In base al testo dell’intervista trascritto, scegliere la risposta giusta.
Intervistatore: [00:15:44] Ecco, quand’è che… questa, diciamo, identificazione, in fondo, con i Cosmati e perché?
Guido Strazza: [00:15:52] Dunque, i Cosmati sono… sono saltati fuori da soli, ma ti spiego perché. Tu conosci il mio lavoro degli ultimi dieci anni, dieci anni di lavoro astratto, anzi c'è stato un periodo della trama quadrangolare, molto razionalizzato… come tanti miei colleghi. Insomma… analizzavamo il nostro linguaggio, il che comporta sintesi assoluta, azzeramenti eccetera… che poi naturalmente finiscono anche per esaurirsi in sé perché se sono... danno dei risultati… - queste definizioni non sono assolute riguardano me, va bene? - danno dei risultati, che poi forse devono essere nutriti. O forse c'è sempre bisogno, una volta raggiunte certe cose, di… di ricontraddirle, di riciclarle. E mi… mi… insomma, mi è quasi successo di accorgermi, per caso – come… come se fosse per caso - che i segni che facevo astratti, erano segni che io mi vedevo intorno, camminando per Roma, li ho chiamati Segni di Roma. Nel momento però che ho avuto questa intuizione - ho… ho fatto questa identificazione - anni prima l'avrei rifiutata come una cosa pericolosissima. Arrivato a quel momento, invece, delle mie esperienze, mi ci sono lasciato andare con grandissima gioia, indifferenza a qualunque coerenza programmatica e, naturalmente, a quel punto - anche dal punto di vista letterario, cioè dei nomi che noi diamo alle cose che facciamo, che si sovrappongono come vestiti, da questi segni - li ho chiamati colonne, colonne rotte, spezzate lasciandomi andare alle fantasie più incredibili. Questo, mi ha portato… natural… naturalmente tutte queste cose erano viste a mio modo, specialmente con i rapporti tra geometria… tra segni e colori eccetera... veniva poi dall'esperienza, molto forte, delle ricerche fatte in incisione. Perciò tutto era visto, specialmente, come struttura segnica, che però è andata nutrendosi di toni, di colore, fino al ritrovarmi coi Cosmati, sui quali si è innestata anche un'altra cosa mia personale. Perché, devi pensare che io sono diventato pittore, credo, proprio per questi pavimenti - quando ero ragazzo - e per i mosaici. Perché studiavo a San Pietro in Vincoli - là è facoltà di Ingegneria – e, siccome già dipingevo, andavo continuamente a San Clemente, a Santa Maria Maggiore, a passare delle ore incantato, facendo anche dei disegni di queste cose. Che poi, si sono… sepolte nella mia memoria e… e sono risaltate fuori. Sono risaltate fuori alla mia età e naturalmente mi ci sono lasciato andare con grandissima… come ti ho detto, con grandissimo entusiasmo. I Cosmati, erano, specialmente, la geometria, ma carica di memoria di questo tipo personale e culturale. E questa seconda mostra, che viene sei anni dopo - quella là - è uno sviluppo naturale di questa geometria che adesso di nuovo sta diventando paesaggio, sta diventando natura, perché si riempie di colore che la contraddice, non so nemmeno dove mi porterà, non lo so, non m’importa.