Leggi il testo della trascrizione del frammento dell'intervista e ordina correttamente le frasi.
Margherita Guidacci: [02:00:45:11] La Sibilla Persica. La Persica è stata anche effigiata da Michelangelo – è una delle cinque che ha fatto Michelangelo - la Frigia invece no, perché appunto Michelangelo ne ha fatte solo cinque su dieci, quindi me le sono dovute immaginare coi mezzi miei. Soltanto per la Cumana per la Delfica sono stata molto aiutata da… da iconografia michelangiolesca, per quest'altre no.
Roberto Rossetti: [02:00:45:38] Bisogna dire che sono inedite?
Margherita Guidacci: [02:00:45:41] Sì, oggi è il 24 maggio de… dell’84 e sono inedite. Certo, fra cent'anni spero che saranno edite e reperibili, per qualche ascoltatore che le vorrà cercare. La Sibilla Frigia è la Sibilla della Troade, cioè di tutto… il luogo dove si sono svolti gli avvenimenti dell'Iliade. E secondo la leggenda sarebbe nata sul monte Ida, che era quello che sovrastava Troia e dove si diceva che fosse stata allevato Zeus stesso, ecco questi sono alcuni riferimenti.
Sibilla Frigia
Io sono vicina al principio
perché il principio è da Zeus.
Nacqui infatti sul monte a lui sacro,
l’Ida ricco di foreste,
dove risuona il vento come la voce del dio.
Pure mi sento altrettanto vicina alla fine
che non viene da Zeus, ma dal fato,
più potente di Zeus, che decreta la morte
per ogni cosa vivente. Troppe volte
ho veduto principio e fine. Nove fiorenti città
vidi sorgere una sull'altra ed una sull'altra cadere.
I loro nomi inseguendosi come onde
sul breve lembo di terra che fu il mio,
subito cancellati. Solo uno affidato a un poeta,
resta nella memoria,
di tanta virtù è la parola.
Ma io non piango soltanto su Ilio,
piango su tutte e nove le città distrutte
le loro alte mura sgretolate ed arse,
ormai impastate alla roccia
a formare lo scheletro della collina di Hissarlik.
Piango tutti i loro morti
ebbe infatti ciascuna il suo Ettore ed il suo Priamo
che, benché ignoti, arrossarono del loro sangue
fiumi che specchiavano incendi, e su cui tanti corpi
discendevano al mare. E piango altre città,
che in altri luoghi colpì la sciagura
o colpirà
uno zodiaco di rovine sempre più lungo
si snoda intorno al pianeta dell'uomo,
da che questi apprese a mescere odio e dolore
nel proprio calice.
Amara bevanda, con cui credette calmare
la sua sete di dominio.
Quanti volti di donna imploranti od urlanti
si sono succeduti nel mio volto senza età.
Quanta umiliata saggezza è salita dal mio cuore
e dalle mie viscere nei millenni,
tentando contrastare la feroce demenza
che non lascia alcun varco alla pietà.
Innumerevoli vittime si lamentano in me,
e delle più, non rimane che questo grande lamento
divenuto radice nella terra da cui è sorta la mia pianta.
Dirò perciò solo di quelle che trovarono fama
insieme alla sventura
una pallida consolazione, e non per loro.
Con Andromaca io mossi incontro al mio uomo nell'avvio
e gli mostravo il bimbo
condannato dalla morte del padre, anch'esso, a morte.
Io fui Cassandra, che fissò due volte in visione e realtà
nulla potendo salvare
la sua città violata
ed il suo corpo violato.
Io mi torsi le mani con Ecuba, sopra il lido deserto,
perduto ormai anche l'ultimo figlio,
e caduto il vecchio sposo, il re,
come un tronco aggredito dalla scure.
Erano vuoti di lacrime gli occhi
ed asciutti come il seno vizzo
che aveva inutilmente nutrito tante vite.
Un silenzio di pietra tutto avvolgeva,
più terribile del grido
il mondo stesso era pietra
e null'altro vi regnava. Solo pietra
e qualche tizzo spento,
dov'era stata la grandezza di Ilio.