Leggete queste parti dell’intervista di Ruggero Savinio e completate con le parole mancanti. Non importa se non completate tutto. Poi ascoltate il sonoro corrispondente per controllare quello che avete scritto. Fate attenzione: nel sonoro ci sono più parole che nel testo, cercate solo quelle che vi interessano.
Attività di Cloze
Intervistatore: Sai, pochi giorni c'è stato a Macerata […] un convegno di filosofi che trattato il discorso della salvezza, no? Quindi, il discorso miti […], però, questa parola, salvezza, è tornata spesso nel discorso. Cioè la necessità, in fondo, di un’utopia per salvezza, se possiamo dire. C'è affinità con questo tuo atteggiamento?
Ruggero Savinio: Ma direi sì. Mi pare che l'idea di salvezza è qualche che tra l'altro torna a emergere, soprattutto momenti, in periodi che possiamo dire, grossomodo, di crisi comunque di incertezza o di caduta di certezze. D' parte, mi sembra che, se l'arte può trovare riferimenti, anche se sembrano assolutamente inadeguati perché troppo alti, ma insomma, volte proprio con la religione, per esempio con la cristiana, l'arte è qualche cosa di incarnato […]. La pittura qualcosa che si incarna, è un'immagine che incarna in una sua materia. Esattamente come religione cristiana, in questo differisce da tutte le , che presume un Dio che si è incarnato. E questa incarnazione sta un'idea di salvezza, cioè un progetto o possibilità di salvezza. Se noi manteniamo, invece, questa divaricazione, come da parte un assoluto, anche pittorico, che non si può raggiungere, dall'altra parte invece un brancolamento in una situazione appunto incertezza e di crisi, […] questa salvezza la allontaniamo sempre dalla nostra possibilità e anche, quindi, nostra tensione utopica, insomma.