Trascrizione
Francesco Vincitorio: 00:00:04 Guido Strazza, nato nel 1900...?
Guido Strazza: 00:00:09 1922.
Francesco Vincitorio: 00:00:10 22, oggi aprile 1988, direttore dell'Accademia di Belle Arti di Roma. Già da quanto tempo?
Guido Strazza: 00:00:22 Ma è il terzo anno, terzo.
Francesco Vincitorio: 00:00:26 Guido Strazza pittore, incisore - fra i più noti in questo momento e forse non soltanto in Italia. Certe particolarità la sua arte, ha certe particolarità e soprattutto ce n'è una che lo ha contraddistinto, anche perché se non ricordo male lui ha scritto proprio un libro, proprio sul segno.
Guido Strazza: 00:00:50 Sì, si chiama "Il gesto e il segno".
Francesco Vincitorio: 00:00:53 Beh, con molta più esattezza. Allora, Guido parliamo...Per te che cosa è il segno?
Guido Strazza: 00:01:02 Dunque, il segno per me la prima indicazione di tutto ciò che potrà essere, un'opera che noi chiamiamo nuovamente finita, complessa è il mattone la parte elementare di quello che poi in varie combinazioni, costituisce un'opera finita. Perciò, quella che si porta dietro tutte le intenzioni che sono già dentro di noi, prima di fare una qualunque cosa. Sono intenzioni molto confuse, che vengono dal profondo e che si sposano con dei progetti invece più lucidi, più razionalizzate. Il segno è quello che si porta dietro, misto, concentrato, molto compresso. Un insieme di tensioni, in parte intuitive e in parti in parte razionalizzate e perciò che poi diventano razionali. Ma per parlare del segno proprio in questo senso, parlerei come il testo e il titolo del libro che tu hai citato del gesto. Perché, il segno tu capisci bene è qualche cosa che rappresenta una decisione, alla fine è qualcosa che appare sulla carta, sulla tela. Guarda che il segno in questi termini va bene anche, non solo per una traccia su un foglio di carta su una tela, ma per un gesto, per la qualità di un suono della voce. Siamo con un pittore, perciò parliamo di questo segno, ma volevo specificare che la parola segno, la parola gesto indicano tutto ciò che può in qualche modo, diventerà espressivo per l'uomo. Il modo di camminare, il modo di parlare, il modo di scrivere, il modo di essere, ma sintetizziamo e restiamo nel nostro segno. Allora, il gesto sì, il gesto comprende tutto il nostro corpo. Il modo di respirare, atteggiamento, modo di vestirsi. Insomma, è una cosa globale che si rapporta ai nostri vizi con noi stessi e noi stessi col mondo fisico e ciò è già in sé un'espressione il gesto, di qualcosa che viene da noi in quanto in un contesto molto grande, il mondo chiamiamolo così intendo, va bene. Quello che riguarda noi, è il nostro corpo, il nostro essere nei...nei luoghi. Appunto, tutto poi va sempre razionalizzato mischiato a memoria, nei nei luoghi e nelle idee insieme. Allora, dicevo il gesto, che si trasferisce poi in impulsi nervosi, muscolari è un impegno fisico, ma già porta in sé tutto quello che il segno esprimerà in sintesi. Naturalmente sono delle cose in cifra, che nessuno può leggere se non poi in un complesso di segni. Ma se si dovesse fare un'analisi del segno, sono queste le cose che bisogna guardare. Le cose elementari, elementari perché sennò non le possiamo capire, le cose che possano in qualche modo confrontare tra loro, perciò in qualche modo misurare e confrontare come qualità. Allora, il gesto comporta violenza o no, velocità o no, direzione, ampiezza. Tutte cose fisiche, come vedi, perciò anche abbastanza misurabili. Che però, sono quelle che determinano la qualità del segno.
Francesco Vincitorio: 00:04:48 Ecco, tu adesso introduci col discorso qualità, e qui viene spontaneo chiedersi, che cosa differenzia un segno di un'artista da tutti gli altri infiniti segni che tu hai citato?
Guido Strazza: 00:05:02 Il segno dell'artista si differenzia dal segno di...fatto da uno che lo fa senza intenzioni artistiche. L'ha fatto appunto perché l'artista ha l'intenzione di esprimersi, è consapevolissimo, che lui sta facendo una cosa per comunicare. Questa parola è tanto pericolosa, perché tu non vuoi comunicare emozioni, vuoi provocare reazioni, vuoi provocare reazioni. Tu non vuoi...Io vedo completamente slegato il significato dei segni da qualunque intenzione o ideologica o culturale eccetera. Tu vuoi semplicemente lanciare una testa di ponte con l'universo, col mondo, con gli altri, tra i quali sei anche tu in quanto spettatore di te stesso, sono sempre cose molto mischiate l'una con l'altra.
Francesco Vincitorio: 00:05:53 Con una intenzionalità...
Guido Strazza: 00:05:55 E' questa intenzionalità che secondo me differenzia il segno dell'uno, dall'altro. Perché, guarda faccio subito un esempio: prendi il segno di un architetto o di un ingegnere, ancora più precisato. L'architetto porta con sé una certa artisticità intenzionale. L'ingegnere, il quale vuole solamente esprimere dei rapporti di misura, punto e basta. Se tu guardi un disegno di ingegneri - una sbavatura nella sua...il suo segno in una sua riga, per eleganza diciamo così, del suo disegno conta qualche cosa, per il significato del suo disegno è assolutamente indifferente, va bene? Per un artista, il quale invece si vuole esprimere proprio col segno, con l'intenzionalità del segno, quella sbavatura può essere tutta la qualità del segno. La differenza tra i due è che, uno ha l'intenzione di dare semplicemente dei rapporti di misura e tu lo leggi interpretando immediatamente questa intenzione, mentre l'artista ha intenzione di esprimersi. Il convincimento nei riguardi del lettore - di questa situazione - è la qualità dell'artista, il quale ha tanto potere di provocazione, da dirti subito qual è la sua intenzione di spingerti a leggere in quella direzione.
Francesco Vincitorio: 00:07:19 Ecco, allora secondo te stiamo spostandoci sui compiti dell'artista in fondo.
Guido Strazza: 00:07:29 Compito dell'artista - io ti ho detto che come tale penso - come tale vuol dire, come uomo il quale si muove spinto dalla necessità - sto portando tutto il discorso ai limiti - dalla necessità di ordinare ciò che vedi, di dare un senso a ciò che vedi, di definire in qualche modo ciò che vedi. Allora, il compito dell'artista è quello dare un'immagine a ciò che si vede. Che io in realtà non lo è, sono convinto che paesa...Al momento noi parliamo di paesaggio - o parliamo di qualunque immagine, parliamo di immagini che ci hanno dato gli artisti che riversiamo sui paesaggi - noi diciamo, che tramonto romantico. Questo, ci viene dalla pittura che abbiamo visto, o da tante cose simili. Sono cose, non si sa bene se sia il paesaggio a definire la pittura o la pittura a definire di paesaggio. Certamente, come categoria mentale critica è definita dalla pittura. In fondo questo che viene poi valutato dalla storia, ed è l'unica cosa che si può tramandare. Perché, tutte queste esperienze dirette sono esattamente esperienze istantanee.
Francesco Vincitorio: 00:08:48 Ecco, tu adesso anche qui ci stiamo spostando nettamente...
Guido Strazza: 00:08:53 Metti un po’ d'ordine il mio correre.
Francesco Vincitorio: 00:08:54 ...compiti: mettere ordine - e in questo mettere ordine, che in fondo diventa una specie di modello anche per gli altri - se come si guarda il mondo, di come si interpreta i fenomeni che accadono nel mondo.
Guido Strazza: 00:09:09 Dai un'immagine del mondo.
Francesco Vincitorio: 00:09:12 E quale peso ha allora, in questa immagine dei valore della storia o della memoria?
Guido Strazza: 00:09:20 Il peso è enorme, perché la memoria diventa immediatamente un fatto culturale. La memoria, non è altro che un mettere insieme dei tasselli di cose che sono accadute a noi - e che noi ricordiamo in qualche modo. Perciò, non più le cose, ma ciò che ricordiamo delle cose, che è già una interpretazione culturale di questi fatti. Metterli insieme vuol dire una costruzione mentale davvero di riferimento. Ecco la memoria che cos'è, perché di nuovo, c'è sempre questa dicotomia, questa straordinaria secondo me contraddizione, che è la radice di tutte le tensioni creative. La contraddizione è tra ciò che ci sembra dato dalla tradizione - dalla memoria e vorrei sottolineare sembra - e ciò che invece è istante per istante dobbiamo inventare. Inventare non è ex-novo, L'artista non inventa niente - secondo me - inventa rapporti e combinazioni nuove tra le cose, che ci sono, che a loro volta possono essere viste sempre in modo diverso. Se non fosse così, tutta l'arte vivrebbe il tempo - massimo di una generazione nella storia.
Francesco Vincitorio: 00:10:36 Dimmi una cosa, e tu in questa storia del segno e della memoria, gesto- segno - memoria, rispetto al tuo sviluppo in fondo di artista, quando è venuta a galla questa problematica man mano che due, soprattutto questi due punti focali - che poi sono punti che ti caratterizzano - il gesto segno e la memoria che segui attualmente?
Guido Strazza: 00:11:01 Sì, ma questo forse non saprei nemmeno dirlo io. Dovrei analizzare un pochettino la mia vita di artista, che come sai ho avuto una vocazione sicura molto tardiva - io ho fatto degli altri studi, ho fatto degli studi di ingegneria - perciò di matematica che mi hanno molto marcato. Molto marcato, ritengo adesso in senso positivo. Perché, per me la matematica - l'ingegneria diciamo meglio - sai la matematica dell'ingegneria è una matematica finalizzata a scopi precisi...L'ingegneria, ancora oggi per me significa fondamentalmente capacità di sintesi elegante. Non so bene se questa che esprima - voglio dire una trave ben calcolata è più bella di una trave mal calcolata - ha proporzioni più giuste e più semplici. Nervi, che era un maestro di questo, è un calcolatore elegante, difatti è considerato un grande calcolatore. Quel ponte molto sottile che c'era piazzale delle Belle Arti - che un ponte della fine dell'Ottocento, ha la chiave e uno spessore di 13 centimetri - ci passano, ci passavano sopra i tram, per questo fu una cosa di straordinaria eleganza. Il che vuol dire - ecco la seconda parte di ingegneria - che conosce a fondo i materiali, sai come lavorano. Sai, una trave per un ingegnere è una struttura che lavora. Qua è tesa, là è compressa, qua soffre, qua si può rompere, eccetera, eccetera. Cioè, c'è un’immedesimazione, con le tensioni interne e le possibilità di resistenza materiale che mi fa capire - anche una foglia, essere vicino, capisci? È una maniera di comprensione del mondo, ma legata alle cose e alla materia. Questa è l'ingegneria, che porta con sé naturalmente un impianto - come vedi insieme poetico e molto mentale, razionalizzante. E poi, il fatto che - avendo dovuto abbandonare la professione, quando ormai la mia vocazione per la pittura è diventata violenta - ho vissuto sempre una specie di insieme, di divisione in due della mia vita e nel nostro tempo di unione di queste due cose, che continuano a sopravvivere in me. E allora, forse questa è una piccola spiegazione non so, del fatto di fare, della contraddizione, che poi ho anche teorizzato nel libro, che mi sembra anche abbastanza giusto. E' la contraddizione la chiave di volta dell'espressività di un artista. Cioè, se tu vuoi affermare no, tu devi accennare al sì in qualche parte, in questa drammatica contrapposizione che siede la potenza della provocazione e l'espressività che emerge.
Francesco Vincitorio: 00:14:04 In un tu quadro o in una tua incisione. Dove compaiono questi sì - no?
Guido Strazza: 00:14:09 Compaiono continuamente, per esempio la pittura che sto facendo adesso, adesso è una - hai visto la mostra che ho fatto adesso - che è la mostra dedicata ai quadrifogli cosmateschi. Non per caso, perché mi ero riappassionato anni fa a queste geometrie di questi pavimenti, dalle quali ho cavato delle composizioni. Ecco, la geometria è l'ordine razionalizzante - così lo vivo io per lo meno - sai tutte queste cose possono essere vissute in un altro modo. E il colore che adesso sta violentemente...è esploso, esplode nella pittura, rappresenta la parte irrazionale - ma per parlare in termini irrazionale, sentimentale. E' come un rapporto contraddittorio e complementare continuo tra ragione e sentimento. Ma volevo dire questo. La ragione può anche essere nel colore e il sentimento può sempre anche essere nella geometria. Solamente, è solamente questione di preminenze, uno spinge più in direzione e l'altro spinge più in là. La stessa geometria può diventare fantasia pura, quando tu giocandosi contraddizioni interne, nel tipico linguaggio della geometria le mette in evidenza. Se per esempio tu facessi una composizione assolutamente simmetrica e lì dentro ci infilassi una intenzione di asimmetria, già questo srazionalizza, capisci?
Francesco Vincitorio: 00:15:44 Ecco, quando è che questa diciamo identificazione in fondo con i Cosmati e perché?
Guido Strazza: 00:15:52 Dunque, i Cosmati sono - sono saltati fuori da soli, ma ti spiego perché. Tu conosci il mio lavoro degli ultimi dieci anni. Dieci anni di lavoro astratto, anzi c'è stato un periodo nella trama quadrangolare, molto razionalizzato, come tanti miei colleghi. Insomma analizzavamo il nostro linguaggio- il che comporta sintesi assoluta, azzeramento ecc. - che poi naturalmente finiscono anche per esaurirsi. Sì, perché se sono...danno dei risultati - queste definizioni non sono assolute riguardano me - danno dei risultati, che poi forse devono essere nutriti. O forse c'è sempre bisogno, una volta raggiunte certe cose, di contraddirle e di riciclare. E insomma, mi è quasi successo di accorgermi - per caso come se fosse per caso - che i segni che facevo a tratti, erano segni che io mi vedevo attorno camminando per Roma, li ho chiamati segni di Roma. Nel momento però che ho avuto questa intuizione - ho fatto questa identificazione, che anni prima l'avrei rifiutata come una cosa pericolosissima. Arrivato a quel momento, invece delle mie esperienze, mi sono lasciato andare con grandissima gioia, indifferenza a qualunque coerenza programmatica - e naturalmente a quel punto anche dal punto di vista letterario, cioè dai nomi che noi diamo alle cose che facciamo, che sovrappongono i vestiti, da questi segni. Li ho chiamati colonne, colonne rotte, spezzate lasciandomi andare alle fantasie più, più... Questo, mi ha portato tra loro, naturalmente tutte queste cose le ho viste a mio modo specialmente con i rapporti tra geometria tra segni e colori. Veniva poi dall'esperienza molto forte delle ricerche fatte in incisione. Perciò, tutta la vita specialmente come struttura segnica, che però è andato nutrendosi di toni di colore, fino al ritrovarmi coi Cosmati sui quali si è innestata anche un'altra cosa mia personale. Devi pensare, che io sono diventato pittore, credo proprio per questi pavimenti, quando ero ragazzo, e per i mosaici. Perché studiavo a San Pietro in Vincoli e là è facoltà di Ingegneria. E come già dipingevo andavo continuamente a San Clemente a Santa Maria Maggiore a passare delle ore incantato, facendo anche dei disegni di queste cose. Che poi, si sono sepolti nella mia memoria e sono saltate fuori. Sono saltate fuori alla mia età e naturalmente mi ci sono lasciato andare con grandissima - come ti ho detto - con grandissimo entusiasmo. I Cosmati erano specialmente la geometria, ma carica di memoria di questo tipo personale e culturale, e questa seconda mostra che viene sei anni dopo, quella è uno sviluppo naturale di questa geometria, che adesso di nuovo sta diventando paesaggio, sta diventando natura, perché si riempie di colori che la contraddice, non so nemmeno dove mi porterà, non importa.
Francesco Vincitorio: 00:19:09 Bene, questo è molto importante - che tu, non voglia sapere dove vai. Allora, io ti faccio una domandina. I Cosmati, ecco, tu hai citato chiese...
Guido Strazza: 00:19:19 Sì.
Francesco Vincitorio: 00:19:19 Sì, i Cosmati hanno lavorato anche per strutture civili, ma soprattutto hanno lavorato nelle chiese.
Guido Strazza: 00:19:26 Fondamentalmente.
Francesco Vincitorio: 00:19:26 Fondamentalmente. E i Cosmati, come si sa, perlomeno come studi abbastanza recenti hanno sottolineato, in fondo si riallacciano alle preghiere di coloro che facevano i tappeti. Cioè, queste strane mescolanze, quindi arriviamo alla preghiera, arriviamo alla preghiera, quindi arriviamo in fondo all'arte sacra. Come ti metti tu di fronte a un problema così ostico oggi?
Guido Strazza: 00:20:00 Difatti, è terribilmente ostico e anche concettualmente e anche spesso imbarazzante nella pratica. Io ho fatto alcune vetrate per chiese - ho dipinto anche delle vie crucis proprio recentemente. Dopo tanti anni che non sono più figurativo, e accettando di fare questo lavoro perché mi attraeva. Mi ponevo queste stesse domande che sono abbastanza gravi e serie. E allora ho capito che forse più che di religione, di arte religiosa dovevo parlare di arte sacra, e forse ancora meglio parlare di arte portatrice di un sentimento di sacralità. In questo, solamente in questo filone io mi sento di partecipare a questa problematica anche facendo dei quadri. Potrei benissimo accettare anche di rappresentare qualche cosa -che è una scelta che uno può benissimo fare. Ritengo che l'espressività delle cose, che un artista fa dipenda molto più dall'organizzazione dei suoi strumenti di linguaggio, segni, colori eccetera, piuttosto che dal soggetto letterario ed anzi sono convinto che quello che fa la qualità delle cose, è la polivalenza delle cose, che possano parlare in tempi diversi, va bene. Tra parentesi per esempio, il cinema che è un linguaggio strettissimamente legato al cifrario linguistico di un anno addirittura. In questo senso è assolutamente facile. Tu vedi i film che ci hanno impressionato 20 anni fa, che oggi sono ormai insignificanti, il cinema è molto più esposto a questo. La pittura invece tende, l'arte figurativa tende a cogliere proprio questa polivalenza assoluta, concentrazione di possibilità varie e di significato. E allora detto questo, che questo quadro sia usato per una elevazione spirituale finalizzata alla religione cristiana o alla religione...
Francesco Vincitorio: 00:22:25 Buddista.
Guido Strazza: 00:22:26 O islamica. Vero, vabbè l'Islam - poi per i filmati bellissimi, perché sai, è proprio sulla infinitudine di queste combinazioni geometriche che sta la religiosità dell'arte islamica che rifiuta proprio questa rappresentazione. Allora, tu capisci c'è spazio. Siccome non ho nessunissima preclusione ideologica, io posso benissimo partecipare - per scendere alla cronaca - posso benissimo partecipare ad una mostra organizzata dai comunisti o dai cattolici, ma non porta assolutamente a niente se la qualità delle cose può essere significativa.
Francesco Vincitorio: 00:23:02 Ecco, io volevo tornare su quel discorso di sacralità, che mi pare un po' la chiave di volta, oggi. Cioè mi pare oggi importante, 1988, no? in un mondo apparentemente o per lo meno con chiari segni di desacralizzazione, no? Cioè, con le esigenze e invece perdita da parte, così della massa totale di questo spirito di sacralità. Ecco, è qui che io vorrei capire bene la pittura perché può essere sacra secondo te?
Guido Strazza: 00:23:41 Io credo che anche in tempi di cultura assolutamente laica - come tu hai notato, come i nostri - nel momento in cui ti poni di fronte ai misteri dell'esistenza, tu tocchi il dominio sacrale, del sacro. E l'arte, anche la più laica in fin dei conti, anche se semplicemente si pone il problema - come ho detto io prima sintetizzando - di ordinare uno spazio, quando dopo aver detto questo diciamo che tutto questo spazio, come tu hai necessità di rapportarti al mondo, il che vuol dire al tempo del mondo, vuol dire la tua nascita e la tua morte, come essere. Lì, è tutta in pieno la sacralità. Il problema nostro è che mentre prima la sacralità era una categoria viva e pulsante nella cultura degli uomini oggi è intesa come una alterità. Ma nella sostanza dell'arte non credo che sia vero. Questa attività penso io sia una deformazione culturale, forse anche una necessità. Cioè si va avanti a furia di lotte, di dimostrazioni, di polemiche che sono vitali, necessarie. Allora tu prendi le bandiere polemicamente negatrici di tutto il resto, ma poi alla fine queste cose sono là, sopite. E io penso, che il senso del sacro nell'arte sia ineliminabile, anche se ci sono degli artisti che invece dichiarano - anche con le loro opere, tendono a dimostrare il contrario - ma io penso che se le si guardano al di fuori di questa polemica - che è contemporanea nostro degli ultimi ottant'anni, cent'anni...
Francesco Vincitorio: 00:25:37 È vero?
Guido Strazza: 00:25:38 ...Anzi dall'Illuminismo in poi è incominciata chiaramente questa cosa - a sacralità dell'arte sia una cosa ineliminabile.
Francesco Vincitorio: 00:25:45 Ecco, quindi mi pare di capire che noi andiamo - da parte tua - a questa quasi identità. Arte autentica e arte sacrale.
Guido Strazza: 00:25:58 Sì, direi di sì. Solamente che pesa, mentre tu me lo dici io ne sono un po' spaventato - tanto sono immedesimato nel significato che la parola sacrale ha nel nostro mondo laico - cioè come di alterità, ma so che è una falsità, ma considerarlo come alterità.
Francesco Vincitorio: 00:26:19 Questo è diciamo un andare, non dico controcorrente, ma andare contro il nostro tempo, che forse però è il compito sempre dell'artista?
Guido Strazza: 00:26:29 Io ti sto parlando solo di cose che mi guidano, che sostengono o che mi spaventano e che comunque stanno dentro di me. Sai, ci possono essere tutte le culture e tutti i tempi che vogliamo, la morte rimane un mistero. Perché io ti voglio bene è un mistero lo stesso, perché ti odio è lo stesso.
Francesco Vincitorio: 00:26:56 A me sembra che tu vai a toccare veramente uno dei punti chiave in fondo, che poi tanti altri artisti - mi sta venendo così alla mente la frase famosa di Klee: proseguire la creazione, in fondo compito dell'arte è continuare la creazione. Come ti ci identifichi con una frase di questo genere?
Guido Strazza: 00:27:21 Completamente, perché non è una creazione come quella che noi diciamo di Dio. Tu non crei dal nulla. La creazione vuol dire, dare continuamente nuovo significato alle cose che abbiamo sotto gli occhi. Il che vuol dire saperle riconoscere, ecco questo è un altro punto tanto importante. Noi sotto gli occhi abbiamo sempre tutto, abbiamo sempre avuto. Solamente che riconosciamo adesso questo, adesso quello. E questo continuo rivolgersi dell'arte stessa. Perché tu continui a girare intorno a questo grande frutto, e adesso l'aggredisci di qua, adesso l'aggredisci di là, istante per istante cambia. Lo stesso motivo, per il quale io sono convinto che un'opera non è mai finita. Un'opera è finita per stanchezza, tu parti con un'idea, incomincia a fare dei segni, un'idea precisa o confuso non importa, comunque parti e fai un segno o butti un colore. Questo, è già qualcosa che si accompagna al tuo progetto di prima - al quale tu rispondi, va bene? Alla fine, se tu sei maturo - un artista abbastanza forte - sei capace di allontanarti dal progetto primitivo, adattarti alle nuove situazioni, come avviene in navigazione. Il che vuol dire, anche scegliere piuttosto questa direzione che quella, riconoscendo certe cose che ti succedono. Il che vuol dire anche naturalmente eliminarne altre. Questo processo può continuare all'infinito, di adattamento, solamente che alla fine queste scelte successive si restringono per forza di cose e lì c'è un equilibrio puramente linguistico, di queste cose. Ma basterebbe una virgola per comprometterlo e ripartire.
Francesco Vincitorio: 00:29:10 Una domanda proprio conclusiva, a battuta. Pensi che oggi molti artisti affrontino l'arte su queste basi, in fondo con questo - fra virgolette impegno - come testimonianza per i posteri diciamo?
Guido Strazza: 00:29:35 Ma io direi di sì, che ci sono abbastanza artisti che lo fanno con questo impegno e parlo specialmente dell'impegno originario profondo. Poi, tante volte questi impegni - e lo so anche delle mie esperienze personali - vengono compromessi, vengono annacquati, vengono. Ed è la dura lotta dell'artista per non perdere la propria identità con se stesso. Ma credo, che all'origine di gli artisti veri, cioè quelli che lavorano - quelli che non sono professionisti - nel senso, che non fanno il lavoro come che il lavoro, come faresti l'avvocato, l'architetto. Lo fai come necessità, prima di tutto. In questi credo che infondo, dovrebbe essere uguale. Lo dico perché tutte le volte che io parlo con dei miei colleghi, ci sono dei punti di contatto molto profondi, anche se poi i risultati estetici sono molto diversi, proprio su cose del genere, anche se non sono mai nominate esplicitamente. Io non parlerò mai di ... Senso sacrale dell'arte, non mi è mai successo, non mi ricordo con colleghi. Ma tu sai, ci sono altre cose che significano la stessa... Parole che significano la stessa cosa. Direi di sì, che questo implica nel profondo, specialmente certi inizi, in certi momenti della vita di certe persone dovrebbe essere, dovrebbe essere simile a quello che io sento.
Francesco Vincitorio: 00:31:05 Tu hai avuto un invito per partecipare a una mostra Palermo, dedicata alla Madonna e tu parteciperai, invierai un tuo quadro - che non raffigura la Madonna, ma nella quale tu avverti qualche cosa. Forse tu sai che in questo momento, curiosamente, vari artisti penso per esempio a certi registi cinematografici, Wenders, no? Stanno così meditando molto e facendo discorsi o anche letterati, Petrarca per esempio, su questo discorso in fondo della madre. Madre come origine, in fondo dell'umanità. Cioè stiamo un po' mettendo da parte gli uomini - io ridendo dico come semplici portatori di un semino, no? - e dando molto più valore a questa matrice fondamentale che è in fondo il grembo materno. Di cui, poi in fondo la Madonna non è altro che questo simbolo. Ecco, tu avverti anche tu questo problema?
Guido Strazza: 00:32:15 Sì sì, lo avverto molto ma - ti dico partecipo a questa mostra, non tanto pensando alla Madonna come madre, grembo del mondo e degli uomini - quanto come quasi simbolo del senso del mistero, di senso della vita come mistero e perciò di abbandono estatico, di fronte a questi misteri di concentrazione, di tensione nei riguardi di questi problemi - le peggiori espressioni di questi. Devo dirti che per accettare avevo molti problemi, perché naturalmente nell'organizzazione della mostra certamente c'è un'intenzione cristologica, cristiana della Madonna, cultuale - che io non sento - io rispetto nella maniera più sincera e assoluta ma non sento. Però come ti ho detto prima, la Madonna mi sembra un simbolo universale di questo, di questa sacralità che nell'arte può essere espressa molto bene, anzi ne è la radice. E allora ho deciso di esporre, anche se so che mi troverò vicino a delle pitture figurative esteticamente molto...completamente diverse da me che mi fanno soffrire.
Francesco Vincitorio: 00:33:50 Ecco io voglio farti una domanda. Ma perché secondo te in questo momento- in questi decenni, nemmeno in questo decennio - c'è questo fenomeno curioso - poeticità, letteratura, cinema e adesso senti in te, verso questo matrice, questo mistero, giustamente. Ma in fondo, che cos'è il grembo di una donna che mette al mondo un bambino, se non il massimo dei misteri?
Guido Strazza: 00:34:16 Giusto.
Francesco Vincitorio: 00:34:17 Ecco perché in questo momento, cioè secondo te da parte degli artisti sempre antenne...
Guido Strazza: 00:34:23 Questo mi sembrerebbe di capirlo - noi abbiamo vissuto, appunto dall'Illuminismo in poi - un'enorme illusione, un enorme utopia di soluzioni razionali, di tutti questi i problemi si è affidata alla scienza, il compito di risolvere tutte le nostre speranze, grazie agli uomini. Allora si pensava che la scienza e la tecnica risolvessero tutto. E più invece questa progredisce - specialmente nella natura biochimica, la biogenesi, eccetera e più i misteri tipici di qualunque religione, questi due tipi di vite diventano misteri, più inestricabili, o se non più inestricabili, più gli spieghiamo, nel particolare, e più diventano complessi. Perciò ci sfugge sempre di più il legame tra tutte queste conoscenze. Paura credo, di non arrivare al porto che ci sembrava così vicino - anzi la quasi certezza che non ci sia un porto - risolvibile scientificamente. Ci riporta sui temi metafisici, sui temi religiosi, sui temi sacrali. Su tutto ciò che tocca il mistero in sé, come persona e perciò lo si aggredisce da un altro punto di vista, dal punto di vista dell'arte.
Francesco Vincitorio: 00:36:07 Tu sai che compaiono - addirittura in epoca neolitica, quindi siamo a 7000 anni avanti Cristo, quindi quasi 9.000 anni fa - in fondo le prime immagini, le prime immagini di queste madri in fondo, addirittura con il pargoletto in braccio. Non ti sembra curioso, che 7000 anni, 9000 anni dopo, l'uomo vada a ritrovare quei problemi, che in fondo stavano... Erano poi le uniche statuette sacrali di cui si ha memoria.
Guido Strazza: 00:36:43 Beh, io non so se è vero che sia mai stato abbandonato. Queste statuette si sono trasformati in dei quadri di Vergini ma ci sono sempre state, con un culto più o meno popolare. Ma credo che nella radice degli uomini sia sempre stato profondissimo il senso sacrale della madre, proprio come - non solo della mamma, la mia mamma, la tua mamma ma la madre in generale, perciò credo che non ci siano mai state delle parentesi di vuoto in questo. Oggi, mentre prima il senso sacrale di questo mistero veniva un pochettino schiacciato - sotto l'illusione, l'utopia della rivoluzione scientifica di questo mistero - oggi torna ad avere di nuovo una collocazione di piano, sempre più prevalente. Proprio come mistero, credo che solo in questo senso gli artisti si avvicinino oggi a questi misteri. Nessuno pensa di negare le conquiste della scienza, anzi - ma queste vanno accompagnate a quest'altra dimensione dell'uomo - ecco, forse la grande illusione va a questo. Di pensare che l'uomo fosse possibile in una sola dimensione, quella scientifica. Questo forse non è più possibile, ecco io per esempio lo sento fortissimamente.