 con l'occhio, il gelo di Dio.

Giorgio Caproni: 00:16:18 Ribattuta.

Giorgio Caproni: 00:16:19 Il guardacaccia con un sorriso ironico. Cacciatore: la 00:16:25 preda che cerchi io mai la vidi. Il cacciatore imbracciando 00:16:30 il fucile: zitto, Dio esiste soltanto nell'attimo 00:16:35 in cui lo uccidi.

Giorgio Caproni: 00:16:41 Ecco, adesso viene il tema principale, sia del 00:16:45 muro della Terra, sia del franco cacciatore, che è il tema della ricerca. 00:16:50 Ricerca di che cosa? Chi dice di Dio, chi dice della verità. 00:16:55 Per conto mio è solamente, la ricerca per la ricerca. 00:17:00 Destinata però sempre a incontrare 00:17:05 appunto un muro e il muro della terra o un ultimo borgo oltre 00:17:10 il quale la nostra ragione non può pervenire. 00:17:15 Cosa vi sia di là da questo muro? Non dico che ci sia il nulla, 00:17:20 perché il nulla sarebbe già qualcosa, in quanto ha un articolo davanti, ma 00:17:25 certamente vi è l'incognito, il limite massimo dove la ragione 00:17:30 non può penetrare.

Giorgio Caproni: 00:17:33 Falsa pista.

Giorgio Caproni: 00:17:36 Credevo di seguirne i passi, di averlo 00:17:40 quasi raggiunto, inciampai. La strada si 00:17:45 perdeva fra i sassi.

Giorgio Caproni: 00:17:49 Larghetto. Qui è necessaria una spiegazione. A un certo punto 00:17:55 parla di tre individui 00:18:00 dagli occhi grigi eccetera, eccetera. E dico, senza querceto e senza tenda io, nelle iridi d'alluminio dei tre non 00:18:05 ravvisai 00:18:10 in nessun dio di sterminio. Credo che l'allusione sia abbastanza presente 00:18:15 alla famosa visione di Manvre, nell'esodo, dove Abramo, 00:18:20 nella Genesi anzi, 00:18:25 non nell'esodo. dove Abramo, sulla soglia del 00:18:30 querceto si vide apparire dinanzi tre giovanotti, chi 00:18:35 dice che fossero una persona sola, cioè Dio in tre persone, chi tre 00:18:40 angeli, secondo le varie fedi religiose, i quali gli annunciano 00:18:45 lo sterminio di Sodoma e Gomorra.

Giorgio Caproni: 00:18:49 Larghetto, sempre tema di ricerca.

Giorgio Caproni: 00:18:53 Fuori barriera forse, forse oltre la dogana d'acqua, dove il canale 00:19:00 già prende l'erba e il vento è già comparso, prova. La 00:19:05 c'è l'infanzia, prova. C'è l'infanzia che trema,là 00:19:10 ancora il mutilato di un braccio, con la sinistra ricordatelo ti 00:19:15 fu ordinato, bambina appena allora che sorride 00:19:20 alle tigri, scarica la pistola sui fogli che li regge 00:19:25. Vai, prova dove le greggi sono nubi sul prato. Il 00:19:30 vecchio coni suoi bui occhi, può essere lui. Prova 00:19:35 dove la paura spacca anche il cielo e il fiato 00:19:40 ricordalo, ti fu comandato esita come 00:19:45 la lana delle siepi. Fuori Barriera, oltre la 00:19:50 dogana d'acqua, dove senza querceto e senza 00:19:55 tenda, io, nelle iridi d'alluminio dei tre non 00:20:00 ravvisai nessun dio di sterminio. Al 00:20:05 di là del male e del bene, dove già sa d'acciaio 00:20:10 il vento e il coltello è un canale.

Giorgio Caproni: 00:20:16 Naturalmente quei tre erano tre soldati 00:20:20 nazisti, come fare allusione al al principio durante l'epoca della guerra.

Giorgio Caproni: 00:20:27 L'ultimo Borgo.

Giorgio Caproni: 00:20:30 S'erano fermati a un tavolo da osteria, la strada era stata lunga, 00:20:35 i sassi, le crepe dell'asfalto, i ponti 00:20:40 più d'una volta rotti o barcollanti, avevano le ossa a pezzi. 00:20:45 Zitti dalla partenza cenavano a fronte bassa, ciascuno 00:20:50 avvolto nella nube vuota dei suoi pensieri. Che 00:20:55 dire? Avevano fregato fratte e sterpeti, avevano 00:21:00 fermato gente, chiesto agli abitanti. Ovunque solo 00:21:05 tracce allusive e vaghe indizi, ragguagli reticenti 00:21:10 o comunque inattendibili. Ora 00:21:15 sapevano che quello era l'ultimo borgo, un tratto 00:21:20 ancora poi la frontiera è l'Altra Terra, i 00:21:25 luoghi non giurisdizionali. L'ora 00:21:30 era tra l'ultima rondine e la prima nottola, un'ora 00:21:35 già umida d'erba e quasi se ne udiva la frana giù 00:21:40 nel vallone, d'acqua diroccata e lontana.

Giorgio Caproni: 00:21:48 Indicazione sicura o bontà della guida, al forestiero che aveva domandato 00:21:55 l'albergo.

Giorgio Caproni: 00:21:56 Segua la guida punto per punto, quando 00:22:00 avrà raggiunto il luogo dove è segnato l'albergo è il migliore 00:22:05 albergo esistente, vedrà che assolutamente lei non 00:22:10 avrà trovato vada tranquillo niente, la guida 00:22:15 non mente.

Giorgio Caproni: 00:22:21 E ora una poesia molto intima, familiare 00:22:25 per la morte di persone a me cara, tanto 00:22:30 per uscire dal tema più impegnativo, La 00:22:35 nottola.

Giorgio Caproni: 00:22:37 Ero solo andavo, seguivo una buia viottola, mi batteva il cuore. Ascoltavo, 00:22:45 non c'era altra voce, la nottola.

Giorgio Caproni: 00:22:53 Questa per la morte di mio fratello, 00:22:55 naturalmente ricalcata sulla famosa 00:23:00 carme di Catullo, anzi era un tentativo di traduzione, poi 00:23:05 riuscita una cosa del tutto nuova.

Giorgio Caproni: 00:23:08 In perpetuo un frate.

Giorgio Caproni: 00:23:12 Quanto inverno, quanta neve ho attraversato Piero per venirti a trovare, cosa 00:23:20 mi ha accolto? Il gelo della tua morte e tutta, 00:23:25 tutta con la neve bianca di febbraio, il nero della tua fossa 00:23:30. Ho anch'io detto le mie preghiere di rito, ma 00:23:35 solo Piero per dirti addio e addio per sempre. Io che in te 00:23:40 avevo il solo e vero amico, fratello mio.

Giorgio Caproni: 00:23:48 Poesia per l'Adele, in memoria. Forse 00:23:50 mi conviene spiegare che l'Adele, sorella 00:23:55 di mia moglie abitava sotto un forte, una polveriera, 00:24:00 dove di notte si udivano i richiami delle sentinelle, 00:24:05 dove io ai miei brutti 00:24:10 tempi feci un po' militare. Questa Adele era 00:24:15 un'anima semplice, aveva una fiducia cieca, proprio 00:24:20 il caso della Madonna, E' morta di un brutto male, dopo aver sofferto 00:24:25 di stenti indicibili. Mi diceva 00:24:30 sempre da viva, Giorgio perché non mi scrivi una poesia? Questo 00:24:35 dimostra la sua ingenuità, purtroppo l'ho scritta quando era morta, 00:24:40 non avrei mai voluto scriverla.

Giorgio Caproni: 00:24:43 Poesia per Adele, in memoria.

Giorgio Caproni: 00:24:46 Vicino al forte, sentinella all'erta, all'erta sto, mi sono avvicinato 00:24:55 troppo, fra poco precipiterò. È 00:25:00 inverno nevica, le 00:25:05 dita sono bianche, la mente è bianca, la mia buia 00:25:10 Lanterna, colombi nella caverna passano plumbeo 00:25:15 trasparenti. Adelina mi senti? Sono 00:25:20 vicino al forte, sono già dentro la morte. 00:25:25

Giorgio Caproni: 00:25:28 Idillio.

Giorgio Caproni: 00:25:28 Sono nella foresta chiamami, non mi chiamare, non mi chiamare attenta. I 00:25:35 figli di Santa Maria d'Alba attenta, 00:25:40 i fili di luce esile della Vergine tremano, non mi chiamare 00:25:45 attenta, è l'alba non mi chiamare, cominciano 00:25:50 a sparare.

Giorgio Caproni: 00:25:53 Ora siamo in tema di caccia, dove il cacciatore caccia se stesso, senza 00:26:00 accorgersene.

Giorgio Caproni: 00:26:02 Tempestavano spari in tutta la foresta, vicino alla finestra ghiacciata 00:26:10 spiavo le ombre che nella caverna si scontravano 00:26:15. Andavo dall'una all'altra, tentavo di fissare 00:26:20 la mia, l'interno dell'osteria mi stornava, i fumi, gli 00:26:25 schianti delle risate delle donne, i 00:26:30 bicchieri mandate in frantumi, mi girava la testa. 00:26:35 Mai avevo visto una festa più cieca di quella, ero 00:26:40 isolato. Nella compagine che alle mie spalle 00:26:45 vorticava cercavo il fucile imbracciato fra 00:26:50 le altre ombre la mia appariva, spariva. Il 00:26:55 punto di d'estrazione certo non mi favoriva la 00:27:00 mira ero io, l resto tutta una fantasia.

Giorgio Caproni: 00:27:08 Il fagiano.

Giorgio Caproni: 00:27:11 Cercavo il fagiano o forse era il fagiano 00:27:15 a cercare me? La mano esitava, sparai 00:27:20 forse sparò a lui o un altro, caddi e che 00:27:25 cadde non l'ho saputo mai.

Giorgio Caproni: 00:27:30 In Boemia.

Giorgio Caproni: 00:27:33 Si era udito uno sparo, l'aquila era caduta altissima a piombo, 00:27:40 mi sgretolo il cuore il rombo un grido di allegria. 00:27:45 Magia, magia, strozzato dire follia, 00:27:50 spezzai il mio fucile avaro nell'antro della gelosia.

Giorgio Caproni: 00:27:55 Questa è la poesia più legata al libretto del franco 00:28:00 cacciatore. Ora Vorrei 00:28:05 domandare se faccio in tempo a leggerne un altra. Tenore 00:28:10 aria del tenore. Naturalmente 00:28:15 non ha niente a che fare con quella del vero Frank Shultz, la rivista 00:28:20 è corretta, qui vorrei rappresentare solamente 00:28:25 la follia omicida che oggi si è fatta più forte 00:28:30 che mai, è sempre esistita, ma oggi veramente è inflazionata 00:28:35. Area del tenore, andante un 00:28:40 poco convulso. Questo riferimento alla musica richiede una spiegazione 00:28:45. Io vengo, i miei studi vengono dallo studio della composizione 00:28:50 musicale. Quindi molto spesso, uso tecniche 00:28:55 che si riferiscono più alla musica che 00:29:00 alla poesia, per esempio l'uso della rima, che per me non 00:29:05 è un uso ornamentale, ma un uso portante, come sono 00:29:10 le colonne per l'arco, le consonanze e le dissonanze per la musica. Infatti 00:29:15 è già detto mille volte, che se leggiamo le rime della Divina 00:29:20 Commedia del primo canta solamente le rime. Abbiamo già la chiave, 00:29:25 del primo canto la vita che è smarrita, la paura 00:29:30 dura oscura. Non sono rime ornamentali, tutt'altro, quindi 00:29:35 niente musicalità nelle mie poesie, ma musica, questo certamente.

Giorgio Caproni: 00:29:41 Aria del tenore andante, un poco convulso.

Giorgio Caproni: 00:29:45 Col fucile spianato, ai ferri corti ormai, ciascuno 00:29:50 dietro il tronco di un leccio si spiavano a 00:29:55 pochi passi. Mai un allegria più ardente 00:30:00 li aveva colti, si amavano quasi, coi vano nell'odio 00:30:05 che li inceneriva, quasi avrebbero voluto abbracciarsi 00:30:10 prima di sparare. Può darsi che faccia di questi 00:30:15 scherzi l'amore quand'è totale. Intorno no 00:30:20 un animale, non un'ombra, soli si mise a 00:30:25 nevicare. Lepri bianche, bianche felci, 00:30:30 fra ginepri e da alberi di Natale. Tutto un bianco mentale 00:30:35 di bianca infanzia. Un mare bianco di gioia, fra 00:30:40 i lecci che restavano neri nel bianco dei pensieri. Si 00:30:45 odiavano, inteneriti fratelli, Abele 00:30:50 e Caino, in ruoli irreversibili, le immagini 00:30:55 di uno stesso destino o amore perfetto. Soli, un 00:31:00 uomo solo in due, due uomini in uno, due io affrontati, 00:31:05 un solo io godevano. Forse tutti 00:31:10 e due sapevano che l'uomo uccide se stesso, l'uomo uccidendo 00:31:15 l'altro, orgasmo del suicidio. Nel 00:31:20 lento stillicidio dell'ora centellinavano la propria 00:31:25 morte. Soli, ancora ne ricavano lepri di silenzio e felci. 00:31:30 Da un anno si braccavano, nei luoghi 00:31:35 dove è più vivo era il trambusto. Al porto, alla stazione, 00:31:40 nel tardo budello della City, invano 00:31:45. La macchina gli aveva dato una mano, offerto l'occasione, 00:31:50 ora assaporavano lenti l'attimo, finalmente 00:31:55 è giunta l'ora dell'uccisione. Col fucile 00:32:00 spianato ai ferri corti li colse di soprassalto. 00:32:05 Nessuno dei due voleva per primo scaricare l'arma, 00:32:10 premetti a bruciapelo il grilletto, li vidi cadere 00:32:15 insieme sotto la raffica, l'urlo che alzarono lì colpì 00:32:20 in petto come piombo. Fuggii, mi brucia nella 00:32:25 memoria ancora la mia vile vittoria.

Giorgio Caproni: 00:32:32 E ora presso al muro della Terra, titolo dantesco 00:32:40 come ho già detto, ora va per un segreto calle, tra il muro della terra e i martirii, il mio maestro e io dietro 00:32:45le spalle. Peccato che non ho 00:32:50 portato Ritagora, una poesia alla quale che tenevo molto, ma che qui non trovo.

Giorgio Caproni: 00:33:00 Comincerò dall'Idrometra.

Giorgio Caproni: 00:33:03 Di noi testimoni del mondo tutte andranno perdute le nostre 00:33:10 testimonianze le vere come le false, la 00:33:15 realtà come l'arte. Il mondo delle sembianze della 00:33:20 storia e ugualmente porteremo con noi in fondo all'acqua 00:33:25. Incerta e lucida, il cui velo nero, nessuna Idrometra più pattinerà, nessuna 00:33:30 libellula sorvolerà nel deserto 00:33:35 intero. L'idrometra come sapete è un insetto.

Giorgio Caproni: 00:33:43 Tutto. Qui c'è un riferimento alla guerra, ma naturalmente trascende il puro dato storico, 00:33:55 per assumerne uno metafisico.

Giorgio Caproni: 00:34:00 Hanno bruciato tutto la Chiesa, la scuola, il 00:34:05 municipio, tutto, anche l'erba. Anche 00:34:10 col Camposanto il fumo tenero della ciminiera e della fornace, 00:34:15 illesa albeggia ancora l'arena è 00:34:20 l'acqua. L'acqua che trema la mia voce e specchia lo 00:34:25 squallore di un grido senza sorgente, la gente 00:34:30 non sa più dove sia. Bruciata anche l'osteria, anche 00:34:35 la carriera tutto, non resta nemmeno il lutto nel 00:34:40 grigio ad aspettarla sola, inesistente parola. 00:34:45

Giorgio Caproni: 00:34:50 Altra poesia che si riferisce alla guerra, i coltelli.

Giorgio Caproni: 00:34:55 Beh, gli fece? Aveva paura, rideva, 00:35:00 d'un tratto il vento si alzò, l'albero 00:35:05 tutto intero tremò schiacciai il grilletto 00:35:10 crollò. Lo vidi, la faccia spaccata sui i coltelli, 00:35:15 gli scisti, a mio Dio perché 00:35:20 non esisti? Se 00:35:25 mi permettete una poesia di valore sentimentale dedicata 00:35:30 a mio figlio, Attilio Mauro, che è il nome di mio padre, è sempre 00:35:35 legata al tema del viaggio in fondo, perché 00:35:40 io prego mio figlio di portarmi lontano.

Giorgio Caproni: 00:35:43 Portami con te lontano, 00:35:45 lontana nel tuo futuro. Diventa 00:35:50 mio padre, portami nella mano, dove è diretto sicuro 00:35:55 il tuo passo d'Irlanda, l'Arpa del tuo profilo biondo, 00:36:00 alta già più di me che inclino già verso l'erba. Serba 00:36:05 di me questo ricordo vano, che scrivo mentre 00:36:10 la mano mi trema. Rema con me negli occhi a largo del tuo futuro, 00:36:15 mentre odo,non odio, abbrunato il sordo 00:36:20 battito del tamburo che rulla, come il mio cuore, il 00:36:25 nome di nulla, la dedizione, ddizione in 00:36:30 senso militare di resa incondizionata, fascia malva direbbero i francesi.

Giorgio Caproni: 00:36:40 Testo della confessione.

Giorgio Caproni: 00:36:44 Sapevo che non l'avrei trovato a casa quel giorno, per questo avevo 00:36:50 scelto quel giorno per andarlo a trovare, dovevo 00:36:55 regolare i conti con lui. Non potevo con tutta quella confusione 00:37:00 nel capo lasciarmi scappare la sola buona occasione. Salii 00:37:05 le scale a due a due col cuore che mi martellava, 00:37:10 bussaii, bussai ancora chiamai, lo chiamai 00:37:15 per nome. Rispose soltanto in eco, il vuoto 00:37:20 nell'androne, non c'era, aveva ragione. Così 00:37:25 venne lui in persona ad aprirmi, il viso gli tremava 00:37:30. Un viso, mio Dio che forse forse è solo 00:37:35 per quel viso, forse che l'ha ucciso, d'altro, non 00:37:40 ho da dire niente. Non era stato prudente quel giorno, si fosse 00:37:45 trovata in casa non mi avrebbe aperto o forse 00:37:50 mi avrebbe spinto giù per le scale. Mi avrebbe salvato 00:37:55 comunque non mi avrebbe, io non lo avrei accoltellato. 00:38:00 Coda della confessione, a parte. Pace, 00:38:05 quel che è stato è stato, ora il conto è saldato. 00:38:10 Ma certo, se non fosse morto, se io non fossi 00:38:15 morto, certo lo avrei perdonato. Io non sono tipo io fosse o 00:38:20 non fossi Dio da sopportare un torto.

Giorgio Caproni: 00:38:27 Dunque, dicevo, questa poesia ultima che ho letto è il più 00:38:30 chiaro riferimento appunto della confusione fra 00:38:35 io, Dio, io, l'esserci e 00:38:40 il non esserci, che è un tema tipico del muro della terra, infatti è una 00:38:45 poesia che dice, tutti i luoghi che ho visto, che ho visitato ora so, ne sono 00:38:50 certo, non ci sono mai stati, il dubbio insomma nella propria esistenza. 00:38:55 Parole dopo l'esodo, ah no ne viene un'altra che mi interessa.

Giorgio Caproni: 00:39:01 Il Pastore.

Giorgio Caproni: 00:39:04 Proteggete il nostro protettore, salvate il salvatore 00:39:10 morente, così predicava il pastore nel gelo della Chiesa 00:39:15 vuota, al lucore dell'ultima bugia rimasta accesa 00:39:20 sull'altare maggiore.

Giorgio Caproni: 00:39:25 Parole dopo l'esodo, dell'ultimo della Moglia, la Moglia è una frazione di 00:39:30 di Ravegno sull'appennino ligure. Come 00:39:35 tutti i paesotti italiani, naturalmente è destinata a rimanere disabitata, 00:39:40 tutti sfollano verso la città. Gli è 00:39:45 rimasto un vecchio nel quale io mi identifico e questo 00:39:50 vecchio parla, parole dopo l'esodo dell'ultima della Moglia.

Giorgio Caproni: 00:39:57 Che sia stato il primo, no è certo. Lo seguì un secondo, un terzo, poi 00:40:05 uno dopo l'altro tutti hanno preso la stessa via. 00:40:10 Ora non c'è più nessuno. La mia casa 00:40:15 è la sola abitata, sono un vecchio. Che cosa mi trattengo a 00:40:20 fare quassù, dove tra breve forse nemmeno ci sarò più io 00:40:25 a farmi compagnia? Meglio lo so è che'io vada 00:40:30 prima che me ne vada anche io. Eppure non mi risolvo, 00:40:35 resto. Mi lega l'erba, il bosco, l fiume, anche 00:40:40 se il fiume è appena un rumore di un fresco dietro forte. 00:40:45La sera siedo su questo sasso e 00:40:50 aspetto, aspetto non so che cosa, ma aspetto il 00:40:55 sogno. La morte direi anch'essa, da un pezzo già 00:41:00 non se ne fosse andata da questi luoghi, aspetto e 00:41:05 ascolto l'acqua. Da quanti milioni 00:41:10 di anni l'acqua ha questo suo stesso suono sulle 00:41:15 sue pietre.? Mi sento perso nel tempo, fuori 00:41:20 dal tempo forse, ma sono con me stesso. Non 00:41:25 voglio lasciare me stesso, uscire da me stesso come la notte 00:41:30 dal sotterraneo il grillo talpa in cerca di altro buio. Il 00:41:35 trifoglio della città è troppo fitto, io sono già cieco 00:41:40. Ma qui vedo, parlo, qui dialogo. Io che mi rispondo, 00:41:45 io il mio interlocutore, non voglio murarlo nel 00:41:50 silenzio sordo di un frastuono senz'ombra d'animo, di parole 00:41:55 senza più anima. Certo, è il vento 00:42:00 degli anni che entra nella mente e ne turba le foglie. A 00:42:05 volte il cuore mi balza in gola se penso a quanto ho perso. A 00:42:10 tutta la gaia consorteria di ieri, agli abbracci, gli 00:42:15 schiaffi, alle matte risate la sera, all'osteria 00:42:20 dietro la donna, alte da spaccare le vetrate, ma 00:42:25 non mi arrendo. Ancora non ho perso me stesso, non sono 00:42:30 con me stesso ancora solo. E Solo quando sarò 00:42:35 così solo, da non avere più nemmeno a me stessa per compagnia a 00:42:40llora prenderò anch'io la mia decisione. Staccherò 00:42:45 dal muro la lanterna un'alba e dirò addio 00:42:50 al vuoto, a passo a passo scenderò nel vallone 00:42:55. Ma anche allora in nome di che e dove troverò un 00:43:00 senso che altri pare non han trovato lasciato questo mio sasso?.

Giorgio Caproni: 00:43:14 Andantino, altro termine musicale.

Giorgio Caproni: 00:43:19 Così di rado l'ho visto, è sempre così di sfuggita, una volta 00:43:25 mi è parso, fui in uno dei più bui cantoni di un bar al porto 00:43:30. Ma ero io era lui, c'era un fumo, una 00:43:35 folla. A stento potevi scorgere nel volto fisso 00:43:40 sulla sua birra svogliata. Teneva la mano posata sul tavolo 00:43:45 e piano piano batteva le dita sul marmo, quelle 00:43:50 sue dita più lunghe e più magre di tutta la sua intera 00:43:55 vita. Provai a chiamarlo alzai anche un braccio ma 00:44:00 il chiasso, la rabbia così alta, cercai ortoni, da 00:44:05 aprirmi un passo tra la calca. Ma lui, lui 00:44:10 già si era alzato, sparito, senza che 00:44:15 io lo avesse incrociato. Mi misi molto a sedere al suo posto 00:44:20 è vuoto guardai a lungo il bicchiere sporco ancora 00:44:25 di schiuma. Le bollicine che ad una donna come 00:44:30 nella mia mente l'idea esplodevano finendo vuote e 00:44:35 niente. Restai lì non so quanto, mi scosse la 00:44:40 ragazza del banco e alzai il capo, ordinai, poi anch'io 00:44:45 mi [...]

Giorgio Caproni: 00:44:49 Ora passo al congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prese 00:44:55 prosopopea. Prosopopea classica, in quanto introducono 00:45:00 personaggi e parlare in nome mio, e leggo la 00:45:05 poesia intitolata proprio congedo del viaggiatore Cerimonioso, quella che dà il titolo al 00:45:10 libro.

Giorgio Caproni: 00:45:14 Amici, credo che sia meglio per me cominciare a tirar giù la valigia, 00:45:20 anche se non so bene l'ora d'arrivo e neppure 00:45:25 conosca quali stazioni precedono la mia sicuri segni 00:45:30 mi dicono da quanto mi giunto all'orecchio di questi luoghi, che io 00:45:35 vi dovrò presto lasciare. Vogliatemi perdonare quel 00:45:40 poco di disturbo che reco, con voi sono stato lieto della 00:45:45 partenza e molto vi sono grato, credetemi per l'ottima 00:45:50 compagnia. Ancora vorrei conversare a lungo con 00:45:55 voi ma sia il luogo del trasferimento lo ignoro, sento 00:46:00 però che vi dovrò ricordare spesso nella nuova sede, 00:46:05 mentre il mio occhio già vede dal finestrino oltre il 00:46:10 fumo umido del nebbione che ci avvolge rosso, è il disco 00:46:15 della mia stazione. Chiedo congedo a voi, senza potervi 00:46:20 nascondere lieve una costernazione. Era così bello 00:46:25 parlare insieme seduti di fronte, così bello confondere 00:46:30 i volti, fumare scambiandosi le sigarette e tutto quel raccontare 00:46:35 di noi, quelli inventare facile nel dire agli altri, fino 00:46:40 a poter confessare quanto anche messi alle strette, mai avremmo osato 00:46:45 un istante per sbaglio a confidare. Scusate è 00:46:50 una valigia pesante anche se non contiene granché. tant'è che io mi 00:46:55 domando perché l'ho recata e quale aiuto mi potrà dare poi quando 00:47:00 l'avrò con me? Ma pure la debbo guardare, non fosse che per seguire l'uso. Lasciatemi 00:47:05 vi prego passare. Ecco. ora che sei 00:47:10 nel corridoio mi sento più sciolto, vogliate scusarmi. Dicevo, era 00:47:15 bello stare insieme chiacchierare, abbiamo 00:47:20 avuto qualche diverbio è naturale ci siamo ed è normale 00:47:25 anche questo odiati su più di un punto e frenati soltanto per 00:47:30 cortesia, ma cosa importa, sia come sia 00:47:35 torno a dirvi grazie per l'ottima compagnia 00:47:40. Congedo a lei dottore e alla sua feconda dottrina, 00:47:45 congedo a te ragazzina smilza e al tuo lieve 00:47:50 afrore creatore di prato sul volto, la cui tinta mite 00:47:55 è sì lieve spinta, congedo o militare o 00:48:00 marinaio in terra come in cielo e in mare alla pace 00:48:05 e alla guerra, ed anche a lei sacerdote congedo che mi ha 00:48:10 chiesto se io scherzavo ho avuto in dote di credere al vero Dio, congedo 00:48:15 alla sapienza e congedo all'amore, congedo 00:48:20 anche alla religione, ormai sono a destinazione. 00:48:25Ora che è più forte sento sfidare il freno, vi 00:48:30 lascio davvero amici addio, di questo sono certo, 00:48:35 io son giunto alla disperazione calma senza sgomento 00:48:40 scendo, buon proseguimento.

Giorgio Caproni: 00:48:48 Il fischia parla guarda calcio.

Giorgio Caproni: 00:48:56 Non credo che questo sia il fischio del bracconiere, c'è 00:49:00 troppa nebbia. Comunque qui sono le carte finite 00:49:05 voi la partita.Io potete continuare a bere anche per me, conosco ne posso 00:49:10 esimermi quello che è il mio preciso dovere. Qualsiasi 00:49:15 richiamo nel bosco da insolito, uccello 00:49:20 altra gente che sia devo andare a vedere. Porgetemi per 00:49:25 cortesia, da lì e quel chiodo il fucile è il mio carticere. 00:49:30 Intanto scusate, ci vuole col freddo che mi aspetta. 00:49:35 Lasciate che io mi versi ancora ultima quest'altra bicchiere. 00:49:40 Nel vino a saper ben vedere c'è scienza, c'è 00:49:45 illuminazione ma voi senza una ragione al mondo voi, p 00:49:50erché ora che io sono pronta nel cuore già un fatto allegro 00:49:55 ancora voi mi state a guardare in quel 00:50:00 modo, quasi con l'aria di chi sospetta qualcosa e non si vuole pronunciare? Vi 00:50:05 vedo o mi sbaglio tremare agli angoli la 00:50:10 bocca. Amici, posso anche sbagliare, ma questo comunque 00:50:15 vi dico è una volta per tutti, tenere fuori il nemico, vi 00:50:20 ripeto il fucile è cosa prima ancora che vile a parer 00:50:25 mio troppo sciocca, porgetemi le cartucce e rimettetevi 00:50:30 a bere. Dovreste almeno sapere che quando si è avuto una piuma 00:50:35 sul cappello e insorti stivali e gabbana verde, per non dire altro si perde 00:50:40 il tempo, pensando alla morte. Vedete, 00:50:45 una volta viveva sul mare, stavo a Livorno, che città, 00:50:50 dal forno Mascagni fino ai quattro mari. Un vento profondo 00:50:55 sbiancava le piazze, mentre vibravano i vetri dei sirena marittima 00:51:00 dei vapori. Uscivo di rado, fuori rammenta 00:51:05 circolava un'aria che si lamentava di solitudine. Eppure s 00:51:10apeste come si popolava quel vento 00:51:15 e che le figliole passavano tra sassaiole fitte di ragazzacci 00:51:20 aizzati che si sgolavano per troppo amore e ingiurie. Traete nella 00:51:25 conclusione che più vi aggrada, io non 00:51:30 so se voi crediate o Dio o a d'altro, per conto mio occhio, la 00:51:35 stufa fuma e può annerirvi la piuma annerendo la stanza. Tutto 00:51:40 ciò ha un'importanza relativa, piuttosto ne parleremo 00:51:45 insieme qui al mio rientro. Ficcatevi bene in testa quanto ancora 00:51:50 vi dico, che vale tenere il nemico fuori, quando è già dentro 00:51:55? il guardacaccia, caccia, quando è cacciato. Questa 00:52:00 è u, a norma sicura al diavolo perciò la paura, giacché non 00:52:05 serve. Tanto in tutti noi non resta solo che la 00:52:10 certezza già da tempo è in me sorta. Chi fabbrica una fortezza 00:52:15 intorno a sé, si illude quanto ogni notte chi chiude a doppia mandata 00:52:20 la porta. Lasciatemi perciò uscire questa io 00:52:25 vi volevo dire, per quanto siano bui gli alberi non corrono rischio 00:52:30 più grande di chi resta, colui che va a rispondere a un fischio.

Giorgio Caproni: 00:52:40 Dal seme del piangere, seme del piangere altro titolo dantesco, m 00:52:45i sono specializzata in rubare 00:52:50 titoli. E' La storia di mia madre Anna Picchi, vista 00:52:55 ancora prima del matrimonio, quando era ragazza. Poi 00:53:00 seguita anche nel matrimonio fino alla morte. Naturalmente è 00:53:05evidente il ricalcolo 00:53:10 voluto dalla famosa canzone Cavalcantiana, perché 00:53:15 spero di tornare giammai, la canzone dell'esilio. Infatti mi 00:53:20 sento esiliato dall'infanzia, dalla Livorno 00:53:25 liberty di quei tempi, eccetera, eccetera.

Giorgio Caproni: 00:53:29 Preghiera.

Giorgio Caproni: 00:53:30 Anima mia, leggera va a Livorno, ti prego e con 00:53:35 la tua candela timida di notte tempo fa un giro e se ne hai 00:53:40 il tempo perlustra e scruta, e scrivi se per caso 00:53:45 Anna Picchi è ancor viva tra i vivi. Proprio quest'oggi torno 00:53:50 deluso da Livorno ma tu, tanto più netta di me 00:53:55 la camicetta ricorderai e il rubino di sangue sul serpentino 00:54:00 d'oro che lei portava sul petto dove si appannava. Anima 00:54:05 mia, sii brava e va in cerca di lei, tu 00:54:10 sai cosa darei se la incontrassi per strada.

Giorgio Caproni: 00:54:19 Mia madre faceva la sarta, era una ricamatrice famosa, quindi usciva prestissimo di mattina per 00:54:25 andare al Magazzino Cigni, ed era famosa in tutto il quartiere. Qui 00:54:30 è ripresa appunto da quando esce di casa, l'uscita 00:54:35 mattutina.

Giorgio Caproni: 00:54:37 Come scendeva fine e giovane le scale Annina, mordendosi la catenina d'oro, usciva via 00:54:45 lasciando nel buio una scia di cipria che non finiva. L'ora 00:54:50 era di mattina presto ancora albina, ma come si illuminava 00:54:55 la strada dove lei passava, tutto corso Amedeo 00:55:00 sentendola si destava. Ne conosceva il neo sul labbro è 00:55:05 sottile la nuca e l'andatura ilare, la cintura stretta 00:55:10 che aga e gentile Annina si voltava, all'opera stimolava 00:55:15. Andava in alba indrina, pari a un operaia regina 00:55:20. Andava con il volto franco, ma tauto vergine 00:55:25 fianco, è tutta di lei risuonava il suo tacchettio la 00:55:30 contrada. Qui c'è un forte salto, si 00:55:35 arriva alla morte, Ad portam inferi. Chi 00:55:40 avrebbe mai pensato allora di doverlo incontrare 00:55:45 un'alba, così sola debole, e senza l'appoggio di 00:55:50 una parabola seduta in quella stazione con la mano sul tavolino 00:55:55 freddo, ad aspettare l'ultima coincidenza per l'ultima 00:56:00 destinazione. Posato il fagottino in terra, con 00:56:05 una cocca del fazzoletto di nebbia di vapore ne è piena la sala e li si spanna i treni 00:56:10 che vengono e vanno senza fermarsi asciuga 00:56:15 di soppiatto. In fretta, come fa la servetta scacciata 00:56:20 che del servizio nuovo ignora il padrone il vizio, 00:56:25 la sola lacrima che le sgorga calda e le brucia la gola. davanti 00:56:30 al cappuccino che si raffredda Annina di 00:56:35 nuovo senza anello pensa di scrivere al suo bambino almeno 00:56:40 una cartolina. Caro, son qui ti scrivo per dirti, 00:56:45 ma invano tenta di ricordare, non sa nemmeno lei, non 00:56:50 rammenta se è morta, o se è ancora è vivo e si confonde, la 00:56:55 testa le gira vuota. Intanto, mentre le cresce il pianto 00:57:00 in petto cerca confusa nella borsetta la matita, scordata 00:57:05 s'accorge con una stretta al cuore le chiavi di casa. 00:57:10 Vorrebbe anche al suo marito scrivere due righe in fretta, 00:57:15 dirgli come faceva quando in giorni più netti andava a Collesalvetti. 00:57:20 Attilio caro, hao lasciato il gas, il caffè 00:57:25 sul gas e il burro nella credenza, compra solo un 00:57:30 po' di spaghetti e vedi di non lavorare troppo, non ti stancare 00:57:35 come al solito, e fuma un poco meno, senza ti prego approfittare 00:57:40 ancora della mia partenza chiudendo il contatore se esci, 00:57:45 anche per poche ore. Ma poi, s'accorge che al dito 00:57:50 non al pianello e il cervello di nuovo lì si 00:57:55 confonde smarrito. E mentre cerca invano di bere freddo 00:58:00 ormai il cappuccino la mano le trema, non riesce, con tanta 00:58:05 gente che esce ed entra ad alzare il bicchiere. ritorna 00:58:10 col suo pensiero, guardando il cameriere che intanto sparecchia serio, 00:58:15 lasciando sul tavolino il resto al suo bambino. 00:58:20 Almeno le venisse in mente che quel bambino è sparito, 00:58:25 è cresciuto, ha tradito, forse è ora rincorso per 00:58:30 il mondo dall'errore e dal peccato. E morso dal cane 00:58:35 dal suo rimorso inutile, solo è rimasto a nutrire smilzo come un 00:58:40 usignolo la sua magra famiglia, il maschio Rino, la figlia, 00:58:45 con colpe da non finire. Ma lei, anche se le si 00:58:50 strappa il cuore, come può ricordare con tutti quei cacciatori intorno, 00:58:55 tutta quella grappa, i cani che a muso chino fiutano il 00:59:00 suo fagottino misero, e poi, da un angolo scodinzolano e la stanno 00:59:05 a guardare, con occhi che subito piangono. Nemmeno 00:59:10 sa distinguere bene ormai tra marito e figliolo, vorrebbe 00:59:15 piangere, cerca sul marmo il il tovagliolo già 00:59:20 tolto. E' in terra, vagamente la guerra le torna in mente e fischiare 00:59:25 a lungo nell'alba sente un treno militare. Guarda 00:59:30 frattanto fumo e tante bucce d'arancia, fra tante odore di arance 00:59:35 e di pioggia, il sole unico tesoro che ha potuto salvare e che 00:59:40 lei non può capire. Fra i piedi di tanta gente, i cani 00:59:45 stanno ad annusare. Signore cosa devo fare? quasi vorrebbe 00:59:50 urlare, come il giorno che il letto è pieno di lei stretto sentire 00:59:55 il suo cuore svanire in un così lungo morire. Guarda 01:00:00 l'orologio è fermo, vorrebbe domandare al capotreno, 01:00:05 vorrebbe sapere se deve aspettare ancora molto. Ma come, 01:00:10 come può lei sentire mentre le resta in gola, c'è un 01:00:15 fumo, la parola che proprio negli occhi dei cani, la nebbia 01:00:20 del suo domani.

Giorgio Caproni: 01:00:25 Del passaggio di Enea, la ragione del titolo è già magnificamente 01:00:30 spiegata dalla signora Tantucci, quindi non lo ripeto.

Giorgio Caproni: 01:00:38 Alba.

Giorgio Caproni: 01:00:40 Amore mio, nei vapori di un bar all'alba, amore 01:00:45 mio che inverno lungo e che brivido attende. Qua 01:00:50 dove il marmo nel sangue è gelo e che sa di fresco anche l'occhio 01:00:55. Ora nell'ermo rumore, olte la brina, quale traguardo 01:01:00 che apre richiude in eterno deserta. Amore, io 01:01:05 affermo il polso, e se il bicchiere entro il fragore 01:01:10 sottile e un tremotio tra i denti è forse di tali 01:01:15 ruote mai. Tu amore non dirmi, ora che invece tu 01:01:20 hai già il sole sgorga. Non dirmi che da quelle parti qui col 01:01:25 tuo passo già attendo la morte.

Giorgio Caproni: 01:01:29 Qui dovrei leggere uno dei poemetti, ma sono troppo lunghi e per me troppo faticosi, quindi 01:01:35 vengo all'epilogo, riepilogo 01:01:40 di questi due poemetti, che 01:01:45 si chiama Orleone.

Giorgio Caproni: 01:01:51 L'epilogo.

Giorgio Caproni: 01:01:53 Era una piccola porta verde, da poco tinta, bussando sentii una spinta invisibile 01:02:00 e aprirmi mi veniva sempre impure e agra, 01:02:05 una figura di donna lunga e magra nella sua veste discinta. La 01:02:10 notte entrava subito nella cinta, sentivo 01:02:15 di Lavagna rosicata una scala, né mai ho saputo se era a spingere 01:02:20 la candela il nero del mare o il fiato 01:02:25 della mia compagna. Avevo infatti una cagna randagia che 01:02:30 mi seguiva, l'intero giorno dormiva disfatta tra i limoni, ma 01:02:35 nottetempo tarponi e madida, mi seguiva 01:02:40 bagnandomi con la saliva la punta delle dita. Forse 01:02:45 era la mia vita intera che ambiva, ma entrato 01:02:50 oltre la porta verde mai con più remora mi era accaduto 01:02:55 che Genova da me lasciata morta e già piange sepolta 01:03:00 nel tonfo di quella parte. Eppure io piansi Genova, 01:03:05 l'ultima volta entrato, il giorno non era nato ancora. Le campana a 01:03:10 gloria, forse le feste d'anima e di resurrezione 01:03:15 riempivano la testa col vento della costernazione. Salita 01:03:20 della tosse scandivano ragazze rosse, ragazze 01:03:25 che in ciabatte, senza calze, morse ai calcagni e alla nuca, dimagrita 01:03:30 dal dente di quel dolore impellente andavano percorse 01:03:35 da un brivido sulla salita che anch'io facevo solo al canto 01:03:40 di un usignolo. Genova di tutta la vita nasceva in quella 01:03:45 salita, seguivo i polpacci bianchi e infreddoliti e inviti 01:03:50 veementi sul porto che si sgranchiva netti salivano 01:03:55 dal carbone che già azzurro di brina brillava sulla banchina, entrai 01:04:00 non so dir come, spinto da quel carbone. Ma a un tratto 01:04:05 mi sentii senza più padre, senza più madre e famiglia e vittoria 01:04:10 e solo nella tromba delle scale indietro mi ritorsi la 01:04:15 tomba riaprendo della porta già scattata vi era. Che 01:04:20 fresco odore di vita, mi punse sulla salita, ragazze 01:04:25 ormai aperte e vere in vivi abiti chiari, ragazze 01:04:30 come bandiere, digestive balneari sbracciate fino 01:04:35 alle ascelle scendevano per selle di cicli e motori, muovendo a mescolare 01:04:40 l'aria dal righi al mare. Avevano 01:04:45 le braccia bianche e le pupille nere, come un carabiniere, come 01:04:50 le stava a guardare. Mi misi anch'io a scendere, seguendo 01:04:55 lo sciamare giovane, e se di tende bianche fino accecare già 01:05:00 sentivo schioccare la tela, ha in me mare 01:05:05 le lacrime, ha le campane dure d'acqua stormendo nel mio orecchio 01:05:10 è in mente ancora la piccola porta verde da 01:05:15 poco morta cui più con tanta spinta potevo e ventilare 01:05:20 del giorno ormai bussare.

Giorgio Caproni: 01:05:24 E finisco con l'ascensore, poesia scritta a Genova, città tutta verticale, dove ci sono molti ascensori funicolari eccetera, 01:05:35 questo ascensore porta a Castelletto, che è il punto panoramico 01:05:40 della città, io abitavo vicino, in via Bernardo Strozzi, 01:05:45 vicino a Castelletto.

Giorgio Caproni: 01:05:47 L'ascensore.

Giorgio Caproni: 01:05:49 Quando andrò in paradiso non voglio che una campagna lunga, sappia 01:05:55 di tegole all'alba d'acqua piovana. Quando mi sarò deciso 01:06:00 ad andarci in paradiso ci andrò con l'ascensore di Castelletto, 01:06:05 nelle ore notturne rubando un poco di tempo al 01:06:10 mio riposo. Ci andrò rubando forse di bocca dei pezzettini 01:06:15 di pane ai miei due bambini. Ma la sentirò allietare 01:06:20 la luce nera del mare tra le mie ciglia e forse forse un 01:06:25 bel vedere dove si sta in vestaglia, chissà che 01:06:30 fra la ragazzaglia aizzata, fra le leggiadra e giovane in libera uscita 01:06:35 con cipria e odore di vita viva, non riconosca sotto 01:06:40 un fanale mia madre, con lei mi metterò a guardare 01:06:45 le candide luci sul mare. Staremo 01:06:50 alla ringhiera di ferro, saremo soli e fidanzati 01:06:55 come mai in tanti anni siamo stati, e quando lei si farà 01:07:00 pontini al brivido della ringhiera la pelle lungo le braccia, 01:07:05 allora con la sua spalla se ne andrà lontana. La 01:07:10 voce che si farà di cera nel buio che l'assottiglia dicendo, o mio 01:07:15 Giorgio caro, tu hai una famiglia, io dovrò ridiscendere, 01:07:20 forse tornare a Roma, dovrà tornare ad attendere forse che 01:07:25 una Paloma Blanca da una canzone per radio sulla mia stanca 01:07:30 spalla si posi. Al fine dovrò 01:07:35 riporre la penna, chiudera la camera, è festa dire a Rino 01:07:40 al maschio e alla mia bambina. Il cuore lo avrò di cenere 01:07:45 udendo quella campana, godendo sapor di tegole d'inverno dell''acqua 01:07:50 piovana. Ma no, se mi sarò deciso 01:07:55 un giorno nel il paradiso, io prenderò l'ascensore di Castelletto, 01:08:00 nelle ore notturne rubando un poco di tempo 01:08:05 al mio riposo. Ruberò anche una rosa che poi, dolce mio sposa, tramuterò 01:08:10 in veleno lasciandoti a pianterreno mite per dirmi, 01:08:15 ciao scrivimi qualche volta, mentre chi usa la parte 01:08:20 allentata su un frena un brivido d questa scossa, e allora 01:08:25 sarà commosso fino a rompermi il cuore. Io sentirò crollare sui 01:08:30 tegoli le mie più amare lacrime, dirò chi 01:08:35 suona? chi suona questa campana d'acqua che lava acqua piovana e non mi perdona 01:08:40? E mentre stando terreno mite tu dirai: ciao, scrivi, 01:08:45 ancora scuotendo il freno un poco i vetri, t 01:08:50ra i vivi, viva con il tuo fazzoletto timida sospirare, 01:08:55 io ti vedrò restare sola sopra la terra, proprio 01:09:00 come il giorno stesso che ti lasciai per la guerra 01:09:05. Giorgio Caproni, 6 giugno 01:09:10 1983, Discoteca di Stato.