Leggi il testo della trascrizione del frammento dell'intervista e indica se l'affermazione è vera o falsa.
Giovanni D'Anna: [00:03:25] E quindi due autori, che poi, forse, non sarebbero stati molto presenti nella sua futura attività di studioso?
Ettore Paratore: [00:03:34] A questo ha contribuito proprio la trasformazione che gli anni palermitani hanno prodotto nella mia formazione culturale. Quando mi trasferii a Palermo, trovai la città - e la Facoltà di Lettere a cui mi iscrissi - completamente dominati dall’attualismo gentiliano. Erano gli anni, proprio, del trionfo, proprio dell'idealismo italiano, gli anni del '22 e del '23. Ricordo che Gentile venne personalmente a Palermo, l'anno '23 - proprio l'anno della sua riforma della scuola media - per fare un discorso in cui sosteneva, appunto, le idee riformatrici della sua riforma e ricordo - non posso dimenticare - la frase che egli allora pronunciò "Perché scandalizzarsi di un esame finale al culmine della carriera scolastica? La vita è tutto un esame". Questa… frase mi aprì un panorama riguardo alla serietà della preparazione culturale. Sprofondato nell'entusiasmo filosofico per le idee de… dell'attualismo, io cominciai anche a leggere testi che non avevano niente a che vedere con i testi classici, specialmente testi di filosofia - Hegel e compagni - che mi nutrirono per i primi due anni del mio soggiorno palermitano. Naturalmente dai filosofi e da Hegel, io cercai poi di scovare che cosa la letteratura creativa avesse prodotto in rapporto a quelli che erano i progressi del pensiero filosofico. Ma dovetti in quest'occasione fare un bel salto. Perché poi tutti i testi che io lessi - specialmente di poeti e di romanzieri - abbandonavano la pregiudiziale, etico-storicistica di Hegel e si volgevano invece al… l'accarezzamento di tutte le tendenze più perverse dello spirito umano. Insomma, io venni a in…contrarmi con quelli che erano gli autori prediletti del decadentismo europeo. E questa mia esperienza del decadentismo europeo determinò anche una maturazione specifica nel campo delle mie letture, di filologia classica. Orazio e Cicerone, naturalmente, vennero non dico abbandonati, ma accantonati e messi in seconda linea rispetto ad autori in cui io potevo trovare una specie di precorrimento, di quello che era il decadentismo europeo di fin di secolo. Di lì, si iniziò la mia simpatia fondamentale per la letteratura latina del primo secolo dell'Impero, Da Ovidio fino a Stazio, Petronio - che fu poi l'autore con cui cominciai i miei studi - Lucano, Marziale e via di questo passo, Seneca tragico, che poi è stato uno degli autori da me prediletti. Da questi autori, io per ricongiungermi, al periodo aureo della letteratura latina, mi trasferii su Lucrezio e Virgilio, che erano gli unici due che potevano dirmi qualche cosa che non contraddicesse a quello che erano le caratteristiche della letteratura latina, nel periodo poi che avevo finito per prescegliere.