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Margherita Guidacci nasce a Firenze il 25 aprile del 1921. Il padre Antonio è un avvocato, la madre Leonella Cartacci è cugina dello scrittore Nicola Lisi che influenza e incoraggia la vena poetica di Margherita. Vive i primi anni nella casa di famiglia che verrà ricordata in molte sue poesie. Anche la casa di campagna dei nonni nel Mugello è un luogo del cuore, qui nasce il sentimento di unione con la natura ricorrente in molte poesie.
Margherita Guidacci è figlia unica e la famiglia è composta non solo dai genitori ma anche da tante persone anziane. Infanzia e adolescenza trascorrono in un clima di isolamento rattristato da numerosi lutti. Il padre si ammala di tumore e nel giro di pochi mesi se ne va. Poi, uno ad uno, se ne vanno anche tutti i vecchi, e lei rimane sola con la madre.
A Firenze studia al liceo Michelangelo e poi si laurea in letteratura italiana nel 1943 con una tesi su Ungaretti, poi si specializza in letteratura inglese e americana. Nel 1945 inizia a pubblicare traduzioni lavorando sui testi di Emily Dickinson, William Blake, Hilda Doolittle e continuerà a farlo per il resto della vita.
Nel 1946 l’editore Vallecchi, a cui la presenta Nicola Lisi, le pubblica la raccolta La sabbia e l’angelo, con cui vince poco dopo il premio letterario Le Grazie in ex aequo con Sandro Penna. È solo il primo di numerosi riconoscimenti. A incoraggiarla a pubblicare era stato Lisi ma la spinta a scrivere, spiega la poetessa, veniva dalla ricerca di una alternativa al dolore e alla morte con cui dovette fare i conti sia in famiglia che attraverso l’esperienza della guerra. Nelle prime liriche ci sono tutti i temi a lei cari: nascita e morte, l’impeto della vita che corre verso l’ineluttabile fine, la figura dell’angelo portatrice di vita ma anche di morte, la possibilità di un altrove.
Intanto dal 1945 inizia a insegnare latino e greco nei licei e nel 1949 sposa il sociologo Luca Pinna da cui nascono i figli Lorenzo, Antonio ed Elisa. Qualche anno dopo è la volta di Morte del ricco, una raccolta ispirata alla parabola del ricco Epulone nel Vangelo di Luca. I temi del Vecchio e del Nuovo Testamento tornano spesso nella sua produzione poetica.
Negli Anni 60 deve affrontare una profonda crisi psicofisica che culmina con il ricovero in una clinica neurologica, un’esperienza drammatica che la poetessa definirà il suo “Nadir, il punto di maggiore desolazione” e darà vita alla raccolta Neurosuite del 1970. Seguono il Taccuino slavo, che racconta i due viaggi in Jugoslavia del 1972 e del 1973, e le poesie di Il vuoto e le forme del 1977.
L’altare di Insenheim_ esce nel 1980, _L’orologio di Bologna_ dedicato alla strage della stazione è del 1981, _Inno alla gioia_, di due anni dopo, racconta come in un diario una risurrezione, grazie al ritrovato amore.
Margherita muore a Roma nel 1992.
[Elena Grifoni]
Fonte: https://www.elle.com/it/magazine/storie-di-donne/a27356789/margherita-guidacci-poesie/